Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 1 Ottobre 2010

Sentenza 14 settembre 2010, n.3477

TAR Puglia. Sezione Seconda. Sentenza 14 settembre 2010, n. 3477: "Consultori e bando per medici specialisti non obiettori di coscienza".

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 21 e 26 legge n. 1034/1971 e successive modifiche e integrazioni, sul ricorso numero di registro generale 962 del 2010, proposto da:
(…), rappresentati e difesi dall’avv. Nicolò Mastropasqua, con domicilio eletto presso Piero Lorusso in Bari, via Principe Amedeo, 234;

contro

Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv. Nicola Colaianni e Mariangela Rosato, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Bari, Lungomare N. Sauro, 31/33;
Azienda Sanitaria Locale Bari, rappresentata e difesa dall’avv. Edvige Trotta, con domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’ente in Bari, Lungomare Starita, 6;
Comitato Consultivo Zonale Medici Specialistici Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari;

e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione “Forum di Associazioni e Movimenti di ispirazione cristiana operanti in campo socio-sanitario”, rappresentata e difesa dagli avv. Aldo Loiodice e Isabella Loiodice, con domicilio eletto presso il loro studio legale in Bari, via Nicolai, 29;
Comitato per la tutela della salute della donna, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Loiodice e Isabella Loiodice, con domicilio eletto presso il loro studio legale in Bari, via Nicolai, 29;
Movimento per la Vita Italiano, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Barbaro, con domicilio eletto presso Angelo Romano in Bari, via Principe Amedeo, 132;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

– della deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010 (pubblicata sul BURP n. 61 del 7.4.2010) nella parte in cui al punto 4.1.4 “il potenziamento del percorso di nascita” prevede che siano assegnati ai Consultori risorse in modo da consentire di integrare la dotazione organica di personale di n. 1 medico ginecologo “non obiettore”, n. 2 ostetriche “non obiettrici” per ASL (4 Ostetriche per ASL BA); e di dotare di 1 Medico Ginecologo non obiettore e 1 Ostetrica non obiettrice i Consultori Interdistrettuali dedicati alla popolazione migrante – 7 nella Regione;
– ove necessario del Piano Attuativo Locale adottato dall’ASL BA nei limiti in cui impedisce l’accesso ai Consultori ai medici ginecologi obiettori;
– ove necessario della deliberazione presupposta della Giunta Regionale n. 405 del 17.3.2009 nella misura in cui individua quale obiettivo 2 il “progressivo riposizionamento del personale sanitario che solleva obiezione di coscienza”;
– della nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari nella misura in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”;
– di tutti gli atti comunque connessi, preordinati e conseguenti ancorché non conosciuti;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Bari;
Visto l’atto di intervento in giudizio ad adiuvandum della Associazione “Forum di Associazioni e Movimenti di ispirazione cristiana operanti in campo socio-sanitario”;
Visto l’atto di intervento in giudizio ad adiuvandum del Comitato per la tutela della salute della donna;
Visto l’atto di intervento in giudizio ad adiuvandum del Movimento per la Vita Italiano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2010 il dott. Francesco Cocomile e uditi per le parti i difensori avv.ti N. Mastropasqua, M. Rosato, E. Trotta, N. Grasso, su dell’avv. A. Loiodice, G. Barbato e I. Lagrotta, su delega dell’avv. I. Loiodice;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell’art. 21, comma 10 legge n. 1034/1971, introdotto dalla legge n. 205/2000;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Preliminarmente va evidenziato che il presente ricorso è ammissibile pur non avendo gli odierni ricorrenti (tutti medici ginecologi iscritti all’Ordine dei Medici di Bari che hanno sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 legge n. 194/1978 con espressa dichiarazione inviata al Dipartimento di Sanità Pubblica dell’AUSL territorialmente competente) presentato domanda di partecipazione (rectius dichiarazione di disponibilità a mezzo lettera raccomandata) alla procedura di selezione di cui alla impugnata nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari con riferimento ai posti disponibili (di ostetricia-ginecologia) nei Consultori delle città di Corato e di Putignano ove il bando richiede espressamente specialisti non obiettori di coscienza per le attività consultoriali.

