Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Maggio 2015

Varie 09 aprile 2015, n.47

Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ricorso 9 aprile 2015, n. 47: "Ricorso per questione di illegittimità costituzionale degli artt. 70 – commi 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater e 72 – commi 4, 7 lett. e) e lett. g), e 5, della L.R. 2/2015 della Regione Lombardia".

(in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana I Serie Speciale – Corte costituzionale, n. 19 del 3 maggio 2015)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale: 80224030587, per il ricevimento degli atti, fax 06/96514000 e pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici e' domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
Nei confronti della Regione Lombardia in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 70, commi 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater e 72, commi 4, 5 e 7 lett. e) e g), della legge regionale n. 2 del 3 febbraio 2015, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 6 del 5 febbraio 2015, recante "Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi", giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 12 marzo 2015.
La Regione Lombardia ha dettato disposizioni in materia di governo del territorio modificando la previgente Legge Regionale n. 12 dell'11 marzo 2005 "Legge per governo del territorio" con riferimento alle norme contenute nel capo III – intitolato Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi – in relazione specificamente negli articoli 70 e 72.
Precisamente, l'art. 1, comma 1, lett. b) della L.R. 2/2015 ha sostituito il comma 2 dell'art. 70, L.R. 12/2005 ulteriormente aggiungendo i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater. Pertanto, il contenuto dell'art. 70 della L.R. 12/2005 – riportante testualmente:
"1. La Regione ed i comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica; 2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose come tali qualificate in base a criteri desumibili dall'ordinamento ed aventi una presenza diffusa, organizzata e stabile nell'ambito del comune ove siano effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo, ed i cui statuti esprimano il carattere religioso delle loro finalita' istituzionali e previa stipulazione di convenzione tra il comune e le confessioni interessate; 3. I contributi e le provvidenze disciplinati dalla presente legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai finanziamenti a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e della Regione, nonche' in atti o provvedimenti amministrativi dei comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali".
E' stato cosi' modificato dalla L.R. 2/2015: "1. La Regione ed i comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica; 2.2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha gia' approvato con legge la relativa intesa ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione; 2-bis. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi' agli enti delle altre confessioni religiose che presentano i seguenti requisiti: a) presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e un significativo insediamento nell'ambito del comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo; b) i relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalita' istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione. 2-ter. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo gli enti delle confessioni religiose di cui ai commi 2 e 2-bis devono stipulare una convenzione a fini urbanistici con il comune interessato. Le convenzioni prevedono espressamente la possibilita' della risoluzione o della revoca, in caso di accertamento da parte del comune di attivita' non previste nella convenzione; 2-quater. Per consentire ai comuni la corretta applicazione delle disposizioni di cui al presente capo, viene istituita e nominata con provvedimento di Giunta regionale, che stabilisce anche composizione e modalita' di funzionamento, una consulta regionale per il rilascio di parere preventivo e obbligatorio sulla sussistenza dei requisiti di cui al comma 2-bis. La consulta opera senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale; 3. I contributi e le provvidenze disciplinati dalla presente legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai finanziamenti a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e della Regione, nonche' in atti o provvedimenti amministrativi dei comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali".
Anche l'art. 72 – la cui versione precedente era:
