Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 4 Dicembre 2003

Sentenza 12 luglio 1995, n.427

Tribunale civile di Forlì. Sentenza 12 luglio 1995, n. 427.

(Iuzzolino; Ghedini)

Motivi della decisione

(omissis)

Entrambi i coniugi hanno formulato domanda di addebito della separazione all’altro partner; la moglie, nell’individuare le eventuali responsabilità del marito, afferma che il marito non ha provveduto alle necessità economiche della famiglia (pag. 15 prima comparsa di costituzione), mentre il ricorrente lamenta che il ritorno della moglie alla religione geovista, dopo un temporaneo abbandono all’epoca del matrimonio, ha reso la convivenza intollerabile.

Va sottolineato che Budini Francesca non ha mai negato di seguire la fede geovista, ma ha affermato di essersene temporaneamente allontanata per accondiscenza verso il fidanzato in prossimità delle nozze; la circostanza della appartenenza della compagna alla religione di Geova era del resto nota all’attore fin dall’inizio del rapporto.

Il nostro ordinamento, laico ed aconfessionale, non protegge alcuna religione in particolare né ne preferisce qualcuna rispetto ad altre, ma piuttosto sancisce il diritto costituzionale di ciascuno a professare la religione che piú ritiene opportuna, manifestando la propria fede in qualsiasi forma purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

In merito a quest’ultimo profilo l’ordinamento italiano ha riconosciuto giuridicamente i Testimoni di Geova con d.P.R. 783/86, e non spetta a questo Tribunale giudicare della fondatezza o della opportunità di tale riconoscimento né della meritevolezza o apprezzabilità degli insegnamenti della fede geovista, trattandosi di circostanza al di fuori dell’oggetto della presente causa, ed ancora di piú, della competenza del presente giudice.

La adozione, o ancor di piú – in questo caso – il proseguimento, da parte di una persona, di una fede religiosa diversa da quella del coniuge e da quest’ultimo non condivisa e non apprezzata, non può costituire di per sé motivo di addebito della separazione, non potendosi in alcun modo rimproverare ad un soggetto di esercitare un suo diritto costituzionale, nonostante la sua inevitabile coincidenza sulla armonia del ménage familiare (Cass. 85/4498; Cass. 89/5397).

Del resto non è stata fornita alcuna prova del fatto che il fallimento del matrimonio sia da attribuire in via esclusiva o preminente alla fede della moglie, apparendo infatti verosimile, secondo le risultanze di causa, che la unione sia naufragata a causa della giovanissima età dei due sposi e soprattutto della moglie, e del fatto che le nozze apparvero motivate anche dalla sua già maturata gravidanza della Budini.

Parimenti infondata la richiesta di addebito formulata dalla moglie relativa al mancato contributo alla famiglia: la moglie infatti, pur essendo giovane e sana e idonea a qualsiasi attività lavorativa, non svolgeva, durante la convivenza nessun lavoro al fine di sostenere la famiglia, pur incombendo tale onere ad entrambi i coniugi in maniera assolutamente paritetica.

Per contro mentre il Bandinelli risulta svolgere attività lavorativa di agente di commercio già nel 1992, la moglie, secondo quanto dichiarato dal difensore alla udienza del 9.2.95, lavora solo dal novembre 1994.

La vicenda delle due parti in causa appare quella di due giovani unitisi in matrimonio relativamente all’improvviso, stante la imminente nascita del bambino, senza avere né i mezzi per sostenersi né la convinzione idonea a fare riuscire la unione.

c) Affidamento del minore Mattia Bandinelli.

La questione fondamentale della presente causa ed il principale oggetto del contendere tra le parti è costituito dall’affidamento del minore Mattia, richiesto da entrambe le parti, e dalle modalità di visita del coniuge non affidatario.

A tale proposito e rilevato il tenore delle difese svolte dalle parti, occorre precisare che al Tribunale è estraneo qualsiasi giudizio in merito ai contenuti ed alla bontà della religione geovista come di ogni altra religione, compresa quella cattolica.

Nessun soggetto può essere giudicato per la sua professione di fede, che è scelta appartenente al privato di ciascuno ed è rimessa al solo ed esclusivo vaglio della sua coscienza.

Né può essere impedito al genitore di impartire al figlio, nell’esercizio del diritto-dovere di educarlo e, insegnamenti appartenenti alla propria religione, e di indirizzarlo alla propria fede: nel caso di diversa fede dei due genitori e di conflitto fra di essi in ordine alla educazione religiosa del minore si pone la questione, estranea al presente giudizio, di un contrasto dei genitori ex art. 316 c.c.

L’oggetto della presente causa è costituito dall’affidamento del figlio minore, e quindi dalla individuazione della condizione migliore per il bambino, per la sua crescita serena e felice.

L’unico criterio che il giudice deve seguire a tale fine è quello dettato dall’art. 155 comma 1 c.c., ovvero dell’interesse esclusivo della prole: si deve pertanto privilegiare, nella scelta del genitore affidatario e nella regolamentazione del diritto di visita dell’altro, la situazione che appaia piú idonea a ridurre al massimo i danni derivati al minore dalla crisi della famiglia e ad assicurargli un ambiente sereno, una crescita completa ed un equilibrato sviluppo (Cass. 92/8667; 90/9746).