Detta nota può pertanto assimilarsi ad un bando di concorso e, nella parte in cui richiede specialisti “non obiettori di coscienza” per le attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14, contiene una clausola del bando sicuramente “espulsiva” (e quindi immediatamente lesiva) nei confronti di coloro, come gli odierni ricorrenti, che hanno sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 legge n. 194/1978 e che pertanto non possono essere qualificati specialisti “non obiettori di coscienza” così come richiesto dalla nota prot. 242 dell’8.4.2010 per le menzionate attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14.

Invero, come evidenziato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2010, n. 5069) relativamente ad una fattispecie in materia di procedura di affidamento di servizi pubblici, e quindi in materia di evidenza pubblica che presenta notevoli analogie con le procedure concorsuali e selettive quale quella oggetto del presente giudizio:

«La giurisprudenza della Corte di Giustizia Ce, peraltro, ha già da tempo affermato la facoltà di persona esclusa in radice da una procedura di gara di impugnare gli atti dei quali assuma l’incidenza discriminatoria nei confronti delle proprie domande (12 febbraio 2004, in C n. 230/02; 11 gennaio 2005 in C 26/03; e, implicitamente, 11 ottobre 2007, in C n. 241/06).

L’indirizzo risulta recepito dalla giurisprudenza di questa Sezione (decisione n. 1624 del 19 marzo 2009), che ha ritenuto “di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, quando la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un’originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2005 n. 4207 e 4208; V, n. 7341, 11 novembre 2004; V, 11 febbraio 2005 n. 389; IV, 30 maggio 2005 n. 2804).”».

In senso analogo in materia di gare ad evidenza pubblica (materia, come detto, sostanzialmente affine a quella delle procedure concorsuali e più in generale delle procedure pubbliche di selezione del personale) si sono pronunciati Cons. Stato, Sez. V, 9 aprile 2010, n. 1999, Cons. Stato, Sez. VI, 4 giugno 2009, n. 3448, e Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1624.

Anche T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 23 luglio 2009, n. 1971, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 5 giugno 2009, n. 1410, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675, T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II 15 aprile 2010, n. 1896, e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 26 febbraio 2009, n. 397 hanno affrontato controversie riguardanti fattispecie similari giungendo alle medesime conclusioni della Corte di Giustizia C.E., Sez. VI, 12 febbraio 2004 (sentenza n. 230/2004 resa nella causa C-230/2002) che questo Collegio ritiene di condividere in pieno.

Tutte le menzionate decisioni pongono, come visto, a proprio fondamento la sentenza della Corte di Giustizia della C.E. n. 230/2004.

Evidenziano i Giudici comunitari che:

«28. Nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per l’appunto impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato.

29. Infatti, da un lato, sarebbe eccessivo esigere che un’impresa che asserisce di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.

30. Dall’altro, risulta chiaramente dal testo dell’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 89/665 che le procedure di ricorso, che gli Stati membri devono organizzare in conformità a tale direttiva, devono consentire in particolare di "annullare (-) le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie (-)". Ad un’impresa dev’essere pertanto consentito presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche discriminatorie senza attendere la conclusione del procedimento di aggiudicazione dell’appalto.».

Alle conclusioni cui giunge la Corte di Giustizia in materia di partecipazione di una impresa ad una gara pubblica non è lecito discostarsi nel caso (ricorrente nella fattispecie al vaglio di questo Collegio) di contestazione di una procedura concorsuale, ove gli odierni ricorrenti impugnano una clausola chiaramente espulsiva (e quindi immediatamente lesiva) di un bando di procedura selettiva rispetto alla quale gli stessi non hanno presentato domanda di partecipazione.

Per utilizzare le parole della Corte di Giustizia adattate al caso di specie sarebbe eccessivo esigere che gli odierni ricorrenti i quali asseriscono di essere lesi in via immediata da una clausola del bando discriminatoria poiché “espulsiva”, prima di poter accedere alle procedure giurisdizionali di ricorso previste dall’ordinamento contro tale clausola, presentino la domanda di partecipazione alla procedura selettiva di cui alla nota prot. 242 dell’8.4.2010, quando le probabilità che venga loro assegnato l’incarico presso i Consultori dei Comuni di Corato o di Putignano sarebbero nulle a causa dell’esistenza di detta clausola espulsiva.

