Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Luglio 2005

Sentenza 15 gennaio 2002, n.6338

Corte di Cassazione. Sezione V civile. Sentenza 15 gennaio 2002, n. 6338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale REALE Presidente
Dott. Enrico PAPA Consigliere
Dott. Vittorio Glauco EBNER Consigliere
Dott. Vincenzo DI NUBILA Consigliere
Dott. Antonino DI BLASI Rel. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASSOCIAZIONE NAZIONALE APOLITICA CULTURALE ASSISTENZIALE E RICREATIVA – ANACAR E ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTURA E SPORT, entrambe in persona del legale rappresentante pro tempore Ruggieri Giuseppe, rappresentate e difese dell'avv. Andrea Amatucci, con domicilio elettivo in Roma, via delle Quattro Fontane, 10, presso lo studio dell'avv. Lucio Ghia, giusta delega a margine dei ricorsi;- ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli Uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende per legge; – controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli Sez. 51 n. 59-51-99 del 15-03-1999, depositata il 12-04-1999.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15-01-2002 dal Relatore Cons. Antonino Di Blasi;
Udito l'avv. De Bellis, dell'Avvocatura Generale dello Stato, per l'Amministrazione;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che ha concluso, previa riunione, per l'inammissibilità, ed in subordine, per il rigetto, dei ricorsi.

Fatto

Con separati avvisi, l'Ufficio IVA di Benevento contestava al signor Ruggieri Giuseppe, nella sua qualità di Presidente di entrambe le associazioni in epigrafe indicate, l'omessa tenuta delle scritture contabili e l'inosservanza dell'obbligo della dichiarazione, relativamente agli anni 1988, 1989 e 1990, e, conseguentemente, irrogava le corrispondenti sanzioni.
Gli atti venivano impugnati, da entrambe le Associazioni, innanzi la Commissione Tributaria di primo grado di Benevento, la quale, previa riunione, con decisione dell'1-7-1994, accoglieva i relativi ricorsi, opinando che le prestazioni rese dall'Associazione non fossero soggette ad IVA, in quanto l'attività svolta non aveva fini di lucro ed i proventi eccedenti i costi, in base allo statuto, erano destinati al miglioramento delle attrezzature.
L'appello dell'Ufficio veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, con la sentenza in epigrafe indicata, nella considerazione che gli elementi probatori in atti inducevano a ritenere che le Associazioni, e per esse il relativo legale rappresentante, Ruggieri Giuseppe, svolgessero una vera e propria attività imprenditoriale, la quale, pertanto doveva ritenersi soggetta al regime IVA.
Con separati ricorsi, notificati il 25 maggio 2000, tanto l'Associazione Nazionale Apolitica Culturale Assistenziale e Ricreativa – ANACAR – quanto l'Associazione Italiana Cultura e Sport, entrambe in persona del legale rappresentante Ruggieri Giuseppe, hanno chiesto la cassazione della decisione di appello con un mezzo.
Con controricorso notificato il 4-7-2000 l'Amministrazione Finanziaria ha chiesto il rigetto dell'impugnazione.

Diritto

Preliminarmente, giusto il disposto dell'art. 335 C.p.C., va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, trattandosi di impugnazioni avverso la stessa sentenza.
Con l'unico mezzo le ricorrenti associazioni censurano l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del DPR n. 633-1972, in quanto le prestazioni rese dalle strutture associative erano state, a torto, ritenute soggette ad IVA, dal momento che una corretta lettura della richiamata norma avrebbe dovuto, invece, indurre a ritenere che le prestazioni di servizi rese dalle associazioni, in coerenza alle finalità istituzionali proprie, non fossero imponibili agli effetti IVA.
L'Amministrazione controricorrente chiede il rigetto delle impugnazioni richiamando le disposizioni del 4 e del 5 comma dell'art. 4 del DPR n. 633-72, nel testo previgente ed applicabile ratione temporis.
I ricorsi non sono fondati.
In vero, in materia di IVA, il precitato articolo dispone che "Si considerano fatti nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamenti di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive".
È, dunque, evidente che, ai sensi della citata disposizione, devono ritenersi escluse dal regime IVA, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, rese verso pagamento in favore delle categorie indicate, solo se "effettuate in conformità alle finalità istituzionali".
La possibilità di ricondurre la fattispecie a detta disposizione derogatoria, va esclusa.
La gestione nell'ambito delle strutture associative di esercizi bar e per la somministrazione di pasti, non può, infatti, ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità istituzionali di una associazione culturale, assistenziale, ricreativa e sportiva.
L'espletamento di attività e l'erogazione di prestazioni, quali quelle, nel caso, accertate dal giudice di merito hanno, invero, inequivoca natura commerciale e come tali non possono in alcun modo ricomprendersi fra le finalità proprie delle associazioni, così come desumibili dalle relative disposizioni statutarie e dal complesso normativo di riferimento.
In buona sostanza, la disposizione dell'art. 4 citato, inserita tra le disposizioni generali dell'imposta sul valore aggiunto, enuncia una disciplina fiscale che utilizza lo schema della regola e dell'eccezione: considera, infatti, in via generale, come effettuate nell'esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da associazioni che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, e, per le altre associazioni, reputa effettuate nell'esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati ove rese il pagamento di un corrispettivo o di uno specifico contributo supplementare.
In via di eccezione, esclude dalla qualificazione di prestazione fatta nell'esercizio di attività commerciale, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi "effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive".
Lo schema utilizzato e la correlazione logica tra le diverse previsioni induce ragionevolmente a ritenere che esclusivamente le prestazioni ed i servizi che realizzano le finalità istituzionali (quali ad esempio l'importo corrisposto per l'uso dì un impianto ginnico – sportivo ove l'Ente abbia scopo ricreativo o sportivi, od il contributo costituente corrispettivo per l'erogazione di servizi assistenziali laddove l'associazione persegua statutariamente tali finalità) non vadano considerate effettuate nell'esercizio di attività commerciale e, quindi, non imponibili ai fini IVA, mentre ogni altra attività espletata dagli stessi soggetti deve ritenersi rientri nel regime IVA.
Applicando tali principi al caso in esame, peraltro, in coerenza a pregresso condiviso orientamento (Cass. V n. 3850 del 29-03-2000), deve escludersi ricorrano i presupposti per la relativa riconducibilità alla disposizione eccettuata, essendo evidente che l'attività di gestione nei locali dell'Associazione di esercizi sia adibiti a bar che alla somministrazione di pasti, effettuata verso pagamento di corrispettivi, non rientra, e non realizza le finalità statutarie, e va, sicuramente, qualificata di natura commerciale.
Corretto, dunque, l'operato dell'Ufficio e condivisibile, e da confermare, l'impugnata decisione.
Le spese seguono la soccombenza, vanno, quindi, poste, in solido, a carico delle ricorrenti e liquidate coma da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi in epigrafe indicati e li rigetta.
Condanna le ricorrenti al pagamento in favore dell'Amministrazione delle spese del giudizio, liquidate in complessive Euro 2.100,00, di cui Euro 100.00 per spese ed Euro 2.000,00 per onorario, oltre quelle prenotate a debito.