Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Febbraio 2005

Lettera 11 febbraio 2005

Lettera di Giovanni Paolo II a Mons. Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux, Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia e a tutti i Vescovi di Francia.

1. Nel corso delle vostre visite ad limina, cari Fratelli nell’Episcopato, avete condiviso con me le vostre preoccupazioni e le vostre gioie di Pastori, manifestando i buoni rapporti che intrattenete con i Responsabili della società civile, per la qual cosa non posso che gioire. Durante i nostri incontri ho avuto l’opportunità di affrontare con voi la questione dei rapporti con le Autorità civili, nell’ottica del centenario della legge sulla separazione tra le Chiese e lo Stato. Ho inoltre ricordato direttamente la questione della laicità nel discorso che ho indirizzato ai Vescovi della Provincia di Besançon, il 27 febbraio 2004.
2. Nel 1905, la legge sulla separazione tra le Chiese e lo Stato, che sostituiva il Concordato del 1801, fu un evento doloroso e traumatizzante per la Chiesa in Francia. Regolava il modo di vivere in Francia il principio di laicità e, in quel contesto, manteneva solo la libertà di culto, relegando allo stesso tempo la dimensione religiosa alla sfera del privato e non riconoscendo alla vita religiosa e all’Istituzione ecclesiale un posto all’interno della società. Il cammino religioso dell’uomo era allora considerato come un semplice sentimento personale, ignorando in tal modo la natura profonda dell’uomo, essere al contempo personale e sociale in tutte le sue dimensioni, compresa quella spirituale. Tuttavia, dal 1920, si è grati al Governo francese per aver riconosciuto in un certo modo il ruolo della dimensione religiosa nella vita sociale, il cammino religioso personale e sociale e la struttura gerarchica della Chiesa, costitutiva della sua unità.
Il centenario di questa legge può essere oggi l’occasione per riflettere sulla storia religiosa in Francia durante il secolo scorso, considerando gli sforzi compiuti dalle diverse parti presenti per conservare il dialogo, sforzi coronati dal ripristino delle relazioni diplomatiche e dall’intesa raggiunta nel 1924, sottoscritta dal Governo della Repubblica, poi descritta nell’Enciclica del mio predecessore Papa Pio XI, il 18 gennaio di quell’anno, Maximam gravissimamque. A partire dal 1921, dopo anni difficili, su iniziativa del Governo francese, erano già stati avviati nuovi rapporti tra la Repubblica francese e la Sede Apostolica, aprendo così la via al negoziato e alla cooperazione. In tale contesto si è potuto intraprendere un processo di pacificazione, nel rispetto dell’ordine giuridico, sia civile sia canonico. Questo nuovo spirito di reciproca comprensione permise allora di trovare una soluzione a un certo numero di difficoltà e di far concorrere tutti gli sforzi del Paese al bene comune, ognuno nel campo che gli era proprio. In certo modo, si può quindi affermare che era così già stata raggiunta una sorta di intesa giorno per giorno, che apriva la strada a un accordo consensuale di fatto sulle questioni istituzionali di importanza fondamentale per la vita della Chiesa. Questa pace, acquisita progressivamente, è divenuta ormai una realtà alla quale il popolo francese è profondamente legato. Essa permette alla Chiesa che è in Francia di compiere la propria missione con fiducia e serenità e di prendere sempre più parte attiva alla vita della società, nel rispetto delle competenze di ciascuno.
3. Il principio di laicità, al quale il vostro Paese è molto legato, se ben compreso, appartiene anche alla Dottrina Sociale della Chiesa. Esso ricorda la necessità di una giusta separazione dei poteri (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 571-572), che fa eco all’invito di Cristo ai suoi discepoli: “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio” (Lc 20, 25). Da parte sua, la non confessionalità dello Stato, che è una non ingerenza del potere civile nella vita della Chiesa e delle diverse religioni, come pure nella sfera spirituale, permette a tutte le componenti della società di lavorare insieme al servizio di tutti e della comunità nazionale. Allo stesso modo, come il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ricordato, la Chiesa non è chiamata ad amministrare l’ambito temporale, poiché “in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico” (Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 76; cfr n. 42). Allo stesso tempo, è però importante che tutti lavorino nell’interesse generale e per il bene comune. È così che si esprime anche il Concilio: “La comunità politica e la Chiesa… anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltivano una sana collaborazione fra di loro” (Ibidem, n.
76).
4. L’applicazione dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa ha permesso, tra le altre cose, nuovi sviluppi nei rapporti tra Chiesa e Stato in Francia, fino ad arrivare, in questi ultimi anni, alla creazione di un organismo di dialogo al più alto livello, aprendo la strada da una parte alla risoluzione delle questioni in sospeso o delle difficoltà che possono presentarsi nei diversi campi, e, dall’altra alla realizzazione di un certo numero di collaborazioni nella vita sociale in vista del bene comune. Si possono così sviluppare rapporti di fiducia che permettono di trattare le questioni istituzionali, per ciò che concerne le persone, le attività e i beni, in uno spirito di cooperazione e di rispetto reciproco. Rendo omaggio anche a tutte le forme di collaborazione che esistono in modo sereno e fiducioso nelle municipalità, nelle collettività locali e all’interno delle regioni, grazie all’attenzione delle persone elette, del clero, dei fedeli, e degli uomini e delle donne di buona volontà. Conosco la stima che nutrite per i responsabili della Nazione e i legami che vi uniscono a loro, essendo sempre pronti ad apportare la vostra collaborazione alla riflessione nei campi che riguardano il futuro dell’uomo e della società, e per un più grande rispetto delle persone e della loro dignità. Insieme a voi, incoraggio i fedeli laici nel loro desiderio di servire i fratelli e le sorelle con una partecipazione sempre più attiva alla vita pubblica, poiché, come dice il Concilio Vaticano II, la comunità dei cristiani “si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”
(Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 1). I cattolici di Francia, in ragione del loro statuto di cittadini, come tutti i loro connazionali, hanno il dovere di partecipare, secondo le proprie competenze e nel rispetto delle proprie convinzioni, ai diversi settori della vita pubblica.
5. Il cristianesimo ha svolto e svolge ancora un ruolo importante nella società francese, nei campi politico, filosofico, artistico e letterario. La Chiesa in Francia ha avuto parimenti, nel ventesimo secolo, grandi Pastori e grandi Teologi. Si può dire che è stato un periodo particolarmente fecondo, anche per la vita sociale. Henry de Lubac, Yves Congar, Marie-Dominique Chenu, Jacques et Raïssa Maritain, Emmanuel Mounier, Robert Schuman, Edmond Michelet, Madeleine Delbrêl, Gabriel Rosset, Georges Bernanos, Paul Claudel, François Mauriac, Jean Lacroix, Jean Guitton, Jérôme Lejeune, tanti nomi che hanno contrassegnato il pensiero e la prassi francesi, e che restano grandi figure riconosciute non soltanto dalla comunità ecclesiale, ma anche dalla comunità nazionale.
Queste persone, come pure numerosi altri cattolici, hanno avuto un’influenza decisiva sulla vita sociale del vostro Paese, e alcuni sulla costruzione dell’Europa. Tutti hanno fondato il loro cammino intellettuale e il loro operato sui principi evangelici. Poiché amavano Cristo, amavano anche gli uomini e s’impegnavano a servirli. Spetta oggi ai cattolici del vostro Paese seguire la via aperta dai loro predecessori. Non si può neanche dimenticare il ruolo importante dei valori cristiani nella costruzione dell’Europa e nella vita dei popoli del continente. Il cristianesimo ha in gran parte plasmato il volto dell’Europa e spetta agli uomini di oggi edificare la società europea sui valori che hanno presieduto alla sua nascita e che fanno parte della sua ricchezza.
La Francia non può che rallegrarsi di avere al suo interno uomini e donne che attingono dal Vangelo, nel proprio cammino spirituale e nella loro vita cristiana, elementi e principi antropologici promuovendo un’idea nobile dell’uomo, principi che li aiutano a compiere la loro missione di cittadini, a tutti i livelli della vita sociale, per servire i propri fratelli in umanità, per partecipare al bene comune, per diffondere la concordia, la pace, la giustizia, la solidarietà e la buona intesa tra tutti, in definitiva per offrire con gioia la propria pietra all’edificazione del corpo sociale. A questo proposito, oggi è opportuno che vi adoperiate per sviluppare sempre più la formazione dei fedeli nella Dottrina Sociale della Chiesa e in una riflessione filosofica seria, specialmente la formazione dei giovani che si preparano a svolgere incarichi importanti in posti decisionali in seno alla società; essi avranno allora a cuore di far risplendere i valori evangelici e i saldi fondamenti antropologici nei diversi campi della vita sociale. È così che, nel vostro Paese, la Chiesa sarà presente all’appuntamento con la storia. I cristiani sono consapevoli di avere una missione da compiere al servizio dei propri fratelli, come dice uno dei più antichi testi della letteratura cristiana: “Dio ha assegnato loro un posto così sublime, e a essi non è lecito abbandonarlo” (Lettera a Diogneto, VI, 10). Questa missione comporta anche per i fedeli un impegno personale, poiché presuppone la testimonianza con le parole e con le opere, vivendo i valori morali e spirituali e proponendoli ai propri concittadini, nel rispetto della libertà di ciascuno.
6. La crisi dei valori e la mancanza di speranza che si osservano in Francia, e più in generale in Occidente, fanno parte della crisi di identità che le società moderne attuali attraversano. Queste ultime molto spesso propongono solo una vita fondata sul benessere materiale, che non può esprimere il senso dell’esistenza né offrire i valori fondamentali per compiere scelte libere e responsabili, fonte di gioia e di felicità. La Chiesa si interroga su tale situazione e auspica che i valori religiosi, morali e spirituali, che fanno parte del patrimonio della Francia, che hanno plasmato la sua identità e forgiato generazioni di persone fin dai primi secoli del cristianesimo, non cadano nell’oblio.
Invito dunque i fedeli del vostro Paese, sulla scia della Lettera ai Cattolici di Francia che avete loro indirizzata qualche anno fa, ad attingere dalla loro vita spirituale ed ecclesiale la forza per partecipare alla res publica, e per conferire un nuovo slancio alla vita sociale e una rinnovata speranza agli uomini e alle donne del nostro tempo.
“Legittimamente si può pensare che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza” (Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 31). In questa prospettiva, rapporti e collaborazioni di fiducia tra Chiesa e Stato non possono che avere effetti positivi per costruire insieme ciò che Papa Pio XII chiamava già “la legittima e sana laicità” (Allocuzione alla colonia delle Marche a Roma, 23 marzo 1958: La Documentation Catholique 55 (1958), col. 456) che non sia, come ho ricordato nell’Esortazione Apostolica post sinodale Ecclesia in Europa, un “tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le istituzioni civili e le confessioni religiose” (n. 117). Così, anziché porsi in antagonismo, le forze sociali saranno sempre più al servizio dell’insieme della popolazione che vive in Francia. Confido nel fatto che un tale processo permetterà di far fronte alle nuove situazioni della società francese attuale, in particolare nel contesto multietnico, pluriculturale e pluriconfessionale degli ultimi anni.
Riconoscere la dimensione religiosa delle persone e dei componenti della società francese, significa volerla associare alle altre dimensioni della vita nazionale, affinché apporti il suo dinamismo all’edificazione sociale e affinché le religioni non tendano a rifugiarsi in un settarismo che potrebbe rappresentare un pericolo per lo Stato stesso. La società deve poter ammettere che le persone, nel rispetto altrui e delle leggi della Repubblica, possano manifestare la loro appartenenza religiosa. In caso contrario, si corre sempre il rischio di un ripiegamento identitario e settario e di un acuirsi dell’intolleranza, realtà che possono solo ostacolare la pacifica convivenza e la concordia in seno alla Nazione.
A motivo della vostra missione, siete chiamati a intervenire regolarmente nel dibattito pubblico sulle questioni importanti della società. Allo stesso modo, in nome della loro fede, i cristiani, personalmente o in associazioni, devono poter prendere la parola pubblicamente per esprimere le loro opinioni e per manifestare le loro convinzioni, apportando così il proprio contributo ai dibattiti democratici, interpellando lo Stato e i concittadini sulle loro responsabilità di uomini e di donne, in particolare nel campo dei diritti fondamentali della persona umana e del rispetto della sua dignità, del progresso dell’umanità che non può realizzarsi a qualunque prezzo, della giustizia e dell’equità, così come della tutela del pianeta, tutti campi che riguardano il futuro dell’uomo e dell’umanità e la responsabilità di ogni generazione. È a questa condizione che la laicità, lungi dall’essere un luogo di scontro, è realmente l’ambito per un dialogo costruttivo, nello spirito dei valori di libertà, di uguaglianza e di fraternità, ai quali il popolo francese è giustamente molto legato.
7. So che voi siete molto attenti alla presenza della Chiesa nei luoghi in cui si pongono le grandi e temibili questioni del senso dell’esistenza umana. Penso – per nominarne solo alcune particolarmente significative – al settore ospedaliero in cui l’assistenza spirituale ai malati e al personale costituisce un aiuto di primo piano, al campo educativo in cui è importante aprire i giovani alla dimensione morale e spirituale della vita, per permettere loro di sviluppare la propria personalità integrale. In effetti, l’educazione non si può limitare a una formazione scientifica e tecnica, ma deve prendere in considerazione tutto l’essere del giovane. È in questa prospettiva che opera l’Insegnamento cattolico, del quale voi siete responsabili nelle vostre Diocesi. Conosco la sua sollecitudine nel collaborare al processo educativo di cui le Autorità civili sono responsabili, ma anche il suo desiderio di mantenere nel corpo docente e nel suo insegnamento la specificità che gli è propria.
Spetta allo Stato, nel rispetto delle regole stabilite, garantire alle famiglie che lo desiderano la possibilità di far impartire ai propri figli la catechesi di cui hanno bisogno, prevedendo a tal fine orari adeguati.
D’altra parte, senza dimensione morale i giovani non possono che essere tentati dalla violenza e da altri comportamenti che non sono degni di loro, come regolarmente si osserva. A tale proposito, vorrei rendere omaggio ai numerosi santi e sante educatori, che hanno segnato la storia delle vostre Chiese particolari e della società francese. Desidero ricordare i due ultimi vostri concittadini che ho avuto l’occasione di canonizzare, Marcelin Champagnat, che ha ampiamente contribuito all’educazione della gioventù nelle campagne francesi, e Léonie Aviat, che si è adoperata per aiutare i poveri e che ha creato scuole per giovani ragazze nelle città. So che vi preoccupate di formare sacerdoti, religiosi e religiose e laici affinché siano testimoni e compagni dei loro fratelli, attenti ai loro interrogativi e capaci di sostenerli nel loro cammino umano e spirituale. A questo proposito, rendo omaggio al lavoro coraggioso degli insegnanti e degli educatori fra i giovani del vostro Paese, in quanto conosco la delicatezza e l’importanza della loro missione.
8. Ho auspicato che il 2005 sia per tutta la comunità ecclesiale un Anno dell’Eucaristia. Nella Lettera Apostolica che ho scritto su questo argomento, ricordo che “la “cultura dell’Eucaristia” promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e nutrimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle Istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza” (Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, n.
26). Vi invito tutti dunque, cari Fratelli nell’Episcopato, insieme al clero e ai cattolici francesi, ad attingere dall’Eucaristia la forza per rendere una rinnovata testimonianza degli autentici valori morali e religiosi, per perseguire un dialogo fiducioso e collaborazioni serene con tutti in seno alla società civile e per mettersi al servizio di tutti.
Al termine di questa Lettera, desidero esprimere a voi e a tutti i vostri concittadini la mia riconoscenza per quanto è già stato realizzato nel campo sociale e la mia fiducia nel futuro di una buona intesa tra tutti i componenti della società francese, intesa di cui voi siete già i testimoni.
Che i vostri connazionali sappiano che i membri della comunità cattolica in Francia desiderano vivere la loro fede fra i propri fratelli e le proprie sorelle, e mettere a disposizione di tutti le loro competenze e i loro talenti! Che nessuno abbia paura del cammino religioso delle persone e dei gruppi sociali!
Vissuto nel rispetto della sana laicità, esso non può che essere fonte di dinamismo e di promozione dell’uomo. Incoraggio i cattolici francesi a essere presenti in tutti i campi della società civile, nei quartieri delle grandi città come pure nella società rurale, nel mondo dell’economia, della cultura, delle arti, come pure della politica, nelle opere caritative e nel sistema educativo, sanitario e sociale, con la sollecitudine di instaurare un dialogo sereno e rispettoso con tutti. Auspico che tutti i francesi lavorino mano nella mano alla crescita della società, affinché tutti ne possano beneficiare. Prego per il popolo francese; il mio pensiero va in particolare alle persone e alle famiglie vittime delle difficoltà economiche e sociali. Che una solidarietà sempre più grande possa instaurarsi affinché nessuno venga escluso! Che in questo periodo maggiore attenzione sia rivolta alle persone che non hanno né un tetto né cibo!
Serbo il ricordo delle diverse visite che ho avuto la gioia di compiere nell’amata terra di Francia, e soprattutto il mio indimenticabile pellegrinaggio a Lourdes, luogo particolarmente caro ai fedeli del vostro Paese, e più in generale a tutte le persone che desiderano affidarsi a Maria. Ho potuto constatare la profondità umana e spirituale del comportamento di uomini, donne e bambini francesi che si recano alla grotta di Massabielle, rendendo così testimonianza del lavoro pastorale che realizzate nelle vostre Diocesi, con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici impegnati nella missione della Chiesa.
Nell’affidarvi all’intercessione di Nostra Signora di Lourdes, che onoriamo in modo particolare in questo giorno e che è venerata in numerosi santuari della vostra terra, e di tutti i santi del vostro Paese, imparto a Voi e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, una affettuosa Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 febbraio 2005

Lettre du pape Jean-Paul II à Mgr Jean-Pierre Ricard Archevêque de Bordeaux et Président de la Conférence des Évêques de France et à tous les Évêques de France.

1. Au cours de vos visites ad limina, chers Frères dans l’Épiscopat, vous m’aviez
partagé vos préoccupations et vos joies de pasteurs, faisant apparaître les relations
positives que vous entretenez avec les Responsables de la société civile, ce dont je ne peux que me réjouir. Lors de nos rencontres, j’avais eu l’occasion d’aborder avec vous la question des rapports avec les Autorités civiles, dans la perspective du centième anniversaire de la loi de séparation de l’Église et de l’État. J’avais d’ailleurs évoqué directement la question de la laïcité dans le discours que j’avais adressé aux évêques de la province de Besançon, le 27 février 2004.
2. En 1905, la loi de séparation de l’Église et de l’État, qui dénonçait le Concordat
de 1804, fut un événement douloureux et traumatisant pour l’Église en France. Elle réglait la façon de vivre en France le principe de laïcité et, dans ce cadre, elle ne maintenait que la liberté de culte, reléguant du même coup le fait religieux dans la sphère du privé et ne reconnaissant pas à la vie religieuse et à l’Institution ecclésiale une place au sein de la société. La démarche religieuse de l’homme n’était plus alors considérée que comme un simple sentiment personnel, méconnaissant de ce fait la nature profonde de l’homme, être à la fois personnel et social dans toutes ses dimensions, y compris dans sa dimension spirituelle. Cependant, dès 1920, on sait gré au Gouvernement français luimême d’avoir reconnu d’une certaine manière la place du fait religieux dans la vie sociale, la démarche religieuse personnelle et sociale, et la constitution hiérarchique de l’Église, qui est constitutive de son unité.
Le centième anniversaire de cette loi peut être aujourd’hui l’occasion de réfléchir
sur l’histoire religieuse en France au cours du siècle écoulé, considérant les efforts réalisés par les différentes parties en présence pour maintenir le dialogue, efforts couronnés par le rétablissement des relations diplomatiques et par l’entente scellée en 1924, souscrite par le Gouvernement de la République, puis décrite dans l’encyclique de mon Prédécesseur le Pape Pie XI, en date du 18 février de cette année-là, Maximam
gravissimamque. Dès 1921, après des années difficiles, sur l’initiative du Gouvernement
français, étaient déjà engagées de nouvelles relations entre la République française et
le Siège apostolique, qui ouvraient la voie à un cadre de négociation et de coopération. Dans ce cadre, put s’engager un processus de pacification, dans le respect de l’ordre juridique, tant civil que canonique. Ce nouvel esprit de compréhension mutuelle permit alors de trouver une issue à un certain nombre de
difficultés et de faire concourir toutes les forces du pays au bien commun, chacune dans
le domaine qui lui est propre. D’une certaine manière, on peut dire que l’on avait ainsi
déjà atteint une sorte d’entente au jour le jour, qui ouvrait la voie à un accord
consensuel de fait sur les questions institutionnelles de portée fondamentale pour la vie de l’Église. Cette paix, acquise progressivement, est devenue désormais une réalité à laquelle le peuple français est profondément attaché. Elle permet à l’Église qui est en France de remplir sa mission propre avec confiance et sérénité, et de prendre une part toujours plus active à la vie de la société, dans le respect des compétences de chacun.
3. Le principe de laïcité, auquel votre pays est très attaché, s’il est bien compris,
appartient aussi à la Doctrine sociale de l’Église. Il rappelle la nécessité d’une juste
séparation des pouvoirs (cf. Compendium de la Doctrine sociale de l’Église, nn. 571-572),
qui fait écho à l’invitation du Christ à ses disciples: «Rendez à César ce qui est à César,
et à Dieu ce qui est à Dieu» (Lc 20, 25). Pour sa part, la non-confessionnalité de l’État, qui
est une non-immixtion du pouvoir civil dans la vie de l’Église et des différentes religions,
comme dans la sphère du spirituel, permet que toutes les composantes de la société
travaillent ensemble au service de tous et de la communauté nationale. De même, comme le Concile oecuménique Vatican II l’a rappelé, l’Église n’a pas vocation pour gérer le temporel, car, «en raison de sa charge et de sa compétence, elle ne se confond d’aucune manière avec la communauté politique et n’est liée à aucun système politique» (Constitution pastorale Gaudium et spes, n. 76 § 2; cf. n. 42). Mais, dans le même temps, il importe que tous travaillent dans l’intérêt général et pour le bien commun. C’est ainsi que s’exprime aussi le Concile: «La communauté politique et
l’Église, quoique à des titres divers, sont au service de la vocation personnelle et sociale
des mêmes hommes. Elles exercent d’autant plus efficacement ce service pour le bien
de tous qu’elles recherchent davantage entre elles une saine coopération» (Ibid., n. 76 §
3)
4. L’application des principes de la Doctrine sociale de l’Église a permis, entre autres, de nouveaux développements dans les relations entre l’Église et l’État en France, jusqu’à parvenir, ces dernières années, à la création d’une instance de dialogue au plus haut niveau, ouvrant la voie d’une part au règlement des questions en suspens ou des
difficultés qui peuvent se faire jour dans différents domaines, et, d’autre part, à la
réalisation d’un certain nombre de collaborations dans la vie sociale, en vue du bien commun. Ainsi, peuvent se développer des relations confiantes qui permettent de traiter
les questions institutionnelles, en ce qui concerne les personnes, les activités et les biens, dans un esprit de coopération et de respect mutuel. Je salue aussi toutes les
collaborations qui existent de manière sereine et confiante dans les municipalités, dans
les collectivités locales et au sein des régions, grâce à l’attention des élus, du clergé, des fidèles, et des hommes et des femmes de bonne volonté. Je sais l’estime dans laquelle vous tenez les responsables de la Nation et les liens que vous avez avec eux, étant toujours prêts à apporter votre concours à la réflexion, dans les domaines qui engagent
l’avenir de l’homme et de la société, et pour un plus grand respect des personnes et de
leur dignité. Avec vous, j’encourage les fidèles laïcs dans leur désir de servir leurs frères et soeurs par une participation toujours plus active à la vie publique, car, comme le dit le Concile Vatican II, «la communauté des chrétiens se reconnaît réellement et intimement solidaire du genre humain et de son histoire» (Constitution pastorale Gaudium et spes, n. 1). En raison de leur statut de citoyens, comme leurs compatriotes, les catholiques de France ont le devoir de participer, selon leurs compétences et dans le respect de leurs convictions, aux différents domaines de la vie publique.
5. Le christianisme a joué et joue encore un rôle important dans la société française,
que ce soit dans les domaines politique, philosophique, artistique ou littéraire. L’Église en France compte aussi, au vingtième siècle, de grands pasteurs et de grands théologiens.
On peut dire que ce fut une période particulièrement féconde, même pour la vie
sociale. Henri de Lubac, Yves Congar, Marie-Dominique Chenu, Jacques et Raïssa Maritain, Emmanuel Mounier, Robert Schuman, Edmond Michelet, Madeleine Delbrêl, Gabriel Rosset, Georges Bernanos, Paul Claudel, François Mauriac, Jean Lacroix, Jean Guitton, Jérôme Lejeune, autant de noms qui ont marqué la pensée et la pratique françaises, et qui demeurent comme des grandes figures reconnues, non seulement de la communauté ecclésiale, mais aussi de la communauté nationale. Ces personnes, ainsi que de nombreux autres catholiques, ont eu une influence décisive sur la vie sociale dans votre pays et, pour certains, dans la construction de l’Europe; tous fondaient leur démarche intellectuelle et leur action sur les principes évangéliques.
Parce qu’ils aimaient le Christ, ils aimaient aussi les hommes et ils s’attachaient à les
servir. Il appartient aujourd’hui aux catholiques de votre pays de marcher sur la voie de leurs devanciers. On ne peut pas non plus oublier la place importante des valeurs
chrétiennes dans la construction de l’Europe et dans la vie des peuples du continent. Le
christianisme a en grande partie façonné le visage de l’Europe et il revient aux hommes
d’aujourd’hui d’édifier la société européenne sur les valeurs qui ont présidé à sa naissance et qui font partie de sa richesse.
La France ne peut que se réjouir d’avoir en son sein des hommes et des femmes qui puisent dans l’Évangile, dans leur démarche spirituelle et dans leur vie chrétienne,
des éléments et des principes anthropologiques promouvant une haute idée de l’homme, principes qui les aident à remplir leur mission de citoyens, à tous les niveaux de
la vie sociale, pour servir leurs frères en humanité, pour participer au bien commun, pour
répandre la concorde, la paix, la justice, la solidarité et la bonne entente entre tous, en
définitive pour apporter avec joie leur pierre à la construction du corps social. À ce
propos, il convient que vous preniez soin aujourd’hui de développer toujours davantage
la formation des fidèles à la Doctrine sociale de l’Église et à une réflexion philosophique
sérieuse, notamment les jeunes qui se préparent à exercer des charges importantes dans des postes de décision au sein de la société; ils auront alors à coeur de faire rayonner les valeurs évangéliques et les fondements anthropologiques sûrs dans les différents domaines de la vie sociale. C’est ainsi que, dans votre pays, l’Église sera au rendez-vous de l’histoire. Les chrétiens sont conscients qu’ils ont une mission à remplir au service de leurs frères, comme le dit un des plus anciens textes de la littérature chrétienne: «Si noble est le poste que Dieu leur a assigné, qu’il ne leur est pas permis de déserter» (Lettre à Diognète, VI, 10). Cette mission comporte aussi pour les fidèles un engagement personnel, car elle suppose le témoignage par la parole et par les actes, en vivant les valeurs morales et spirituelles, et en les proposant à leurs concitoyens, dans le respect de la liberté de chacun.
6. La crise des valeurs et le manque d’espérance que l’on constate en France, et
plus largement en Occident, font partie de la crise d’identité que traversent les sociétés
modernes actuelles; ces dernières ne proposent bien souvent qu’une vie fondée sur le
bien-être matériel, qui ne peut indiquer le sens de l’existence, ni donner les valeurs
fondamentales pour faire des choix libres et responsables, source de joie et de bonheur.