Inoltre, quanto alla eccezione, formulata dalla Regione Puglia, di inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse, stante il carattere meramente programmatorio (e quindi non immediatamente lesivo della sfera giuridica degli odierni ricorrenti) della gravata deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010, la stessa deve essere disattesa poiché alla adozione della suddetta deliberazione ha fatto seguito l’atto applicativo (questo sicuramente lesivo in via immediata nei confronti degli odierni ricorrenti) parimenti impugnato in questa sede costituito dalla menzionata nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari nella parte in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”.

In altri termini i ricorrenti hanno correttamente proposto impugnativa congiunta degli atti amministrativi presupposti a contenuto generale e programmatico (i.e. deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010; Piano Attuativo Locale adottato dalla ASL Bari; deliberazione della Giunta Regionale n. 405 del 17.3.2009) nei limiti in cui impediscono l’accesso ai Consultori ai medici ginecologi obiettori e dell’atto applicativo (i.e. nota prot. 242 dell’8.4.2010 nella parte in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”) che mutua evidentemente un vizio proprio degli atti programmatici presupposti (nella specie discriminazione ai danni degli obiettori nell’accesso ai Consultori).

Deve infatti ricondursi la tecnica di impugnazione giurisdizionale in concreto adoperata dagli odierni ricorrenti al modello astratto concepito dalla giurisprudenza amministrativa per il gravame dei cd. regolamenti volizione-preliminare (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 450: “I regolamenti devono distinguersi in "volizioni preliminari" (contenenti previsioni normative astratte e programmatiche) e "volizioni – azioni" (contenenti previsioni destinate all’immediata applicazione). Soltanto questi ultimi devono essere oggetto di autonoma e immediata impugnazione, essendo suscettibili di produrre, in via diretta e immediata, una concreta ed attuale lesione dell’interesse di un determinato soggetto. Se, invece, la lesione deriva dall’atto di applicazione concreta, le disposizioni regolamentari vanno impugnate solo congiuntamente al provvedimento applicativo, che, esso solo, rende attuale e certa la lesione dell’interesse protetto.”).

Invero a livello programmatico la Giunta Regionale ha deciso con la gravata deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010 di dotare i Consultori di personale che non ha prestato obiezione di coscienza; di tale atto amministrativo a contenuto generale viene data una prima attuazione con la impugnata nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari nella parte in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”.

In tal modo operando (i.e. cd. doppia impugnativa) gli odierni ricorrenti hanno rispettato sia il principio della attualità della lesione che quello della coerenza interna del gravame.

Né può condividersi l’eccezione, sollevata dalla amministrazione regionale, di genericità delle censure formulate nel ricorso introduttivo poiché, come si vedrà di qui a breve nell’affrontare il merito della presente controversia, dette censure sono specifiche e agevolmente individuabili dal contesto del gravame e dai fatti esposti nelle premesse dello stesso.

Come ricordato da Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 1997, n. 1279 “L’inammissibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo per genericità dei motivi si verifica quando le censure dedotte dal ricorrente non possono essere individuate dal contesto del gravame e dai fatti esposti nelle premesse dello stesso; deve, pertanto, considerarsi ammissibile il ricorso se siano desumibili dal contenuto dello stesso la natura e la portata delle doglianze avanzate, ancorché non siano stati indicati gli articoli di legge o di regolamento di cui si deduce la violazione.”.

Ed ancora Cons. Stato, Sez. V, 9 febbraio 1996, n. 151 ha affermato che “In sede di impugnazione di un provvedimento lesivo per la propria sfera giuridica – anche quando esso sia favorevole ad altro soggetto -, il ricorrente non può limitarsi a dedurre un generico contrasto con la normativa di settore (nella specie, con la previsione urbanistica di zona), ma ha l’onere di specificare i vizi da cui sarebbe affetto l’atto impugnato stesso, come ben può evincersi dall’art. 6 n. 3), r.d. 17 agosto 1907 n. 642, dalla "ratio" del processo amministrativo quale processo di parti (che il ricorso non può essere equiparato ad una denuncia, di cui il giudice debba vagliare la fondatezza) e dall’evidente esigenza per cui il processo medesimo non può trasformarsi in un giudizio volto ad investire il giudice dell’esame di tutte le questione riguardanti la legittimità o meno del provvedimento impugnato. Spetta pertanto al giudice non già di verificare se l’atto impugnato sia legittimo o meno, bensì di dichiarare inammissibile il ricorso con cui è dedotto genericamente un contrasto tra l’atto impugnato e la normativa di settore.”.

