Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 21 Maggio 2012

Parere 02 maggio 2012, n.2064


Consiglio di Stato. Sezione I. Parere 2 maggio 2012, n. 2064: Natura giuridica dell’ente Cappella del Tesoro di San Gennaro di Napoli.

Consiglio di Stato – Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 14 marzo 2012

NUMERO AFFARE 01777/2011

OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesito sulla natura giuridica dell’ente Cappella del Tesoro di San Gennaro in Napoli.

LA SEZIONE

Vista la relazione, 26 aprile 2011 prot. 0001084, con la quale il ministero dell’interno ha posto al Consiglio di Stato il quesito sopra indicato;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco D’Ottavi.

Premesso:

Il richiedente ministero nella relazione premette che con decreto del presidente della repubblica 13 febbraio 1987, n. 33, recante il regolamento d’attuazione della legge 20 maggio 1985 n. 222, è stata disciplinata la nomina del Consiglio d’amministrazione delle fabbricerie, alle quali cui questo Consiglio di Stato, con parere n. 289 del 28 settembre 2000 reso da una commissione speciale, ha riconosciuto “natura essenzialmente privatistica”.

Peraltro, per un’antica consuetudine che trova radice nella storia, dall’applicazione di tale normativa è sottratta la nomina dei membri dell’organo che amministra l’ente Cappella di San Gennaro di Napoli. Tale inveterata esenzione coinvolge tanto la procedura di nomina dei componenti dell’organismo di amministrazione quanto la composizione dello stesso. In proposito l’ente sostiene che la Cappella non rientri nella categoria delle fabbricerie e, poiché l’individuazione della sua natura giuridica è propedeutica all’ormai improcrastinabile rinnovo dello statuto, si rende necessaria l’acquisizione di un parere sulla qualificazione giuridica dell’ente.

Al riguardo il ministero rileva che l’origine storica della Cappella di San Gennaro a Napoli risale al XVI secolo, quando coloro che furono eletti rappresentanti dei “sedili” (corrispondenti ai rioni nei quali era strutturata all’epoca l’amministrazione cittadina), in ragione di dieci deputati nobili, appartenenti alle famiglie annotate nel “libro d’oro”, e due del popolo, assunsero, con atto notarile del 13 gennaio 1527, l’impegno di costruire e dotare una cappella per la custodia delle reliquie di san Gennaro. In base a tale atto i rappresentanti riservarono a sé, in perpetuo, la proprietà dell’edificio, l’amministrazione ed il governo della Cappella, nonché la presentazione, la conferma e la rimozione dei cappellani; il diritto di patronato sulla Cappella fu riconosciuto alla città di Napoli con la bolla del 10 marzo 1605 dipPapa Paolo V e fu confermato con le successive bolle del 1635, di papa Urbano VIII, e del 1927, di papa Pio XI.

Sempre sotto il profilo storico viene poi osservato che con il primo statuto, adottato dall’ente in data 13 novembre 1659, fu espressamente stabilito che l’amministrazione della Cappella fosse riservata esclusivamente alla città di Napoli e tenuta, per essa, dai rappresentanti dei “sedili”; con decreto di Gioacchino Napoleone, re delle Due Sicilie, 23 gennaio 1811 n. 867; la deputazione dell’ente fu posta sotto la presidenza del Sindaco di Napoli e la competenza del controllo dello stato attivo e passivo dell’amministrazione della Cappella fu affidata al ministro degli affari esteri.

Viene poi rappresentato che successivamente l’ente, in considerazione della sua specialità, fu esentato sia dalla soppressione operata dalle leggi del periodo napoleonico, che da quella disposta con decreto luogotenenziale del 18 maggio 1861.

Lo statuto aggiornato ed approvato con regio decreto del 7 giugno 1894 e il relativo regolamento, adottato con decreto ministeriale del 23 gennaio 1926, recano l’ordinamento della Cappella ancora oggi vigente.