L’Église s’interroge sur une telle situation et souhaite que les valeurs religieuses, morales et spirituelles, qui font partie du patrimoine de la France, qui ont façonné son identité et qui ont forgé des générations de personnes depuis les premiers siècles du christianisme, ne tombent pas dans l’oubli. J’invite donc les fidèles de votre pays, dans la suite de la Lettre aux catholiques de France que vous leur avez adressée il y a quelques années, à puiser dans leur vie spirituelle et ecclésiale la force pour participer à la res publica, et pour
donner un élan nouveau à la vie sociale et une espérance renouvelée aux hommes et aux femmes de notre temps. «On peut penser à bon droit que le destin futur de l’humanité est entre les mains de ceux qui sont en état de donner aux générations à venir des raisons de vivre et d’espérer» (Concile Vatican II, Constitution pastorale Gaudium et spes, n. 31). Dans cette perspective, des relations et des collaborations confiantes entre l’Église et l’État ne peuvent avoir que des effets positifs pour construire ensemble ce que le Pape Pie XII appelait déjà «la légitime et saine laïcité» [Allocution à la colonie des Marches à Rome, 23 mars 1958: La Documentation catholique 55 (1958), col. 456], qui ne soit pas, comme je l’évoquais dans l’Exhortation apostolique postsynodale Ecclesia in Europa, «un type de laïcisme idéologique ou de séparation hostile entre les institutions civiles et les confessions religieuses» (n. 117). Ainsi, au lieu de se situer
en antagonisme, les forces sociales seront toujours plus au service de l’ensemble de la
population qui vit en France. J’ai confiance qu’une telle démarche permettra de faire
face aux situations nouvelles de la société française actuelle, en particulier dans le
contexte pluriethnique, multiculturel et multiconfessionnel de ces dernières années
Reconnaître la dimension religieuse des personnes et des composantes de la
société française, c’est vouloir associer cette dimension aux autres dimensions de la vie
nationale, pour qu’elle apporte son dynamisme propre à l’édification sociale et que les
religions n’aient pas tendance à se réfugier dans un sectarisme qui pourrait représenter
un danger pour l’État lui-même. La société doit pouvoir admettre que des personnes,
dans le respect d’autrui et des lois de la République, puissent faire état de leur
appartenance religieuse. Dans le cas contraire, on court toujours le risque d’un
repliement identitaire et sectaire, et de la montée de l’intolérance, qui ne peuvent
qu’entraver la convivialité et la concorde au sein de la Nation.
En raison de votre mission, vous êtes appelés à intervenir régulièrement dans le
débat public sur les grandes questions de société. De même, au nom de leur foi, les
chrétiens, personnellement ou en associations, doivent pouvoir prendre la parole
publiquement pour exprimer leurs opinions et pour manifester leurs convictions,
apportant de ce fait leurs contributions aux débats démocratiques, interpellant l’État et
leurs concitoyens sur leurs responsabilités d’hommes et de femmes, notamment dans le
domaine des droits fondamentaux de la personne humaine et du respect de sa dignité,
du progrès de l’humanité qui ne peut pas être à n’importe quel prix, de la justice et de
l’équité, ainsi que de la protection de la planète, autant de domaines qui engagent
l’avenir de l’homme et de l’humanité, et la responsabilité de chaque génération. C’est
à ce prix que la laïcité, loin d’être le lieu d’un affrontement, est véritablement l’espace
pour un dialogue constructif, dans l’esprit des valeurs de liberté, d’égalité et de
fraternité, auxquelles le peuple de France est fort justement très attaché.