Nel caso di specie non è dedotto da parte degli odierni ricorrenti un generico contrasto tra gli atti impugnati e la normativa di settore avendo gli stessi indicato specifici vizi da cui sono affetti i provvedimenti impugnati e di cui questo Collegio è pienamente in grado di comprenderne la portata in base alle considerazioni che verranno di seguito svolte.

Peraltro il principio di necessaria specificità dei motivi del ricorso giurisdizionale amministrativo è stato espressamente sancito dall’art. 40, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo in vigore a partire dal 16 settembre 2010 (l’art. 6, comma 1, n. 3 r.d. n. 642/1907 non qualifica i motivi come “specifici” anche se la giurisprudenza amministrativa, pur sotto la vigenza di tale norma, come visto, ha sempre ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo supportato da doglianze generiche).

Inoltre va evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dalla Regione Puglia nella memoria depositata in data 14.7.2010 e nella memoria depositata in data 8.9.2010, i ricorrenti dall’adozione degli atti gravati subiscono una lesione diretta ed attuale consistente dall’impossibilità di partecipare alla procedura selettiva di cui alla nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari per i posti di “Ostetricia-Ginecologia” del DSS n. 2 di Corato e del DSS n. 14 di Putignano per i quali è prevista la citata clausola “espulsiva”, così come dall’accoglimento del presente ricorso gli stessi traggono una concreta utilità consistente nella possibilità di partecipare alla selezione di cui alla predetta nota prot. 242 dell’8.4.2010 depurata dalla clausola espulsiva (illegittima in base alle considerazioni di seguito svolte) una volta che l’amministrazione regionale, in sede di esecuzione della presente sentenza di accoglimento, riaprirà i termini di presentazione delle domande di partecipazione per tutti i medici specialisti obiettori che fossero interessati.

Quanto alla eccezione, formulata dalla Regione Puglia, di difetto di interesse degli interventori ad adiuvandum, la stessa va disattesa con riferimento alla posizione del Movimento per la Vita Italiano ed a quella della Associazione “Forum di Associazioni e Movimenti di ispirazione cristiana operanti in campo socio-sanitario”.

Invero, con riferimento alla posizione dell’interventore Movimento per la Vita Italiano va evidenziato che secondo T.A.R. Lazio, Sez. I, 12 ottobre 2001, n. 8465 “Le associazioni per "Movimento per la vita italiano" e "Forum delle associazioni familiari" – i cui statuti elevano a scopi istituzionali la difesa della vita umana fin dal suo concepimento e la salvaguardia del diritto alla vita con riferimento anche alla legislazione c.d. abortista – sono legittimate ad impugnare i provvedimenti che esplicano effetti pregiudizievoli nei confronti degli interessi perseguiti dalla compagine sociale. (Nella specie, tali effetti sono stati identificati, in base alle valutazioni degli associati, nell’idoneità di un farmaco autorizzato ad introdurre una pratica sostanzialmente abortiva, in contrasto coi principi di rilievo costituzionale di tutela del diritto alla vita e con la vigente regolamentazione sull’interruzione della gravidanza).”.

Deve pertanto a maggior ragione riconoscersi una legittimazione ad intervenire in giudizio in capo alla associazione Movimento per la Vita Italiano.

Analogamente dicasi per quanto concerne la legittimazione ad intervenire nel presente giudizio della Associazione “Forum di Associazioni e Movimenti di ispirazione cristiana operanti in campo socio-sanitario”.

Infatti tale associazione ha tra i propri scopi statutari (circostanza non contestata dalle controparti e quindi da ritenersi pacifica) specificamente quello di “promuovere una cultura della vita e della salute che … favorisca la comprensione globale, in vista della loro salvaguardia, dei valori, della dignità e dei diritti di ogni individuo umano, in particolare alla luce dei documenti del Magistero ecclesiastico” e quello di “elaborare, proporre e sostenere adeguate politiche socio-sanitarie, affinché siano tutelate e favorite, quali diritti fondamentali, la vita e la salute di ogni soggetto umano dal suo concepimento alla sua morte naturale”; inoltre tra le attività del Forum è ricompresa quella di “denuncia” “alle istituzioni competenti” di “situazioni ed attività che, in campo sanitario, risultino contrarie alla dignità ed ai diritti fondamentali che competono a ogni soggetto umano”.