«Art. 72 – (Rapporti con la pianificazione comunale). – 1. Nel piano dei servizi e nelle relative varianti, le aree che accolgono attrezzature religiose, o che sono destinate alle attrezzature stesse, sono specificamente individuate, dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'art. 70. Le attrezzature religiose sono computate nella loro misura effettiva nell'ambito della dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all'art. 9, senza necessita' di regolamentazione con atto di asservimento o regolamento d'uso. 2. Qualunque sia la dotazione di attrezzature religiose esistenti, nelle aree in cui siano previsti nuovi insediamenti residenziali, il piano dei servizi, e relative varianti, assicura nuove aree per attrezzature religiose, tenendo conto delle esigenze rappresentate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'art. 70. Su istanza dell'ente interessato, le nuove aree per attrezzature religiose sono preferibilmente localizzate in continuita' con quelle esistenti. 3. In aggiunta alle aree individuate ai sensi del comma 2, il piano dei servizi e i piani attuativi possono prevedere aree destinate ad accogliere attrezzature religiose di interesse sovracomunale. Le aree necessarie per la costruzione delle suddette attrezzature sono specificamente individuate, dimensionate e normate, nell'ambito della pianificazione urbanistica comunale, sulla base delle istanze all'uopo presentate dagli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni religiose di cui all'art. 70. 4. Le aree destinate ad accogliere gli edifici di culto e le altre attrezzature per i servizi religiosi, anche di interesse sovracomunale, sono ripartite fra gli enti che ne abbiano fatto istanza in base alla consistenza ed incidenza sociale delle rispettive confessioni».
E' stato modificato, anche nella intitolazione, ed integrato come segue: «Art. 72 – (Piano per le attrezzature religiose). – 1. Le aree che accolgono attrezzature religiose o che sono destinate alle attrezzature stesse sono specificamente individuate nel piano delle attrezzature religiose, atto separato facente parte del piano dei servizi, dove vengono dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'art. 70. 2. L'installazione di nuove attrezzature religiose presuppone il piano di cui al comma 1; senza il suddetto piano non puo' essere installata nessuna nuova attrezzatura religiosa da confessioni di cui all'art. 70. 3. Il piano di cui al comma 1 e' sottoposto alla medesima procedura di approvazione dei piani componenti il PGT di cui all'art. 13. 4. Nel corso del procedimento per la predisposizione del piano di cui al comma 1 vengono acquisiti i pareri di organizzazioni, comitati di cittadini, esponenti e rappresentanti delle forze dell'ordine oltre agli uffici provinciali di questura e prefettura al fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica, fatta salva l'autonomia degli organi statali. Resta ferma la facolta' per i comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale. 5. I comuni che intendono prevedere nuove attrezzature religiose sono tenuti ad adottare e approvare il piano delle attrezzature religiose entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale recante "Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi"». Decorso detto termine il piano e' approvato unitamente al nuovo PGT. 6. Il piano delle attrezzature religiose puo' avere valenza sovracomunale, sulla base di una convenzione tra comuni limitrofi che individua il comune capofila. La procedura di cui all'art. 4 deve avvenire singolarmente in ogni comune. Il provvedimento finale e conclusivo della procedura e' unico e ne e' responsabile il comune capofila. Il piano delle attrezzature religiose sovracomunale costituisce parte del piano dei servizi dei singoli comuni che hanno aderito alla convenzione di cui sopra. 7. Il piano delle attrezzature religiose deve prevedere tra l'altro: a) la presenza di strade di collegamento adeguatamente dimensionate o, se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti; b) la presenza di adeguate opere di urbanizzazione primaria o, se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti; c) distanze adeguate tra le aree e gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose. Le distanze minime sono definite con deliberazione della Giunta regionale; d) uno spazio da destinare a parcheggio pubblico in misura non inferiore al 200 per cento della superficie lorda di pavimento dell'edificio da destinare a luogo di culto. Il piano dei servizi puo' prevedere in aggiunta un minimo di posteggi determinati su coefficienti di superficie convenzionali; e) la realizzazione di un impianto di videosorveglianza esterno all'edificio, con onere a carico dei richiedenti, che ne monitori ogni punto di ingresso, collegato con gli uffici della polizia locale o forze dell'ordine; f) la realizzazione di adeguati servizi igienici, nonche' l'accessibilita' alle strutture anche da parte di disabili; g) la congruita' architettonica e dimensionale degli edifici di culto previsti con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo, cosi' come individuate nel PTR. 8. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle attrezzature religiose esistenti alla entrata in vigore della legge recante "Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi".
Ebbene, e' avviso del Governo che, con tali disposizioni modificative ed integrative, la Regione Lombardia abbia travalicato i limiti fissati dalla Costituzione alla propria competenza legislativa, come si chiarira' attraverso l'illustrazione dei seguenti

