Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 06 novembre 1996

Il fatto di aver bestemmiato in pubblico contro la Madonna non è più
previsto dalla legge come reato dopo la modificazione dell’art. 724
I comma cp. da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 440
del 1995, perciò l’imputato deve essere assolto con la formula
secondo la quale “il fatto non è previsto dalla legge come reato”
non potendo tale offesa rientrare nel reato di turpiloquio (art. 726
c.p.) in quanto il disvalore penale di siffatta condotta rientra
esclusivamente nell’ambito del modificato art. 724 c.p.

Ordinanza 20 marzo 1970

Il legislatore, inserendo in bestemmia tra le contravvenzioni
concernenti la polizia dei costumi, non ha inteso tutelare la
religione cattolica, bensì solo il sentimento religioso dei cittadini
cattolici, che non deve essere turbato dall’altrui leggerezza o
cattiva educazione. L’art. 724, 1 comma, codice penale punisce non
colui che bestemmiando intenda dileggiare la religione cattolica
tramite i suoi simboli (fattispecie che configura il reato di
vilipendio previsto dall’art. 402 cod. pen.), ma solo il soggetto
che, incurante del sentimento religioso dei cattolici, inveisce contro
la Divinità e i simboli della religione da costoro professata. Tale
disciplina opera una non giustificata discriminazione tra i cittadini
poiché lascia indifeso il sentimento religioso dei cittadini
professanti altra religione diversa dalla cattolica. Si deve perciò
ritenere che la norma in questione si pone in evidente contrasto con
l’art. 3 della Costituzione.

Sentenza 26 marzo 1991, n.489

Pret. Firenze. Sentenza 26 marzo 1991 [Drago, Pret.; Consigli c. Congregazione dei chierici regolari di San Paolo] : “Comportamenti extralavorativi e potere di licenziamento nelle organizzazioni di tendenza dopo la l. 108/90″. Le organizzazioni di tendenza hanno carattere imprenditoriale quando svolgono attività anche solo potenzialmente produttive di utili. Il licenziamento intimato per comportamento contrario all’ideologia […]

Sentenza 15 maggio 1998, n.465

I rapporti di lavoro con le Comunità ebraiche italiane, instaurati
precedentemente alla legge di recepimento dell’Intesa del 1989 e
successivamente proseguiti, sono qualificabili come rapporti di
diritto privato; la natura di persone giuridiche private di dette
Comunità emerge,infatti, dalla legge Legge n. 101 del 1989 e dalla
successiva sentenza della Corte Costituzionale n. 259 del 25 maggio
1990, la quale – in particolare – ha dichiarato l’illegittimità delle
norme del R.D. n. 1731 del 1930, attributive della natura di ente
pubblico non economico alle Comunità ebraiche italiane. Da ciò
consegue l’obbligo per queste ultime, relativamente ai rapporti di
lavoro subordinato in atto, quand’anche sorti precedentemente alla
suddetta intesa, di provvedere al versamento dei contributi al fondo
di previdenza dei lavoratori dipendenti.

Ordinanza 06 dicembre 1995, n.529

Pretura di Trento. Sezione distaccata di Borgo Valsugana. Ordinanza 6 dicembre 1995, n. 529. Il pretore Letti gli atti del procedimento penale a carico di X.X., nato a XXXXX il XXXXXX ed ivi residente in via XXXXX e X.X., nato a XXXX il XXXXXX, ed ivi residente, via XXXXXXX; imputati “dei reati p. e p. […]

Sentenza 06 aprile 1993, n.136

Non è dubbia l’applicabilità dell’art. 659 c.p. al caso di abuso
nel suono delle campane, ricadendo queste ultime nella categoria degli
“strumenti sonori” di cui al citato articolo. La legittimità
dell’uso delle campane trova il proprio limite nelle leggi poste a
tutela dei diritti inviolabili e costituzionalmente sanciti dei
consociati. Deve pertanto farsi riferimento a tali diritti per
delineare la cornice entro cui può svolgersi la libertà di culto. Il
suono delle campane non è identificabile con il concetto di “rumore”
ex allegato A) del DPCM 1º marzo 1991, e il semplice superamento dei
limiti ivi indicati non integra di per sé il reato di cui all’art.
659 c.p. Dovrà piuttosto farsi riferimento al concetto di “normale
tollerabilità” (inteso in senso oggettivo e tenendo conto della
condizione dei luoghi) e alla verifica di un corretto uso
dell’impianto. L’ordinanza sindacale fondata sull’erroneo
presupposto dell’applicabilità del DPCM 1º marzo 1991, e priva di
contenuto discrezionale, è affetta da vizio rilevabile dal giudice
ordinario, e la mancata ottemperanza ad essa importa assoluzione per
insussistenza del fatto rispetto all’ipotesi di cui all’art. 650
c.p.

Sentenza 27 febbraio 1992, n.1347

Sussiste la finalità di lucro sotto il profilo oggettivo, allorché
una Congregazione religiosa (nella specie: quella delle Suore
Domenicane) gestisce con criteri imprenditoriali una Casa di Cura che
offre un servizio di assistenza sanitaria a chiunque chieda di essere
ricoverato, dietro il pagamento di rette di degenza, annualmente
indicizzate e non comprensive dei costi delle operazioni da
determinarsi, questi ultimi, con i singoli chirurghi. In tale ottica
gestionale, la predetta Congregazione deve essere considerata
“imprenditore” e la clinica da essa gestita va correttamente
inquadrata nella tipologia delle “aziende commerciali”. Con la
conseguenza dell’assoggettamento alla normativa sugli assegni
familiari ex art. 33 L. 797/1955, non ricorrendo nemmeno l’esonero
di cui al D.L. n. 663/79, convertito con la L. n. 33/80.

Decreto 30 marzo 1994

Poiché deve ritenersi la nullità del lodo pronunciato da persona
giuridica in qualità di arbitro e della clausola compromissoria che
demanda l’arbitrato a una tale entità soggettiva, va rifiutato il
riconoscimento e l’esecutorietà del lodo medesimo.

Ordinanza 21 maggio 1993, n.439

Pretura Civitacastellana. Ordinanza 21 Maggio 1993, n. 439 Il Pretore Rilevato che l’eccezione di incostituzionalità della difesa – dell’art. 7 bis della legge n. 39/1990 in relazione all’art. 8, terzo comma, del d.-l. n. 107/1993 per contrasto con l’art. 29 della Costituzione della Repubblica – non appare manifestamente infondata, in quanto l’espulsione dell’arrestato Kolrnovic Elez […]

Sentenza 18 febbraio 1994, n.4638

Chi abbandona lo stato di vita religiosa non vanta alcun diritto di
carattere patrimoniale nei confronti dell’Istituto di appartenenza
per le attività svolte: in primis, perché non sussiste tra le parti
un rapporto di lavoro subordinato; in secondo luogo, perché il can.
702 c.j.c. – a tenore del quale l’Istituto religioso di appartenenza
deve trattare con equità e con carità evangelica il religioso che
abbandona l’abito, è una norma priva di valenza precettiva.