In forza di tali disposizioni, la Cappella venne posta alle dipendenze del ministero di grazia, giustizia e degli affari di culto, con esclusione di ogni dipendenza dall’autorità ecclesiastica.

Quindi, per effetto delle riforme seguite al Concordato lateranense, nel 1932 tutte le attribuzioni in materia ecclesiastica e quindi anche le vicende della Cappella furono trasferite al ministero dell’interno.

Sempre in base all’ordinamento della Cappella, all’amministrazione dell’Ente è tuttora preposta una deputazione di dodici membri rappresentanti le famiglie degli antichi sedili cittadini, nominati allora dal re ed oggi con decreto del ministro dell’interno, su deliberazione della deputazione; ciascuno dei “deputati” resta in carica per quattro anni ed è rieleggibile; l’organo collegiale viene, invece, rinnovato per quote annuali pari ad un quarto della deputazione, per cui ogni anno viene eletta una terna di rappresentanti.

Da ultimo, con decreto del ministro dell’interno del 5 gennaio 2004 è stata attestata la personalità giuridica civile dell’ente per “antico possesso” e, di recente, la prefettura di Napoli ha evidenziato la necessità di aggiornare lo statuto, risalente al 1894, per adeguarlo alle disposizioni della vigente normativa.

Tutto ciò premesso il ministero rileva che, pur condividendo la necessità di procedere al richiesto aggiornamento statutario, l’ente ha rappresentato l’esigenza di “chiarire la propria natura giuridica”, ritenendo di poter essere collocato nel novero degli enti fondazionali morali di natura pubblicistica. In proposito ha sostenuto che la propria “peculiarità identitaria….e l’atipicità dei connotati … lo sottraggono ad ogni riferibilità alla disciplina pattizia di cui alla legge n. 222/85 e, quindi, all’accostamento analogico alla figura giuscanonistica delle Fabbricerie”; sempre a sostegno di tale tesi, l’Ente ha osservato che “il processo di adeguamento dello Statuto non può che fondarsi sul sano tentativo di contemperare il carattere estremamente precipuo dei fondamenti esegetici e teleologici dell’ente stesso e le giuste esigenze di dotarlo di uno Statuto opportunamente sincronico all’attuale quadro normativo generale”; a tale fine ha altresì rilevato che la collocazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro tra gli enti di natura fondazionale “discende dalla obiettiva disamina degli eventi che son all’origine stessa della nascita e vita dell’ente e, per di più, consente un’armonica conservazione dei suoi caratteri di maggiore tradizione storica, tra i quali, non da ultimo, i criteri d’elezione che presiedono alla nomina dei componenti del suo organo collegiale di amministrazione”.

Viceversa il ministero rappresenta come l’ente abbia il medesimo scopo, finalità e funzioni di una fabbriceria e che, pertanto, abbia anch’esso natura giuridica privatistica; infatti, se è vero che la nomina dei membri della deputazione, la sua composizione numerica, le modalità di elezione, nonché la nomina del presidente differiscono dalla fattispecie tipicizzata dalla vigente normativa sulle fabbricerie, è altresì vero che gli scopi perseguiti dall’ente, individuati dall’art. 12 dello statuto nella “amministrazione dei beni della Cappella e nomina del personale della Cappella e della Chiesa, del Duomo, dell’Oratorio nella Villa alla Due Porte e della Segreteria”, coincidono con gli scopi propri delle fabbricerie indicati dall’art. 37, D.P.R. n. 33 del 1987; in tal senso, a suo tempo, il 18 giugno 1929, si è espresso, con apposito parere, il procuratore generale del re presso il tribunale di Napoli, secondo cui “se nel dispaccio ministeriale del 18 maggio 1861 si credette parlare di istituzione sui generis, la Cappella del tesoro di San Gennaro non perdette nulla del suo carattere funzionale di fabbriceria. D’altronde come è stato ritenuto, per Fabbricerie debbono ritenersi non soltanto quelle che hanno tal nome, ma anche gli altri istituti od Enti per i quali – come per la Cappella di San Gennaro – fu stabilito un particolare metodo di amministrazione dei propri beni. Ma c’è di più: l’Ente di cui ci occupiamo conservò sempre, attraverso i secoli, la denominazione di Cappella: e “Cappelle” appunto si chiamavano nelle provincie napoletane le fabbricerie, come in Sicilia “Maramme” ed “Opere” in Toscana”.

