Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 17 aprile 2018

Nella pronuncia relativa alla causa
C‑414/16, la Corte di Giustizia ha affermato
che "qualora una Chiesa o un’altra organizzazione la
cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni
personali alleghi, a sostegno di un atto o di una decisione quale il
rigetto di una candidatura a un posto di lavoro al suo interno, che,
per la natura delle attività di cui trattasi o per il contesto
in cui tali attività devono essere espletate, la religione
costituisce un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo
svolgimento dell’attività lavorativa, tenuto conto
dell’etica di tale Chiesa o di tale organizzazione, una siffatta
allegazione deve, se del caso, poter essere oggetto di un controllo
giurisdizionale effettivo".
Secondo la Corte,
l'’art. 4, par. 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio
è da interpretarsi nel senso che "il requisito
essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento
dell’attività lavorativa ivi previsto rinvia a un
requisito necessario e oggettivamente dettato, tenuto conto
dell’etica della Chiesa o dell’organizzazione di cui
trattasi, dalla natura o dalle condizioni di
esercizio dell’attività professionale in questione,
e non può includere considerazioni estranee a tale etica o
al diritto all’autonomia di detta Chiesa o di detta
organizzazione. Tale requisito deve essere conforme al principio
di proporzionalità".

Fonte del
documento: https://eur-lex.europa.eu

La redazione di OLIR.it ringrazia il Professor Nicola Colaianni per la
segnalazione del documento.

Sentenza 11 luglio 2017

  European Court of Human Rights Cour européenne des droits de l'homme DEUXIÈME SECTION AFFAIRE BELCACEMI ET OUSSAR c. BELGIQUE (Requête no 37798/13) ARRÊT STRASBOURG 11 juillet 2017 Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme. En l’affaire Belcacemi et […]

Sentenza 29 aprile 2015, n.C-528/13

La controindicazione permanente alla donazione di sangue per un uomo
che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo in Francia
è prevista dalla legge. La limitazione in parola rispetta,
tuttavia, il contenuto essenziale del principio di non
discriminazione. Infatti, tale limitazione non rimette in discussione
detto principio in quanto tale, atteso che essa verte unicamente sulla
questione, di portata limitata, delle esclusioni dalla donazione di
sangue allo scopo di tutelare la salute dei riceventi. Resta in ogni
caso da verificare se la stessa limitazione corrisponda ad una
finalità di interesse generale, a norma dell’articolo 52,
paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea, e, in caso affermativo, se essa rispetti il principio di
proporzionalità ai sensi di tale disposizione. Al riguardo,
occorre ricordare che la direttiva 2004/33 reca attuazione della
direttiva 2002/98. Conformemente alla sua base giuridica, ossia
l’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE, quest’ultima
direttiva ha come obiettivo la protezione della sanità
pubblica. Nel caso di specie, l’esclusione permanente dalla
donazione di sangue è preordinata a ridurre al minimo il
rischio di trasmissione di una malattia infettiva ai riceventi. Tale
esclusione contribuisce pertanto all’obiettivo generale di
garantire un livello elevato di protezione della salute umana, che
costituisce una finalità riconosciuta dall’Unione
all’articolo 152 CE, e, in particolare, ai paragrafi 4, lettera
a), e 5 di tale articolo, nonché all’articolo 35, seconda
frase, della Carta, i quali impongono che nella definizione e
nell’attuazione di tutte le politiche ed attività
dell’Unione sia garantito un livello elevato di protezione della
salute umana. Quanto al principio di proporzionalità, dalla
giurisprudenza della Corte risulta che le misure previste dalla
normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che
è appropriato e necessario al conseguimento degli obiettivi
legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo
restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure
appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva tra esse e che
gli inconvenienti causati non devono essere esorbitanti rispetto agli
obiettivi perseguiti (v. sentenze ERG e a., C‑379/08 e
C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86; Urbán, C‑210/10,
EU:C:2012:64, punto 24, nonché Texdata Software,
C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 52).

Legge 05 giugno 2003, n.131

Legge 5 giugno 2003, n. 131: “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”. (Da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 132 del 10 giugno 2003) Art. 1. (Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale) 1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello […]