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    Sentenza 08 febbraio 2017, n.3315

    Matrimonio concordatario e convivenza ultratriennale

    Data: 08 febbraio 2017
    Autore:
    Corte di Cassazione - Civile
    Argomento:
    Confessioni religiose, Libertà religiosa, Matrimonio, Famiglia, Laicità, Chiesa cattolica, Delibazione
    Dossier:
    Chiesa cattolica, Confessioni religiose
    Nazione:
    Italia
    Parole chiave:
    Matrimonio concordatario, Sentenza ecclesiastica di nullità, Delibazione, Convivenza ultratriennale, Prova contraria a carico della parte che agisce per ottenere la delibazione della sentenza
    Il requisito della convivenza ultratriennale dei coniugi, dopo la celebrazione del matrimonio, che, nella specie, ha costituito l'oggetto di specifica eccezione della parte ricorrente, può e deve essere smentito solo da una "prova contraria" "a carico" di chi agisce per la delibazione della sentenza di nullità del matrimonio concordatario, una volta che sia incontestata la fissazione di una comune residenza anagrafica dei coniugi e la volontà di instaurare un rapporto coniugale effettivo.

    Corte di Cassazione, sentenza 8 febbraio 2017, n. 3315: "Matrimonio concordatario e convivenza ultratriennale"

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE PRIMA CIVILE

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
    Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
    Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
    Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
    Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA

    sul ricorso proposto da:
    M.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Germanico 197, presso lo studio dell'avv. Gian Vito Ranieri dal quale è rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
    con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni relative al processo presso il fax 0742/329392 e la p.e.c. gianvito.ranieri(at)avvocatiperugiapec.it;
    – ricorrente –

    nei confronti di:
    N.E.;
    – intimata –

    avverso la sentenza n. 55/2015 della Corte d'appello di Perugia emessa in data 8 gennaio 2015 e depositata il 24 gennaio 2015, R.G. n. 373/2013;
    sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

    FATTO E DIRITTO

    Rilevato che:

    1. La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 55/2015, ha respinto la domanda, proposta da M.M., di riconoscimento in Italia dell'efficacia della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario con N.E. celebrato in (OMISSIS). Nella motivazione la Corte distrettuale umbra ha richiamato la sentenza n. 16379/2014 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione e ha rilevato che la convivenza fra i coniugi è durata stabilmente dalla data di celebrazione del matrimonio sino al 2009.

    2. Ricorre per cassazione M.M. affidandosi a cinque motivi di impugnazione.

    3. Con il primo motivo il ricorrente deduce la falsa applicazione dell'art. 797 c.p.c., comma 1, n. 7, anche alla luce della sentenza n. 16379/2014 delle S.U. della Corte di Cassazione e rileva che la convivenza ultratriennale non è stata caratterizzata, come si evince dal riscontro della motivazione della pronuncia di nullità del matrimonio, da quel requisito di continuità e stabilità che la citata sentenza delle Sezioni Unite ha affermato come presupposto necessario per escludere la possibilità del riconoscimento della sentenza della giurisdizione ecclesiastica.

    4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti e cioè la peculiarità della convivenza fra i coniugi M. e N. che porta ad escludere i predetti requisiti di continuità e stabilità come pure l'esistenza di un reale progetto di vita in comune.

    5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 3 Cost., (principio di ragionevolezza) nonchè dell'art. 7 Cost., e dell'art. 8 del Concordato Lateranense. Secondo il ricorrente la Corte di appello, nel negare la delibazione per il solo fatto della convivenza dopo le nozze senza alcuna indagine sui caratteri specifici di tale convivenza ha commesso una violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.. Inoltre l'attribuzione di una efficacia ostativa assoluta al dato fattuale della convivenza ultratriennale dei coniugi dopo il matrimonio comporta una esclusione del riconoscimento della pronuncia ecclesiastica di nullità senza alcuna considerazione circa la stabilità, continuità, il legittimo affidamento, la responsabilità della convivenza che non può non ritenersi in contrasto con l'art. 7 Cost., in relazione all'art. 8 del Concordato Lateranense.

    6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 112 c.p.c. (corrispondenza fra chiesto e pronunciato) nonchè dell'art. 2697 c.c. (onere della prova) anche alla luce della sentenza delle S.U. n. 16379/2014. Il ricorrente ritiene che, essendosi la controparte limitata a eccepire la convivenza coniugale e la nascita dei figli senza dedurre e provare i fatti e i comportamenti specifici che attestano l'esistenza dei requisiti di stabilità e affidamento necessari per integrare una situazione giuridica di ordine pubblico, la Corte non avrebbe potuto rigettare la richiesta di riconoscimento della sentenza ecclesiastica violando così i principi della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato.

    7. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Il ricorrente ritiene che la motivazione della Corte di appello, limitata al richiamo della più volte citata sentenza delle S.U. e alla mera constatazione della durata ultratriennale della convivenza matrimoniale, non consente di ritenere la decisione conforme ai principi che regolano la motivazione.

    Ritenuto che:

    8. I cinque motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e si dimostrano infondati.

    9. Il requisito della convivenza ultratriennale dei coniugi, dopo la celebrazione del matrimonio, che, nella specie, ha costituito l'oggetto di specifica eccezione da parte della N., può e deve essere smentito solo da una prova contraria a carico di chi agisce per il riconoscimento della sentenza di nullità del matrimonio concordatario una volta che sia incontestata la fissazione di una comune residenza anagrafica dei coniugi e la volontà di instaurare un rapporto coniugale effettivo.

    10. Nessun elemento di prova desumibile dal testo della sentenza ecclesiastica ha consentito alla Corte di appello di affermare il carattere fittizio della residenza comune dei coniugi mentre le deposizioni raccolte, nel corso del giudizio di annullamento davanti al tribunale ecclesiastico, attestano, al contrario la effettività della convivenza dei coniugi dal 2003 al 2009. Non può ritenersi pertanto rilevante la circostanza per cui tale convivenza sia stata intervallata da periodi di allontanamento della N. dettati dalla necessità di visitare e assistere i propri familiari nel suo paese natio. Nè può ritenersi rilevante il carattere problematico del rapporto coniugale dato che quello che rileva è la effettività del rapporto coniugale dopo la celebrazione del matrimonio, l'effettivo attuarsi del rapporto coniugale che, nella specie, la Corte di appello ha correttamente ritenuto provato sulla base della comune convivenza e della nascita dei figli ritenendo pertanto destituita di fondamento la affermazione del ricorrente secondo cui i coniugi non avrebbero avuto e attuato alcun progetto di vita in comune.

    11. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.

    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione.

    Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

    Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 novembre 2016.

    Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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