Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 23 marzo 2018, n.32028/2018

La Corte di Cassazione ha chiarito che l'aggravante della
finalità di discriminazione non ricorre esclusivamente nel caso
in cui l'espressione oggetto di analisi riconduca alla
manifestazione di un pregiudizio nel senso dell'inferiorità
di una determinata razza, nazione, etnia o religione, ma anche quando
la condotta di chi la pronuncia, valutata nel suo complesso, risulti
intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a
suscitare in altri analogo sentimento di odio etnico, nazionale,
razziale o religioso, e comunque a dar luogo, in futuro o
nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti
discriminatori.

Sentenza 17 aprile 2018

Nella pronuncia relativa alla causa
C‑414/16, la Corte di Giustizia ha affermato
che "qualora una Chiesa o un’altra organizzazione la
cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni
personali alleghi, a sostegno di un atto o di una decisione quale il
rigetto di una candidatura a un posto di lavoro al suo interno, che,
per la natura delle attività di cui trattasi o per il contesto
in cui tali attività devono essere espletate, la religione
costituisce un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo
svolgimento dell’attività lavorativa, tenuto conto
dell’etica di tale Chiesa o di tale organizzazione, una siffatta
allegazione deve, se del caso, poter essere oggetto di un controllo
giurisdizionale effettivo".
Secondo la Corte,
l'’art. 4, par. 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio
è da interpretarsi nel senso che "il requisito
essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento
dell’attività lavorativa ivi previsto rinvia a un
requisito necessario e oggettivamente dettato, tenuto conto
dell’etica della Chiesa o dell’organizzazione di cui
trattasi, dalla natura o dalle condizioni di
esercizio dell’attività professionale in questione,
e non può includere considerazioni estranee a tale etica o
al diritto all’autonomia di detta Chiesa o di detta
organizzazione. Tale requisito deve essere conforme al principio
di proporzionalità".

Fonte del
documento: https://eur-lex.europa.eu

La redazione di OLIR.it ringrazia il Professor Nicola Colaianni per la
segnalazione del documento.

Sentenza 27 marzo 2017, n.1388

La redazione di OLIR.it ringrazia il Prof. Manlio Miele –
Università degli Studi di Padova per l'invio del
documento.

Sentenza 17 gennaio 2017, n.1952

La condotta di vilipendio certamente si connota entro i confini
segnati dallo stesso significato etimologico della parola ('tenere
a vile', ossia additare al pubblico disprezzo o dileggio, ovvero
svilire), per cui è ben vero che il vilipendio alla religione
non deve mai essere confuso con la discussione, scientifica o meno,
sui temi religiosi, né con la critica, o con l'espressione
di dissenso dai valori religiosi per l'adesione ad ideologie atee
o di altra natura, ovvero con la confutazione, anche con toni accesi,
dei dogmi della fede. Nel caso di specie, dunque, commette il reato di
cui all'art. 403 c.p. colui che predispone un cartellone
raffigurante sullo sfondo una sagoma costituita dall'immagine del
Pontefice Benedetto XVI. ed, in primo piano, un bersaglio da colpire
con delle freccette.

Sentenza 23 novembre 2016, n.11961

La Corte ha ritenuto non riscontrabile le condizioni per il
riconoscimento richiesto, non risultando comprovata l'appartenenza
alla "razza ebraica" dell'istante all'epoca delle
persecuzioni razziali, non avendo lo stesso fornito adeguati elementi
di valutazione al riguardo (in particolare, dall’atto di nascita
non si rinviene l'annotazione discriminatoria "di razza
ebraica", né risulta la sua appartenenza alla religione
ebraica o l'iscrizione ad una Comunità Ebraica).

Legge 14 ottobre 2015, n.45

[La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Adoración Castro Jover, Universidad País Vasco]