Motivi

1. Violazione degli artt. 3, 8 e 19 Cost. in relazione all'art. 70, commi 2 e 2-bis, lett. a), L.R. 2/2015. La nuova formulazione dell'art. 70 va a specificare la norma previgente – che prevedeva, come sopra riportato, che "2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose come tali qualificate in base a criteri desumibili dall'ordinamento…" – attraverso l'introduzione nel comma 2-bis, oltre alla "presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e un significativo insediamento nell''mbito del comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo;" anche che "i relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalita' istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione". Prescindendo, per il momento da quest'ultima previsione, che sara' esaminata nel 2° motivo di ricorso relativo alla violazione del comma 2-quater, dell'art. 70, deve osservarsi che, restando sostanzialmente invariato il 1° comma – che recita "La Regione ed i comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica". – la nuova formulazione dei commi 2 e 2-bis – sopra riprodotti – introducono un'irragionevole disparita' di trattamento a danno delle confessioni acattoliche prive di intesa o con intesa non ancora approvata con legge, rispetto alla Chiesa Cattolica e alle altre confessioni religiose con intesa gia' approvata con legge. In proposito, deve rilevarsi che la tutela della liberta' religiosa per le confessioni diverse dalla cattolica esige cura e attenzione particolari nella considerazione che le condizioni di queste confessioni (ancor piu' di quelle di nuova formazione) sono disagiate e precarie proprio in materia di edifici di culto e di attrezzature religiose essenziali. Frapporre ostacoli alla loro liberta' di culto, interponendo difficolta' o complicazioni amministrative, finanziarie, logistiche, alla costruzioni di nuovi templi, significa violare i principi costituzionali di liberta' religiosa e di eguaglianza dei cittadini. Pertanto, la previsione contenuta nel comma 2 – secondo cui le disposizioni del capo III si applicano agli enti delle altre confessioni religiose con cui sia intercorsa intesa con lo Stato – ed il previsto requisito della presenza diffusa e consistente a livello territoriale – di cui alla lett. a) del comma 2-bis – violano gli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione, perche' irragionevolmente discriminano tra soggetti portatori di interessi identici (la proclamazione delle rispettive fedi) e, quindi, limitano e impediscono l'esercizio della liberta' religiosa, diritto fondamentale ed inviolabile, e di professare la propria fede religiosa in forma associata e di esercitarne in privato o in pubblico il culto. In proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto che il rispetto dei principi di liberta' religiosa e di uguaglianza deve essere garantito "in riferimento al medesimo diritto di tutti gli appartenenti alle diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali facilitazioni disposte in via generale dalla medesima disciplina comune dettata dallo Stato perche' ciascuno possa in concreto piu' agevolmente esercitare il culto della propria lode religiosa" e, pertanto, "ne consegue che qualsiasi discriminazione in danno dell'una o dell'altra fede religiosa e' costituzionalmente inammissibile in quanto contrasta con il diritto di liberta' e con il principio di uguaglianza…. E' determinante la finalita' che caratterizza la disposizione impugnata e l'effetto che ne discende: finalita' ed effetto essendo quelli di facilitare l'esercizio del culto, l'agevolazione non puo' essere subordinata alla condizione che il culto si riferisca ad una confessione religiosa la quale abbia chiesto e ottenuto la regolamentazione dei propri rapporti con lo Stato ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione". (Corte costituzionale, sent. n. 195/1993).

2. Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. c) Cost. in riferimento all'art. 70, commi 2-bis, lett. b) e 2-quater, L.R. 2/2015. In una lettura congiunta dei due commi 2-bis e 2-quater dell'art. 70, della L.R. in esame, con riferimento alle confessioni religiose, il comma 2-bis, sub lett. b) prevede che "i relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalita' istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione", e che, ai sensi del successivo comma 2-quater, "Per consentire ai comuni la corretta applicazione delle disposizioni di cui al presente capo, viene istituita e nominata con provvedimento di Giunta regionale, che stabilisce anche composizione e modalita' di funzionamento, una consulta regionale per il rilascio di parere preventivo e obbligatorio sulla sussistenza dei requisiti di cui al comma 2-bis. La consulta opera senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale". E' evidente che tali previsioni modificative si pongono in sensibile contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. c) della Costituzione laddove la valutazione dei requisiti di cui al comma 2-bis (presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e significativo insediamento nell'ambito del comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo, carattere religioso delle finalita' istituzionali e rispetto dei principi e dei valori della Costituzione da parte degli enti delle confessioni religiose) viene, ai sensi del comma 2-quater, affidata a una "consulta regionale", da nominarsi con provvedimento della Giunta regionale, competente al rilascio di un parere preventivo e obbligatorio sulla sussistenza dei requisiti di cui al menzionato comma 2 bis. Infatti, l'attribuzione a un organo regionale del compito di valutare la conformita' dello statuto regolante l'ente di natura religiosa ai principi e ai valori della Costituzione, determina una lesione della sfera di attribuzione alla competenza esclusiva dello Stato della materia dei rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose, di cui all'art. 117, comma 2, lett. c) Cost.

3. Violazione dell'art. 19 Cost. in riferimento al comma 2-ter dell'art. 70 L.R. 2/2015. Il comma 2-ter, dell'art. 70 della L.R. 2/2015 sancisce "Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo gli enti delle confessioni religiose di cui ai commi 2 e 2-bis devono stipulare una convenzione a fini urbanistici con il comune interessato. Le convenzioni prevedono espressamente la possibilita' della risoluzione o della revoca, in caso di accertamento da parte del comune di attivita' non previste nella convenzione". Si ritiene che la previsione della risoluzione o revoca in caso di accertamento di attivita' non previste nella convenzione, sia formula troppo generale e generica, dal momento che ben puo' un ente di culto svolgere anche attivita' diverse da quelle di religione o di culto (es., culturale o sportiva per i giovani), purche' sempre nel rispetto delle leggi italiane che regolano tali attivita'. Pertanto, si ritiene che il comma 2-ter, che accorda la facolta' di revoca unilaterale da parte del comune, e' suscettibile di violare la liberta' di religione e di culto di cui all'art. 19 Cost.

4. Violazione dei principi europei ed internazionali in materia di liberta' di religione e di culto consacrati nell'art. 117, comma 1 e 2, lett. a) Cost. in riferimento ai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, L.R. 2/2015. Anche l'Unione Europea garantisce la liberta' religiosa e l'eliminazione delle discriminazioni basate sull'appartenenza religiosa. Il Trattato di Lisbona e l'obbligatorieta' della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonostante rimanga prerogativa dell'ordinamento nazionale di ogni singolo Stato membro la definizione dello status di cui godono le confessioni, associazioni e comunita' religiose, esplicite disposizioni comunitarie, salvaguardano la liberta' religiosa e contrastano la discriminazione religiosa. Per quanto riguarda i Trattati, gli artt. 10 e 17 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) definiscono l'impegno dell'Unione nel perseguire la lotta alle discriminazioni fondate anche sulla religione nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche europee, affermando anche il principio del dialogo con le confessioni religiose e salvaguardando i sistemi nazionali di disciplina dei rapporti tra Stato e confessioni religiose di ciascuno Stato membro. In aggiunta, all'art. 19 del TFUE, viene sancita la competenza dell'Unione nell'elaborazione di opportuni provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate anche sulla religione: in tal modo l'Unione diviene soggetto attivo in questa materia, con i conseguenti riflessi sugli ordinamenti nazionali. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, divenuta dal 1° dicembre 2009 vincolante per gli Stati membri al pari dei Trattati, prevede agli artt. 10, 21 e 22 che "l'Unione rispetta la diversita' religiosa", che la liberta' religiosa "include la liberta' di cambiare religione o convinzione, cosi' come la liberta' di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti" e che "e' vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura […]". Anche il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, nell'esercizio della sua funzione di interprete del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che la liberta' di religione e il diritto di manifestare il proprio credo comprendono una vasta gamma di atti. Il concetto di culto, infatti, si estende a tutti gli atti che sono espressione diretta di fede, come ad esempio la costruzione di luoghi di culto, l'uso di formule e oggetti rituali, l'utilizzo di simboli e il rispetto di ferie e giorni di riposo. Il diritto di professare liberamente la propria religione si traduce, quindi, anche nell'utilita' concreta relativa alla costruzione e/o utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera e alla discussione delle questioni riguardanti gli interessi sociali e culturali della comunita' cui l'individuo appartiene. (par. 4 del General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (30.VII.1993). Pertanto, conformemente all'art. 18, gli Stati hanno l'obbligo di adottare misure infrastrutturali e condizioni favorevoli per facilitare lo sviluppo libero e non discriminatorio delle comunita' religiose e dei loro membri. Il terzo comma del citato art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce, inoltre, che "la liberta' di manifestare la propria religione o il proprio credo puo' essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o della sanita' pubblica, della morale pubblica o degli altri diritti e liberta' fondamentali". Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha osservato (Par. 8) che il terzo comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati e tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi cui sono stati prescritti e devono essere proporzionate e direttamente correlate a tali specifici scopi. Le restrizioni, inoltre, non possono essere imposte o applicate per fini discriminatori.

