Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 21 maggio 2010

Il caso riguarda un’infermiera cristiana, licenziata per avere
indossato una catenina con la croce, contravvenendo alle regole
dell’ospedale che vietatavano al personale di indossare oggetti
di gioielleria, anche per i rischi per la sicurezza dei pazienti in
caso, ad es., di un contatto con ferite. Tali regole si applicano a
tutto il personale, indipendentemente dal credo religioso, ma non sono
indirettamente discriminatorie, poiché perseguono una
finalità legittima. Nel caso della ricorrente, inoltre,
è stato notato che portare un crocifisso era una manifestazione
della libertà religiosa, ma non una pratica obbligatoria per la
religione cristiana; inoltre, erano stati tentati alcuni
accomodamenti, tutti rifiutati dalla ricorrente. Non si è,
quindi, rilevata una violazione della libertà religiosa o delle
norme sulla discriminazione.

[La Redazione di OLIR.it
ringrazia per la segnalazione del documento Mattia Francesco Ferrero,
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]

Sentenza 15 gennaio 2013

Non tutti gli atti ispirati dal credo religioso sono da considerarsi
una manifestazione della libertà religiosa tutelata
dall'art. 9 della CEDU: per godere della protezione di tale
articolo, deve trattarsi di atti "strettamente connessi alla
religione". La libertà di manifestare il credo, tuttavia,
non è limitata agli atti di culto, ma si estende anche ad altri
comportamenti e pratiche. Per quanto riguarda la tutela della
libertà religiosa nel luogo di lavoro, la giurisprudenza della
Corte europea ha spesso affermato che, qualora vi siano delle
restrizioni alla messa in atto di particolari pratiche connesse alla
religione, la libertà dei lavoratori non sarebbe violata nel
caso in cui possano dimettersi e cambiare lavoro. Tuttavia, in primo
luogo questo criterio non è sempre applicabile e deve tener
conto della tipologia delle restrizioni previste; in secondo luogo,
data l'importanza della libertà religiosa per le
società democratiche, occorre valutare se la possibilità
del lavoratore di cambiare impiego sia accettabile, considerato il
contesto e la proporzionalità delle restrizioni poste a tale
libertà.
Per quanto riguarda il divieto di
discriminazione (art. 14, da analizzare congiuntamente all'art. 9
CEDU), la Corte ricorda che risultano vietati sia trattamenti diversi
di situazioni analoghe, sia trattamenti uguali di situazioni
differenti, a meno che non si tratti del perseguimento di un obiettivo
legittimo e ragionevole, nel rispetto del principio di
proporzionalità.
La proporzionalità (relativa sia
ai limiti alla libertà religiosa, sia alla valutazione della
discriminatorietà di un trattamento) deve essere valutata nel
rispetto del "margine di apprezzamento", ovvero una certa
discrezionalità riconosciuta agli Stati nell'applicazione
dei diritti fondamentali. Nei quattro casi riuniti ed esaminati dalla
sentenza – tutti relativi a controversie avvenute nel Regno Unito a
proposito di pratiche religiose sul luogo di lavoro – la Corte di
Strasburgo ha affermato che:

  • nel caso della prima ricorrente
    (Ms. Eweida), la decisione di British Airways di licenziare una
    hostess che aveva indossato un crocifisso visibile sulla sua divisa
    era da ritenersi non proporzionale e, di conseguenza, i giudici
    nazionali hanno violato il diritto di libertà religiosa nel
    convalidare il licenziamento;
  • nel caso della seconda
    ricorrente (Ms. Chaplin), il divieto di indossare una catenina con la
    croce era invece da considerare proporzionato, perché
    finalizzato alla tutela della salute e sicurezza dei pazienti e dei
    lavoratori di un ospedale pubblico;
  • nel caso della terza
    ricorrente (Ms. Ladele), il rifiuto di registrare le unioni
    omosessuali nel registro dello stato civile era sì un atto
    intimamente connesso al credo cristiano; tuttavia l'intervento
    dello Stato, che ha riconosciuto i medesimi diritti alle coppie
    eterosessuali ed omosessuali, è da ritenersi legittimo e la
    limitazione alla manifestazione del credo è stata
    proporzionale, rientrando nel margine di apprezzamento nazionale la
    valutazione e il bilanciamento dei diritti di non discriminazione
    religiosa e di parità in base all'orientamento
    sessuale;
  • nel caso del quarto ricorrente (Mr. McFarlane),
    analogamente a quello della sig.ra Ladele, le autorità statali
    hanno operato un corretto bilanciamento degli interessi in gioco,
    nell'ambito del loro margine d'apprezzamento, anche tenuto
    conto che il ricorrente aveva volontariamente accettato di svolgere
    attività di consulenza in una società privata, sapendo
    di venire a contatto anche con coppie dello stesso sesso.

(Stella Coglievina)


Le sentenze dei tribunali inglesi:

Eweida
v. British Airways
(Court of Appeal, 12 febbraio 2010)

Eweida v.
British Airways
(Employment Appeal Tribunal, 20 novembre 2008)

Chaplin
v. Royal Devon and Exeter NHS Foundation Trust
(Employment
Tribunal, 21 ottobre 2010)

Ladele v.
London Borough of Islington
(sentenza 15 dicembre 2009)

Caso
McFarlane: Contrasto tra convinzioni religiose e prestazioni
lavorative
(sentenza 29 ottobre 2010)

McFarlane vs.
Relate Avon LTD
(Employment Appeal Tribunal 30 novembre 2009)

Sentenza 04 dicembre 2008

L’espulsione da una scuola superiore pubblica di una studentessa
musulmana che durante le lezioni di educazione fisica si era rifiutata
di togliersi il velo non è in contrasto con il diritto di libertà
religiosa. In una società democratica ove coesistono molteplici
comunità religiose, può rivelarsi necessario limitare la libertà di
religione di alcuni gruppi al fine di conciliare gli interessi dei
vari orientamenti religiosi. Nel caso di specie, inoltre, la
restrizione della libertà di religione non era dettata esclusivamente
da motivi di sicurezza e di salute, ma anche dallo scopo di preservare
la neutralità e la laicità dell’ambiente scolastico pubblico. A tal
proposito, la Corte ricorda che in Francia il principio di laicità è
uno dei principi fondamentali e che la Corte deve lasciare un cospicuo
margine d’apprezzamento alle autorità statali in materia di relazioni
tra Stato e confessioni religiose. (cfr. anche CORTE EUROPEA DEI
DIRITTI DELL’UOMO, Sentenza 4 dicembre 2008, Kervanci c. France
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4926]).

Sentenza 18 dicembre 2002, n.01-00519

L’installazione di un “digicode” (sistema elettronico a combinazione
numerica, comunemente in uso in Francia, che serve per aprire i
portoni principali degli edifici) non viola la libertà religiosa
degli ebrei, che non ammettono l’uso di dispositivi elettrici durante
il sabato e gli altri giorni consacrati al riposo. Non sussiste, per
il proprietario dell’immobile, l’obbligo di installare un altro
sistema di chiusura/apertura delle porte.

Sentenza 30 marzo 2007

Il licenziamento di un’insegnante musulmana, motivato dal fatto che
questa indossava in classe il niqab (tipologia di velo che lascia
scoperti solo gli occhi), non costituisce discriminazione. Infatti, in
primo luogo la richiesta di non indossare il niqab è proporzionale al
perseguimento di una finalità legittima (quella di favorire
l’apprendimento degli alunni); in secondo luogo, il corretto termine
di paragone tramite il quale individuare la presunta discriminazione
sarebbe da individuare nella situazione di un’altra insegnante che,
indipendentemente dal proprio credo religioso, svolgesse le sue
funzioni con la faccia coperta, circostanza che determinerebbe
ugualmente il licenziamento. Si deve dunque escludere che vi sia stata
diversità di trattamento motivata dalla religione.

Decisione 03 dicembre 1996

European Commission of Human Rights. Decision as to the admissibility of Application No. 24949/94: "Tuomo KONTTINEN against Finland" The European Commission of Human Rights sitting in private on 3 December 1996, the following members being present: Mr. S. TRECHSEL, President Mrs. G.H. THUNE Mrs. J. LIDDY MM. E. BUSUTTIL G. JÖRUNDSSON A.S. GÖZÜBÜYÜK A. WEITZEL […]