Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Novembre 2009

Varie 08 giugno 1998

Conferenza Episcopale Italiana – Comitato per gli enti e i beni ecclesiastici e per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica: “Risposta al quesito circa la nozione giuridica di chiesa nell’ordinamento canonico”, 8 giugno 1998.

Si riscontra la Nota del 10 gennaio 1998 (prot. n. 566 FG/ACC), con la quale codesto On. Ministero, in merito al riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili dell’ente chiesa, pone il quesito se nell’ordinamento canonico può esistere l’ente chiesa senza che il medesimo sia proprietario dell’edificio di culto.

l. L’ordinamento canonico, invero, contiene poche norme al riguardo.

La definizione di chiesa è data dal codice di diritto canonico nel can. 1214: “Col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino, nel quale i fedeli hanno il diritto di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto”.

Analoga definizione era data nel can. 1161 del codice del 1917: “Ecclesiae nomine intelligitur aedes sacra divino cultui dedicata eum potissimum in finem ut omnibus christifidelibus usui sit ad divinum cultum publice exercendum”.

Gli elementi essenziali di una chiesa, senza i quali essa non può sussistere, sono dunque:

a) l’esistenza di un edificio sacro;

b) la dedicazione al culto divino con il rito della “dedicatio” o della “benedictio” prescritto dai libri liturgici (si noti che la costituzione di una chiesa si perfeziona con la dedicazione: non si richiede alcun decreto, essendo sufficiente l’atto liturgico);

c) l’apertura al pubblico: la chiesa si identifica – e si distingue dall’oratorio – proprio per la circostanza che è destinata al culto pubblico per tutti i fedeli e non soltanto per una comunità o un gruppo determinato.

2. Il codice del 1917 riconosceva “ex iure” le chiese come persone morali non collegiali (Cf. can. 99).

La dottrina ha posto esplicitamente il quesito di quale fosse il substrato formalmente costitutivo della chiesa come persona giuridica, cioè l’entità cui sono attribuiti i beni e i diritti, ed appariva piuttosto divisa al riguardo.

Il Petroncelli, ad esempio, vedeva come elemento costitutivo dell’ente chiesa l’ufficio del rettore. Altri invece consideravano la chiesa piuttosto come una fondazione, cioè una massa patrimoniale di beni destinati alla manutenzione ed officiatura dell’edificio sacro (Jemolo). Altri ancora (Michiels) configuravano l’ente chiesa come soggetto giuridico avente quale substrato materiale necessario l’edificio sacro, che con l’erezione dell’ente diventa per ciò stesso proprietà del medesimo.

La dottrina canonistica più comune considerava e considera in ogni caso l’ente chiesa come una universitas rerum ben diversa da una semplice fondazione, per la circostanza che essa comprende non soltanto i beni materiali necessari, ma anche beni spirituali, cioè la tradizione di culto in un certo luogo, e che è governata dal rettore il quale promuove l’esercizio del culto (cf. cann. 115, § 3; 556; 561-562 del vigente codice).

La dottrina canonistica ha affermato costantemente che la chiesa diventa persona giuridica con il rito della dedicazione per disposizione stessa del diritto, senza necessità di alcun formale decreto: “peracta dedicatione ecclesia fit persona juridica” (v. per tutti Vermeersch – Creusen, Epitome juris canonici, Malines, 1954, n. 482). Ciò vuol dire che l’ordinamento canonico, mentre dava alcune regole per procedere legittimamente alla dedicazione, non prevedeva requisiti diversi dalla dedicazione stessa, come ad esempio la proprietà dell’edificio sacro, per riconoscere la personalità giuridica alla chiesa dedicata.

3. La disposizione del can. 99 del codice del 1917, che recensisce le chiese tra le persone morali “ex iure”, non è più esplicitamente enunciata nel codice di diritto canonico del 1983.

L’Istruzione in materia amministrativa, emanata dalla CEI il 1° aprile 1992 dopo essere stata esaminata e approvata dal competente Dicastero della Santa Sede (Congregazione per il Clero), suggerisce quindi di conferire con decreto la personalità giuridica alla chiesa (Cf. art.93). Ciò peraltro non cambia la nozione di chiesa tradizionale nel diritto canonico, come si può notare dal raffronto tra i due testi del 1917 e del 1983 sopra richiamati.

Anche il codice vigente non contiene alcuna disposizione che preveda la proprietà dell’edificio sacro come requisito per l’erezione dell’ente chiesa.

Piuttosto, dal can. 1222, § 2 sembra emergere un indizio che esclude la necessità della proprietà dell’edificio: per destinare una chiesa ad uso profano non indecoroso, il Vescovo diocesano abbisogna del consenso “eorum, qui iura in eadem sibi legitime vindicent”. Il “Comentario exégetico al codigo de derecho canónico” (1997) indica a titolo esemplificativo come possibile soggetto rivendicante un diritto sulla chiesa “una asociación de fieles que sea su proprietaria” (vol. III/2, p. 1828), con ciò ipotizzando che il proprietario dell’edificio possa non coincidere con l’eventuale ente chiesa.

4. Considerando che l’ente chiesa è il soggetto che assicura i diritti dei fedeli riguardanti l’esercizio del culto in un determinato luogo, appare evidente che il diritto di proprietà sull’edificio sacro è di per sé la forma migliore e più efficace per garantire nel tempo la conservazione del luogo di culto; si può anche affermare che il diritto di proprietà in capo all’ente chiesa è il caso di fatto più comune, non però che sia l’unica fattispecie possibile. La citata Istruzione della CEI, nell’art.92, formula le diverse ipotesi che si possono verificare al riguardo; e nell’art.101 dichiara: “Nel caso che l’edificio di culto e locali annessi non siano di proprietà dell’ente chiesa si rende necessaria una convenzione tra il soggetto proprietario e l’ente chiesa per la concessione in uso dell’edificio di culto e locali annessi, alle condizioni da determinarsi”.

Occorre tener conto che il diritto canonico ha come destinatari i fedeli e pertanto è comprensibile che consideri esclusivamente la dedicazione al culto come elemento che vincola tutti i soggetti dell’ordinamento al rispetto delle norme sull’edificio sacro e non prenda in considerazione l’elemento della proprietà in relazione alla costituzione dell’ente chiesa.

5. In conclusione, sembra corretto formulare la seguente risposta al quesito: la dottrina canonistica laica e quella ecclesiastica ritengono plausibile il riconoscimento giuridico dell’ente chiesa prescindendo dalla proprietà dell’edificio sacro; la canonistica ecclesiastica non affronta espressamente la questione, pur lasciando intravedere la problematicità della distinzione. E’ lecito pertanto concludere che l’ente chiesa può essere eretto anche quand’esso non abbia il diritto di proprietà sull’edificio sacro; mentre appare ovvio che lo stesso ente non può esistere senza che si dia in ogni caso, come substrato, un edificio dedicato al culto secondo le norme liturgiche.