Né può non considerarsi che è riscontrabile, anche nel caso dell’ente, la tipica connotazione che le fabbricerie assumono nel nostro ordinamento, caratterizzandosi come enti che, pur amministrando beni ed edifici ecclesiastici, non sono enti ecclesiastici in senso stretto ed operano “senza alcuna ingerenza nei servizi di culto”; pertanto, nel caso di specie, secondo il ministero, dovrebbe trovare applicazione il generale principio dell’ubi eadem ratio, ibi eadem dispositio, tanto più che nell’attuale ordinamento non si rinviene alcuna disposizione normativa espressamente finalizzata a disciplinare il funzionamento dell’ente Cappella di San Gennaro.

Su tale contrapposta valutazione è stato chiesto il parere.

Nell’adunanza dell’8 giugno 2011 la Sezione, stanti le implicazioni di carattere generale e le loro potenziali ricadute nel delicato assetto delle attività aventi comunque una possibile rilevanza ecclesiastica riteneva opportuna l’acquisizione di apposito avviso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento degli affari giuridici e legislativi.

Il ministero ha adempiuto dandone comunicazione con nota del 15 gennaio 2012, con cui ha qui trasmesso copia del parere reso in data 25 novembre 2011 dalla commissione governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’accordo tra Italia e Santa Sede; in tale parere la commissione, dopo analitica ricostruzione del contesto normativo, concorda sostanzialmente con l’avviso del ministero, suggerendo peraltro che in sede di revisione dello statuto si tenga conto “della tradizione storica e della atipica configurazione della Cappella lasciando il numero dei componenti del Consiglio d’Amministrazione (Deputazione) a 12 unità. Si potrà anche prevedere nel nuovo Statuto che il Ministro dell’Interno nel nominare tali componenti per un triennio tenga conto della storica configurazione della Deputazione, oltre che delle indicazioni di cui all’art. 35, comma 1, del D.P.R. n. 33/87. Si potrà inoltre disporre nello Statuto che il Sindaco di Napoli, che è anche patrono della Cappella in rappresentanza della città, sia membro della Deputazione stessa e suo Presidente; resta, comunque, al Ministero dell’Interno, “conclude il parere”, il compito di valutare, prima della sua approvazione, il nuovo Statuto che la Deputazione dovrà presentare nel rispetto della vigente normativa in tema di fabbricerie”.

Considerato:

Come riportato nella dettagliata relazione sopra sinteticamente esposta, viene richiesta una valutazione ricognitiva sulla natura giuridica dell’ente Cappella del Tesoro di San Gennaro di Napoli; in particolare, in considerazione del rinnovo dello Statuto dell’ente si contrappone la qualificazione giuridica prospettata dall’ente medesimo, secondo, cui l’atipicità del soggetto lo farebbe collocare nel novero degli enti fondazionali morali di natura pubblicistica sottraendolo alla configurazione giuscanonistica delle fabbricerie, e quella propugnata dal richiedente Ministero, per cui l’attività e le finalità dell’ente in questione coincidono con quelle tipiche delle fabbricerie.

In proposito la Sezione rileva che effettivamente, come risulta dall’analitica documentazione prodotta (cfr. per es. le bolle pontificie del 1605, del 1635, del 1927 ecc.), l’ente, che riveste notevole importanza nella storia religiosa e culturale della Città di Napoli, ha avuto un’origine e quindi una storia del tutto particolari, mantenendo la sua tipicità amministrativa e regolatoria pur nel succedersi secolare dei vari ordinamenti.

