Decisione 06 dicembre 2013, n.3
Consiglio dei Ministri: Libertà di pensiero, coscienza, religione o credo
Data:
06 dicembre 2013
Autore:
Argomento:
Parole chiave:
File PDF: 6258-decisione-06-dicembre-2013-n-3.pdf
Dopo diversi anni in cui non era stato possibile raggiungere il consensus su nuovi impegni
della c.d. dimensione umana, l’ultima Ministeriale
dell’OSCE ha adottato – tra le altre – la decisione
n. 3/13 sulla libertà di pensiero, coscienza, religione o
credo.
Con tale decisione il Consiglio dei Ministri ha richiamato e riaffermato gli impegni precedentemente assunti dalla CSCE/OSCE, invitando agli Stati partecipanti a svolgere diverse azioni al fine di rispettare, tutelare e garantire la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo.
Tra queste azioni che gli Stati partecipanti sono invitati a intraprendere, alcune presentano tratti di novità rispetto ai precedenti commitments OSCE. Esse sono:
- la promozione e facilitazione del dialogo interreligioso;
- l’incoraggiamento ad includere le comunità religiose nel dibattito pubblico;
- la promozione del dialogo tra comunità religiose ed organismi governativi;
- l’adozione di politiche atte a promuovere il rispetto e la protezione delle religious properties (così configurando in capo agli Stati partecipanti una positive obligation in tal senso).
[Si ringrazia per la segnalazione del documento e il relativo Abstract Mattia F. Ferrero, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]
Con tale decisione il Consiglio dei Ministri ha richiamato e riaffermato gli impegni precedentemente assunti dalla CSCE/OSCE, invitando agli Stati partecipanti a svolgere diverse azioni al fine di rispettare, tutelare e garantire la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo.
Tra queste azioni che gli Stati partecipanti sono invitati a intraprendere, alcune presentano tratti di novità rispetto ai precedenti commitments OSCE. Esse sono:
- la promozione e facilitazione del dialogo interreligioso;
- l’incoraggiamento ad includere le comunità religiose nel dibattito pubblico;
- la promozione del dialogo tra comunità religiose ed organismi governativi;
- l’adozione di politiche atte a promuovere il rispetto e la protezione delle religious properties (così configurando in capo agli Stati partecipanti una positive obligation in tal senso).
[Si ringrazia per la segnalazione del documento e il relativo Abstract Mattia F. Ferrero, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]