Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Marzo 2004

Parere 08 marzo 1995, n.590

Consiglio di Stato. Sezione Prima. Parere 8 marzo 1995, n. 590.

(omissis)

Considerato:

L’ordinario diocesano di Reggio Emilia-Guastalla ha chiesto al Ministero dell’Interno il riconoscimento della personalità giuridica, come ente di culto, della Fondazione “Santa Maria delle Grazie” con sede in Reggiolo, e l’autorizzazione alla Fondazione stessa ad accettare la donazione, da parte del sig. Giuseppe Ciscato, di un complesso immobiliare valutato dall’U.T.E. lire 4.930 milioni.

In proposito, la Sezione osserva quanto segue:

1. Nell’atto costitutivo e nello statuto lo scopo della Fondazione è così descritto: “La Fondazione si propone la promozione ed il sostegno di opere ed iniziative di formazione religiosa-cristiana-cattolica rivolte a coloro che assistono gli emarginati, gli handicappati e gli anziani, e di sostegno per sacerdoti bisognosi per età o infermità”.

Pare al Collegio che questa enunciazione dei fini sia troppo sommaria per un ente che si qualifica come fondazione. Ed invero, mentre le associazioni si caratterizzano per la presenza di un’assemblea di soci che può di tempo in tempo decidere precisazioni, integrazioni e sviluppi degli scopi sociali, nelle fondazioni la finalità enunciata nell’atto costitutivo assume una maggior rilevanza e deve dunque essere meglio definita.

In questo contesto, per finalità deve intendersi non tanto un insieme di obiettivi (es.: la formazione cristiana degli operatori, il sostegno dei sacerdoti bisognosi) quanto il tipo di attività che la fondazione si propone di svolgere per raggiungere quegli obiettivi (es.: svolgimento di corsi formativi; pubblicazione di libri, periodici, ecc.; istituzione e gestione di una casa di soggiorno o di accoglienza o di riposo; erogazione di sussidi finanziari; e via dicendo).

Nel caso in esame, da alcuni accenni sembra doversi intendere che la Fondazione vuole utilizzare direttamente la sua proprietà immobiliare, per destinarla a sede delle proprie attività (e forse di una casa di riposo), piuttosto che sfruttarla economicamente per ricavarne rendite da impiegare a loro volta per erogare contributi in favore di tersi. Se è così, è necessario che ciò sia indicato nello statuto.

2. Quanto ora detto a proposito dell’utilizzazione dei beni immobili costituenti il patrimonio dell’ente induce ulteriori osservazioni aventi ad oggetto, questa volta, la sufficienza del patrimonio.

Il valore del complesso immobiliare è senza dubbio cospicuo e di gran lunga superiore al patrimonio che ordinariamente si ritiene indispensabile per dar vita ad una fondazione. Tuttavia il giudizio a questo riguardo non può essere avulso dall’impiego che l’ente vuol fare del suo patrimonio.

Si vuol dire che se l’intento è quello di utilizzare direttamente il complesso immobiliare per le iniziative e le attività benefiche o formative dell’ente, ci si dovrà far carico di individuare fonti di reddito sufficienti per coprire le spese di manutenzione e di funzionamento di uno stabile di non piccole dimensioni; nonché tutte le spese ulteriori per le iniziative previste (spese di segreteria, corrispondenza, acquisto di mobili, acquisto di servizi, etc.). In questa luce, la disponibilità di un capitale liquido di lire 250 milioni può apparire insufficiente, anche perché secondo ogni criterio di buona amministrazione si dovrebbero spendere solo i frutti e non il capitale.

3. In conclusione, il Collegio ritiene necessario acquisire chiarimenti e ulteriori informazioni sui problemi sopra evidenziati, riservandosi, all’esito, di esprimere un parere conclusivo.

P.Q.M.

Sospende l’emissione del parere in attesa di quanto richiesto.