Proprio al fine di garantire un equilibrato sviluppo al minore va vagliata la personalità dei genitori, il loro ambiente familiare, la loro modalità di vita, il loro comportamento.

Sotto questo profilo, e solo a tal fine, ha rilievo la circostanza della appartenenza della madre alla religione geovista.

A tale proposito va affermato che la appartenenza di un genitore ad una religione diversa da quella cattolica non può costituire un fattore discriminante ai fini dell’affidamento della prole, purché lo svolgimento delle pratiche religiose e la educazione dei figli vengano realizzati in modo tale da non arrecare pregiudizio alla prole (Trib. Min. Venezia, 10.5.90, Dir. Fam. Pers., 1991, 619; Trib. Taranto, 19.9.90, ibidem, 996).

La appartenenza alla religione geovista religione, da quanto risulta dalle affermazioni delle stesse parti, e soprattutto dalla CTU espletata, per i fedeli ed anche e soprattutto, per quello che qui interessa, per la Sig.ra Budini comporta non solo la adesione ad un credo e a determinate convinzioni religiose, ma anche la adozione di un modello comportamentale ed etico particolarmente articolato che riguarda molteplici aspetti della vita, anche sociale, del credente, dalla scuola al lavoro, dai rapporti con i non credenti a quelli con le autorità statali.

La religione geovista appare infatti particolarmente totalizzante, coinvolgendo la gran parte della vita del credente.

(omissis)

La difficoltà della convenuta ad riconoscere il diritto del padre di vedere il figlio e viceversa, a causa anche della diversa religione del marito, appare confermata dal fatto che la Budini, nonostante l’ordine del GI, ha continuato a portare il figlio con sé alle riunioni religiose piuttosto che affidarlo al padre.

Quanto alla religione praticata dalla madre, il problema viene individuato nella impronta segregativa e totalizzante del credo, che potrebbe comportare il pericolo del sorgere nel minore “di automatismi difensivi nei confronti di realtà diverse dalla propria”, considerato che è inevitabile che il bambino, nella sua crescita, venga sempre di piú a contatto con istituzioni, aggregazioni sociali.

Il padre appare anch’egli idoneo alla funzione genitoriale, apparendo sereno ed estroverso e capace di un atteggiamento amorevole verso il figlio.

Considerata la tenerissima età del bambino e la fondamentale importanza della figura materna in tale stato della crescita, anche al fine di garantirgli un ambiente di vita stabile, non appare opportuno modificare il regime di affidamento del bambino alla madre, adottato in via provvisoria.

Il desiderio del padre di vivere pienamente il proprio ruolo deve però essere il piú possibile assecondato e agevolato, sia perché risponde ad un diritto del genitore, ma soprattutto perché appare rispondere ad un netto interesse del minore.

Tramite il contatto intenso con il padre, Mattia avrebbe la possibilità non solo di avere l’amore paterno e il sostegno della figura di un altro genitore – fondamentale per la completa crescita del minore – ma anche di avere un punto di vista diverso rispetto a quello fornitogli dalla madre e dalla famiglia materna.

Tale circostanza, atteso il carattere tendenzialmente segregativo del modello comportamentale geovista, appare fondamentale al fine di garantire al bambino uno sviluppo equilibrato e la formazione di una personalità autonoma ed indipendente, interesse che il Collegio tiene in principale considerazione e che senza dubbio corrisponde anche al desiderio dei genitori.

Deve quindi essere garantito al padre un ampio diritto di visita, che appare assicurato dalle condizioni stabilite con ordinanza del GI del 11.1.95.

Per gli stessi motivi appare opportuno consigliare alla madre di non portare con sé il bambino, almeno fino a quando non appare così condizionabile ed impressionabile in ragione della sua età, alle riunioni del gruppo religioso e di non farlo assistere a quelle che si svolgano eventualmente in casa (nello stesso senso e nel caso di una bimba già undicenne, vedi Trib. Palermo, 12.2.90, Foro It., 1991,I, 271).

Ciò non significa affatto che alla madre sia impedito di fare conoscere al figlio gli insegnamenti della fede geovista, il che rientra nei suoi diritti di educatrice del figlio, ma solo che fino a quando il bambino è così piccolo è consigliabile non farlo assistere a cerimonie e assemblee.

Ben diverso l’impatto sul bambino di una conversazione con la madre e con la famiglia materna, svolto con linguaggio e modalità che siano adatti ad un bimbo piccolo, e che è nella sensibilità di un genitore adottare.

Parimenti il padre è invitato a non portare il bambino con sé a cerimonie cattoliche, pur nel rispetto del suo diritto a esporre al minore i principi della religione cattolica ed a fargli conoscere un ambiente cattolico.

Ciò garantirà al minore una pluralità di punti di vista ed una ricchezza di esperienze che altri minori non hanno e gli consentirà, quando ne sarà in grado, di esprimere un consenso ed una opinione consapevoli e convinti.

Naturalmente spetta ai genitori scegliere le modalità, il linguaggio, le occasioni piú adatte per fare sì che la diversa religione dei genitori diventi occasione di crescita e non di conflitto e confusione del piccolo, trattandosi di un ambito estraneo alla possibilità di intervento del giudice.

(omissis)