Infine, per quanto concerne la legittimazione ad intervenire nel presente giudizio del Comitato per la tutela della salute della donna, deve dichiararsi inammissibile il relativo atto di intervento poiché il suddetto Comitato non dimostra in alcun modo se il relativo statuto (non prodotto agli atti del giudizio) elevi a proprio scopo istituzionale la difesa della vita umana fin dal suo concepimento e la salvaguardia del diritto alla vita con riferimento anche alla legislazione c.d. abortista e quindi non fornisce prova alcuna circa il proprio interesse giuridicamente qualificato all’intervento in giudizio ai sensi degli artt. 22 legge n. 1034/1971 e 37 r.d. n. 642/1907.

Nel merito il presente ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione in quanto fondato.

Invero i ricorrenti contestano con l’atto introduttivo la discriminazione operata ai loro danni dalla Regione Puglia e dalla ASL Bari da un lato con la deliberazione di G.R. n. 735/2010, con il Piano Attuativo Locale adottato dalla ASL Bari, con la deliberazione della Giunta Regionale n. 405 del 17.3.2009 nei limiti in cui impediscono l’accesso ai Consultori ai medici ginecologi obiettori, dall’altro con l’atto applicativo (i.e. nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari) nella parte in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”.

Ritiene il Collegio, conformemente alla impostazione seguita da parte ricorrente nel ricorso introduttivo, che la presenza o meno di medici obiettori ex art. 9 legge n. 194/1978 nei Consultori istituiti ai sensi della legge n. 405/1975 sia assolutamente irrilevante, posto che all’interno dei suddetti Consultori non si pratica materialmente l’interruzione volontaria della gravidanza per la quale unicamente opera l’obiezione ai sensi dell’art. 9, comma 3 (l’I.V.G. può, infatti, avvenire esclusivamente nelle strutture a ciò autorizzate di cui all’art. 8 legge n. 194/1978 laddove la donna, convinta di procedere con l’I.V.G., decide di presentarsi), bensì soltanto attività di assistenza psicologica e di informazione/consulenza della gestante (cfr. artt. 2 e 5 legge n. 194/1978) ovvero vengono svolte funzioni di ginecologo (i.e. accertamenti e visite mediche di cui all’art. 5 legge n. 194/1978) che esulano dall’iter abortivo, per le quali non opera l’esonero ex art. 9, e quindi attività e funzioni che qualsiasi medico (obiettore e non) è in grado di svolgere ed è altresì tenuto ad espletare senza che possa invocare l’esonero di cui alla disposizione citata.

Dispone infatti l’art. 5 legge n. 194/1978:

«Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.

Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.

Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.

Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.».

Peraltro l’esonero di cui all’art. 9 legge n. 194/1978 per gli obiettori riguarda esclusivamente le procedure e le attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, non già l’assistenza antecedente e conseguente all’intervento (cfr. in particolare il comma 3 dell’art. 9).

È pur vero che il comma 1 dell’art. 9 sembrerebbe estendere prima facie l’esonero per i medici obiettori all’intera procedura di cui all’art. 5 legge n. 194/1978 e tuttavia una corretta interpretazione sistematica che coordini il comma 1 con il comma 3 della disposizione in commento induce a ritenere che il riferimento all’art. 5 operato dall’art. 9, comma 1 legge n. 194/1978 sia esclusivamente rivolto alla pratica di interruzione volontaria della gravidanza (rectius procedure ed attività specificamente e necessariamente dirette a determinare detta interruzione per le quali indiscutibilmente opera l’esonero che, come visto, non vengono praticate all’interno dei Consultori) e non già all’attività di informazione, consulenza e assistenza psicologica della gestante di cui si è detto in precedenza, né alle funzioni proprie del ginecologo (i.e. accertamenti e visite mediche) che – come detto – esulano dall’iter abortivo e che vengono istituzionalmente svolte dai Consultori familiari.