7. Je sais que vous êtes très attentifs à la présence de l’Église dans des lieux où se
posent les grandes et redoutables questions du sens de l’existence humaine. Je pense –
pour n’en nommer que quelques-uns particulièrement significatifs – au cadre hospitalier où l’assistance spirituelle aux malades et au personnel constitue une aide de premier plan, ainsi qu’au domaine éducatif où il importe d’ouvrir les jeunes à la dimension
morale et spirituelle de leur vie, pour leur permettre de développer leur personnalité
intégrale. En effet, l’éducation ne peut se limiter à une formation scientifique et
technique, mais elle doit prendre en compte tout l’être du jeune. C’est dans cette
perspective que travaille l’Enseignement catholique, dont vous êtes responsables dans
vos diocèses. Je sais son souci d’être une instance partenaire de la démarche éducative
dont les Autorités civiles ont la charge, mais aussi son désir de maintenir dans le corps
enseignant et dans son enseignement la spécificité qui lui est propre. Il revient pour sa part à l’État, dans le respect des règles établies, de garantir aussi aux familles qui le souhaitent la possibilité de faire donner à leurs enfants la catéchèse dont ils ont besoin, en prévoyant notamment des horaires convenables pour cela. D’autre part, sans dimension morale, les jeunes ne peuvent qu’être tentés par la violence et par des
comportements qui ne sont pas dignes d’eux, comme on le constate régulièrement. À
ce propos, je voudrais rendre hommage aux nombreux saints et saintes éducateurs, qui
ont marqué l’histoire de vos Églises particulières et de la société en France. Il me plaît de rappeler les deux derniers de vos compatriotes que j’ai eu l’occasion de canoniser, Marcellin Champagnat, qui a largement contribué à l’éducation de la jeunesse dans les campagnes françaises, et Léonie Aviat, qui s’est attaché à venir en aide aux pauvres et qui a créé des écoles pour les jeunes filles en milieu urbain. Je sais que vous prenez soin de former des prêtres, des religieux et des religieuses, et des laïcs, pour qu’ils soient des témoins et des compagnons de leurs frères, attentifs à leurs interrogations et capables de les soutenir dans leur démarche humaine et spirituelle. À ce propos, je salue le travail courageux des enseignants et des éducateurs auprès des jeunes de votre pays, connaissant la délicatesse et l’importance de leur mission.
8. J’ai souhaité que l’année 2005 soit pour toute la communauté ecclésiale une
Année de l’Eucharistie. Dans la Lettre apostolique que j’écrivais à ce sujet, je rappelais que «la “culture de l’Eucharistie” promeut une culture du dialogue et donne à cette dernière force et nourriture. On se trompe lorsqu’on pense que la référence publique à la foi peut porter atteinte à la juste autonomie de l’État et des Institutions civiles, ou bien que cela peut même encourager des attitudes d’intolérance» (Lettre apostolique Mane nobiscum Domine, n. 26). Je vous invite donc tous, chers Frères dans l’Épiscopat, ainsi que l’ensemble du clergé et des catholiques de France, à puiser dans l’Eucharistie la force pour donner un témoignage renouvelé des authentiques valeurs morales et religieuses, pour poursuivre un dialogue confiant et des collaborations sereines avec tous au sein de la société civile, et pour se mettre au service de tous.
Au terme de cette lettre, je voudrais vous exprimer et exprimer à tous vos
compatriotes ma reconnaissance pour ce qui a déjà été accompli dans le domaine
social et ma confiance en l’avenir d’une bonne entente entre toutes les composantes
de la société française, entente dont vous êtes déjà les témoins. Que tous vos
compatriotes sachent que les membres de la communauté catholique en France
souhaitent vivre leur foi au milieu de leurs frères et soeurs, et mettre à la disposition de
tous leurs compétences et leurs talents ! Que personne n’ait peur de la démarche
religieuse des personnes et des groupes sociaux ! Vécue dans le respect de la saine
laïcité, elle ne peut qu’être source de dynamisme et de promotion de l’homme.
J’encourage les catholiques français à être présents dans tous les domaines de la
société civile, dans les quartiers des grandes villes comme dans la société rurale, dans le
monde de l’économie, de la culture, des arts, comme de la politique, dans les oeuvres
caritatives comme dans le système éducatif, sanitaire et social, avec le souci d’un
dialogue serein et respectueux avec tous. Je souhaite que tous les Français travaillent
main dans la main à la croissance de la société, afin que tous puissent en bénéficier. Je prie pour le peuple de France; ma pensée va en particulier aux personnes et aux familles
touchées par les difficultés économiques et sociales. Qu’une solidarité toujours plus
grande puisse s’instaurer pour que nul ne soit laissé à l’écart ! Qu’en cette période, une
attention plus grande soit portée aux personnes qui n’ont pas de toit, ni de nourriture !
Je garde en mémoire les différentes visites que j’ai eu la joie d’accomplir sur la
terre bien-aimée de France, et notamment mon inoubliable pèlerinage à Lourdes, lieu
particulièrement cher aux fidèles de votre pays et plus largement à toutes les personnes
qui veulent se confier à Marie. J’ai pu mesurer la profondeur humaine et spirituelle de la démarche d’hommes, de femmes et d’enfants français qui viennent à la grotte de
Massabielle, témoignant ainsi du travail pastoral que vous réalisez dans vos diocèses,
avec les prêtres, les religieux et religieuses, et les laïcs engagés dans la mission de l’Église.
En vous confiant à l’intercession de Notre-Dame de Lourdes, que nous honorons
tout particulièrement en ce jour et qui est vénérée dans de nombreux sanctuaires de
votre terre, et de tous les saints de votre pays, je vous accorde, ainsi qu’à tous les fidèles de vos diocèses, une affectueuse Bénédiction apostolique.

Du Vatican, le 11 février 2005.
Jean-Paul II