Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 08 febbraio 2012, n.1780

Pur meritando adesione l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la
successiva convivenza prolungata è da considerarsi espressiva della
volonta di accettazione del matrimonio-rapporto con conseguente
incompatibilità dell’esercizio postumo dell’azione di nullità (cfr.
Cass., Sez. I, 20 gennaio 2011, n. 1343
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5571]; e Cass., S.U., 18
luglio 2008, n. 19809 [https://www.olir.it/documenti/?documento=4915]),
si deve ritenere che esso trovi applicazione nei casi in cui, dopo il
matrimonio nullo, tra i coniugi si sia instaurato un vero consorzio
familiare e affettivo, con superamento implicito della causa
originaria di invalidità. In tale ricostruzione interpretativa, il
limite di ordine pubblico postula, pertanto, che non di mera
coabitazione materiale sotto lo stesso tetto si sia trattato, – che
nulla aggiungerebbe ad una situazione di mera apparenza del vincolo –
bensì di vera e propria convivenza significativa di un’instaurata
affectio familiae, nel naturale rispetto dei diritti ed obblighi
reciproci tale da dimostrare l’instaurazione di un matrimonio-rapporto
duraturo e radicato, nonostante il vizio genetico del matrimonio-atto.

Sentenza 05 marzo 2012, n.3378

Se, da un lato, il giudice italiano è tenuto ad accertare la
conoscenza o l’oggettiva conoscibilità dell’esclusione di uno dei
bona matrimonii da parte dell’altro coniuge con piena autonomia,
trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo
canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia
ecclesiastica di nullità, dall’altro, la relativa indagine deve
essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare
ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti,
opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di
delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria.

Sentenza 01 marzo 2012, n.3227

Il giudice civile ai fini della delibazione può dissentire dalla
valutazione dei fatti espressa dal tribunale ecclesiastico, ma ciò
può fare dando conto delle ragioni del diverso convincimento da
conseguire sulla scorta degli elementi istruttori posti in evidenza
nella sentenza oggetto del riconoscimento statale, incorrendo
altrimenti in un palese vizio motivazionale.

Sentenza 02 dicembre 2011, n.577

Per la dichiarazione di efficacia nella Repubblica Italiana delle
sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali
ecclesiastici occorre a fare applicazione dell’art. 8 dell’Accordo,
con protocollo addizionale, che apporta modificazioni al Concordato
Lateranense. Accordo firmato a Roma tra la Repubblica Italiana e la
Santa Sede, e fatto oggetto di ratifica ed esecuzione con la l. n.
121/1985. Non si applicano infatti gli artt. 64 e segg. della
successiva l. n. 218/95 (contenente la riforma del sistema italiano di
diritto internazionale privato), atteso che l’art. 2 di questa legge
fa salva l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per
l’Italia, fra le quali rientra certamente l’Accordo di cui sopra
(Cass. 03/17595). Per l’efficacia della sentenza ecclesiastica rimane
perciò necessaria, su domanda delle parti o di una di esse,
un’apposita sentenza della Corte d’appello competente, senza
possibilità di un riconoscimento automatico secondo la previsione
degli artt. 64 e segg. della l. n. 218/05.