Ne consegue che anche il medico obiettore legittimamente inserito nella struttura del Consultorio è comunque tenuto all’espletamento di quelle attività istruttorie e consultive (come ad esempio il rilascio del documento attestante lo stato di gravidanza di cui all’art. 5 legge n. 194/1978); per cui la presenza teorica di soli obiettori all’interno del Consultorio – ancora una volta – appare irrilevante ai fini di una corretta doverosa applicazione della legge n. 194/1978.

Pertanto una procedura selettiva che escluda aprioristicamente i medici specialisti obiettori dall’accesso ai Consultori appare, come correttamente evidenziato dai ricorrenti nell’atto introduttivo del presente giudizio, discriminatoria oltre che irrazionale poiché non giustificata da alcuna plausibile ragione oggettiva.

Che il timore di una presenza massiccia di obiettori all’interno del Consultorio possa determinare un’applicazione non corretta della legge n. 194/1978 emerge chiaramente a pag. 10 della memoria difensiva della Regione Puglia depositata in data 14 luglio 2010 ove si afferma:

“… s’è dovuto prendere atto che le denunciate criticità si devono, anche, alla presenza di medici obiettori in molti Consultori i quali, in relazione all’espletamento delle attività di loro pertinenza, non assumono tutti lo stesso atteggiamento. Mentre alcuni (la maggior parte), attenendosi correttamente alla legge, accettano di rilasciare i documenti IVG alle donne che lo richiedano nell’ambito di una “presa in carico globale” dell’intera equipe consultoriale (psicologo, assistente sociale, ostetrica, medico), altri si rifiutano di farlo e spesso si rifiutano anche di inserire gli IUD (spirali) a fini contraccettivi e di prescrivere la contraccezione di emergenza (pillola del giorno dopo), causando anche una inadempienza del servizio consultoriale rispetto alla prevenzione delle IVG pre e post concezionale.”.

E tuttavia non può di certo essere una clausola “espulsiva” e discriminatoria di un bando il mezzo idoneo a prevenire la eventuale commissione di illeciti di rilevanza penale, disciplinare e/o deontologica da parte dei medici obiettori presenti all’interno del Consultorio, anche in considerazione del fatto che comunque i medici obiettori sono tenuti alla corretta applicazione dell’art. 5 legge n. 194/1978 e quindi ad espletare in modo rigoroso e puntuale l’attività di assistenza psicologica e di informazione/consulenza della gestante e le funzioni di ginecologo (i.e. accertamenti e visite mediche) previste dalla disposizione citata.

Detta clausola del bando (rectius nota prot. 242 dell’8.4.2010 denominata “Pubblicazione Turni Vacanti” 1° trimestre 2010 effettuata dal Comitato Consultivo Zonale Medici Specialisti Ambulatoriali Interni della Regione Puglia – Bari), come rilevato da parte ricorrente con argomentazione che questo Collegio ritiene di condividere, viola il principio costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., oltre che i principi posti a fondamento della obiezione di coscienza (i.e. libertà religiosa e di coscienza ex art. 19 Cost. e libertà di manifestazione dei pensiero di cui all’art. 21 Cost.). Contrasta altresì con l’art. 4 Cost. relativo al diritto al lavoro realizzando una inammissibile discriminazione stigmatizzata peraltro dall’art. 3, comma 1, lett. a dlgs n. 216/2003 (“Il principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale secondo le forme previste dall’articolo 4, con specifico riferimento alle seguenti aree: a) accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione; …”).

Specifica il comma 3 della norma in commento (art. 3 dlgs n. 216/2003) che “Nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e purché la finalità sia legittima, nell’ambito del rapporto di lavoro o dell’esercizio dell’attività di impresa, non costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell’articolo 2 quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali, all’handicap, all’età o all’orientamento sessuale di una persona, qualora, per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività medesima.”.

Cionondimeno nel caso di specie, in considerazione di quelle che sono le funzioni in precedenza analizzate cui è istituzionalmente preposto il Consultorio familiare, l’avere o non avere manifestato una specifica convinzione personale attraverso la presentazione ovvero l’omessa presentazione della dichiarazione di obiezione di coscienza ex art. 9 legge n. 194/1978 non costituisce requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività in esame, diversamente da quanto all’opposto accade nelle strutture autorizzate a praticare l’interruzione della gravidanza (laddove, all’opposto, non avrebbe alcuna giustificazione razionale la presenza di obiettori di coscienza).