Peraltro, ad avviso della Sezione proprio analizzando criticamente e finalisticamente la documentazione di riferimento, si deve convenire che tale riconosciuta tipicità trovava una giustificazione di carattere generale, nella pur riconosciuta necessità di mantenere l’autonomo assetto dell’ente.

Infatti, negli ordinamenti precedenti, in assenza di una disciplina generale che garantisse in maniera uniforme l’attività sociale e religiosa svolta da enti riconosciuti dalla Chiesa cattolica, era necessario ricondurre tali enti alla “tipicità” particolaristica della loro caratteristiche e finalità che assicurasse sia la loro autonomia sia l’integrità, nel tempo, dei loro patrimoni per garantire l’attuazione delle loro specifiche finalità.

Tuttavia, e in questo quadro ad avviso della Sezione va risolto il prospettato quesito, si deve valutare se tale tipicità (meglio: la “tipicità che nei secoli aveva consentito una specifica normativizzazione), sia attualmente in contrasto con la disciplina generale delle fabbricerie, nel senso che si distingua da questa e richieda tuttora una regolazione particolare.

Ritiene la Sezione che al di là dei retaggi e delle tradizioni storiche che trovano, o meglio trovavano, una loro peculiare giustificazione in assetti socio-economico-culturali del tutto diversi da quelli attuali, l’esatta individuazione della natura giuridica dell’ente in questione non può che derivare da un’attenta valutazione delle attività svolte; nella specie tali attività, come risulta dall’allegata documentazione, coincidono con le finalità proprie perseguite dalla fabbricerie così come previste dalla specifica normativa di cui all’art. 37 del D.P.R. 13 febbraio 1987, n 33 (e anche dalle leggi 20 maggio 1985 n. 222 e 27 maggio 1929 n. 848). Né a contrario può ritenersi che un’antica tradizione storica, che, come considerato, trovava la sua ragione d’essere in un diverso assetto socio-economico-culturale, sia di per sé sufficiente a derogare dall’applicazione della normativa comune e generale, normativa che viceversa, trova la sua indifferenziata applicazione nell’ordinamento attuale, solo in ragione delle oggettive finalità ed attività perseguite dall’ente.

Tale valutazione, che in generale fa rientrare l’ente nella configurazione comune della fabbricerie di cui alla menzionata normativa generale è conforme non solo alla riscontrata qualificazione dell’attività esercitata, ma con essa all’esigenza fondamentale dell’ordinamento attuale di ricondurre le tipologie particolaristiche di sopravvenienze extra ordinem, di puro retaggio storico, alla conforme generale previsione normativa.

Tale conclusione è confortata anche dal contenuto del menzionato parere reso dalla commissione governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’accordo Italia – Santa Sede.

Peraltro, in linea con quanto suggerito dalla medesima commissione, condiviso dalla Sezione, si dovrà, nel rispetto della pacifica applicazione della normativa generale, tenere opportunamente conto, in sede di revisione dello statuto, della tradizione storica e dell’atipicità della Cappella con particolare riguardo alle specifiche indicazioni al riguardo svolte dalla commissione; indicazioni che opportunamente consentono da un lato di inserire l’ente nell’ambito della generale applicazione della richiamata vigente normativa in tema di fabbricerie e, dall’altro, di rispettare, ove possibile, il contesto storico culturale dell’ente medesimo.

È ovvio che la legittimità della revisione statutaria in conformità con le considerazioni svolte sarà ovviamente valutata dal competente richiedente ministero sulla base della calibrata attuazione dei menzionati parametri di riferimento: da un lato l’esigenza primaria del rispetto dell’applicazione della normativa generale e comune, e dall’altro quella, pur rilevante, del mantenimento, ove compatibile, delle tradizioni storico-culturali.

P.Q.M.

nelle considerazioni che precedono è il parere del Consiglio di Stato.

IL PRESIDENTE
Raffaele Carboni

L'ESTENSORE
Francesco D'Ottavi

IL SEGRETARIO
Gabriella Allegrini