Pertanto la clausola “espulsiva” del bando di cui alla nota prot. 242 dell’8.4.2010 e più a monte la scelta amministrativa di cui agli atti programmatici presupposti congiuntamente gravati in questa sede (rectius deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010; Piano Attuativo Locale adottato dalla ASL Bari; deliberazione della Giunta Regionale n. 405 del 17.3.2009) di dotare i Consultori di personale che non ha prestato obiezione di coscienza si pongono in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza (il primo di derivazione comunitaria ed operante nel nostro ordinamento in forza del recepimento di cui all’art. 1, comma 1 legge n. 241/1990 come novellato dalla legge n. 15/2005).

In alternativa potrebbe l’amministrazione legittimamente predisporre per il futuro bandi finalizzati alla pubblicazione dei turni vacanti per i singoli Consultori che prevedano una riserva di posti del 50% per medici specialisti che non abbiano prestato obiezione di coscienza ed al tempo stesso una riserva di posti del restante 50% per medici specialisti obiettori. Sarebbe quest’ultima una opzione ragionevole che non si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso introduttivo e per l’effetto l’annullamento sia degli atti programmatici presupposti (i.e. deliberazione della Giunta Regionale n. 735 del 15.3.2010; Piano Attuativo Locale adottato dalla ASL Bari; deliberazione della Giunta Regionale n. 405 del 17.3.2009) nei limiti in cui impediscono l’accesso ai Consultori ai medici ginecologi obiettori, che della nota prot. 242 dell’8.4.2010 nella parte in cui sotto il paragrafo “Ostetricia-Ginecologia” con riferimento ai punti 18) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 2 di Corato e 19) ASL-BA n. 38 ore sett/li DSS n. 14 di Putignano specifica: “Si richiedono specialisti non obiettori di coscienza per attività consultoriali dei Comuni del DSS n. 2 e del DSS n. 14”.

Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.

Va a tal proposito evidenziato che l’impugnazione ed il conseguente annullamento in parte qua del bando di cui alla nota prot. 242 dell’8.4.2010, ove non connessa – come nel caso di specie – all’atto conclusivo della procedura di selezione in contestazione (la stessa ASL Bari nella memoria depositata in data 26 agosto 2010 conferma che, pur essendo stati individuati da parte del Comitato Zonale nel corso della seduta del 9.6.2010 i medici specialisti di branca aventi titolo all’assegnazione dei turni sulla scorta delle domande di disponibilità dagli stessi presentate, i relativi incarichi non sono stati ancora formalizzati e pertanto manca allo stato l’atto conclusivo della procedura), non conoscono controinteressati cui sarebbe dovuto essere notificato il ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 21, comma 1 legge n. 1034/1971, posto che la mera chance di vittoria non è sufficiente a radicare una posizione di controinteresse che si acquisisce solo con l’esito positivo della procedura, procedura che nel caso di specie – come detto – non si è ancora conclusa.

Come ribadito da Cons. Stato, Sez. VI, 30 aprile 2002, n. 2302 “A fronte dell’impugnazione del bando (di concorso o di gara), ovvero di un atto di esclusione dalla procedura selettiva non sono individuabili soggetti che ricavino un beneficio diretto ed immediato, come tali qualificabili come controinteressati.”.

Ed ancora Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 601 ha sottolineato che “Nel processo amministrativo, i controinteressati in senso tecnico devono essere normativamente indicati nel provvedimento impugnato o agevolmente individuabili in base ad esso, per cui nell’impugnativa di un bando di concorso non sono ipotizzabili controinteressati.”.

Pertanto correttamente nella presente fattispecie il ricorso introduttivo non è stato notificato ad alcuno di coloro che possono aver presentato la dichiarazione di disponibilità per quanto concerne i posti nei Consultori nei Comuni di Corato e Putignano.

In sede di esecuzione della presente sentenza l’amministrazione dovrà riaprire i termini di presentazione delle domande di partecipazione per tutti i medici specialisti obiettori che fossero interessati.

In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, così provvede:

1) dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum del Comitato per la tutela della salute della donna;
2) accoglie il ricorso introduttivo e per l’effetto annulla gli atti gravati nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente
Giacinta Serlenga, Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
il 14/09/2010

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/09/2010