5. Violazione degli artt. 117, comma 2, lett. h) e 118, comma 3, della Costituzione in relazione all'art 72, comma 4 e comma 7, lett. e) L.R. 2/2015. Come premesso, la L.R. 2/2015 ha modificato anche l'art. 72 della L.R. 12/2005. Il comma 4 del nuovo art. 72 – intitolato "Piano per le attrezzature religiose" – stabilisce "Nel corso del procedimento per la predisposizione del piano di cui al comma 1 vengono acquisiti i pareri di organizzazioni, comitati di cittadini, esponenti e rappresentanti delle forze dell'ordine oltre agli uffici provinciali di questura e prefettura al fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica, fatta salva l'autonomia degli organi statali. Resta ferma la facolta' per i comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale". Tale comma, quindi, prevede che nell'ambito del procedimento per la predisposizione del piano delle attrezzature religiose, vengano acquisiti i pareri, tra gli altri, di esponenti rappresentanti delle forze dell'ordine, oltre agli uffici provinciali di questura e di prefettura, al fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica. Tutto cio' viola l'art. 117, comma 2, lett. h) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordine pubblico e della sicurezza ma anche l'art. 118, comma 3, della Costituzione, che affida alla sola legge statale il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia della sicurezza pubblica. Del pari, la previsione di cui al comma 7, lett. e) dello stesso art. 72, in ordine alla possibilita' che il piano preveda "la realizzazione di un impianto di videosorveglianza esterno all'edificio, con onere a carico del richiedente, che monitori ogni punto di ingresso, collegato con gli uffici della polizia locale o forze dell'ordine", contrasta sia con il citato art. 117, comma 2, lett. h), della Costituzione che con l'art. 118, comma 3, della Costituzione, che affida alla sola legge statale il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia della sicurezza pubblica. A proposito della materia della sicurezza pubblica, codesta Corte costituzionale con la sentenza n. 45 del 1957 rileva "doversi ritenere insussistente nel nostro ordinamento giuridico la regola che ad ogni liberta' costituzionale possa corrispondere un potere di controllo preventivo da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza, in ordine ai futuri comportamenti del cittadino". Ed anche che "la promozione della legalita', in quanto tesa alla diffusione dei valori di civilta' e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica, non e' attribuzione monopolistica, ne' puo' divenire oggetto di contesa tra i distinti livelli di legislazione e di governo: e' tuttavia necessario che misure predisposte a tale scopo nell'esercizio di una competenza propria della Regione, per esempio nell'ambito dell'organizzazione degli uffici regionali, non costituiscano strumenti di politica criminale, ne', in ogni caso, generino interferenze, anche potenziali, con la disciplina statale di prevenzione e repressione dei reati (da ultimo, sentenza n. 325 del 2 dicembre 2011)".

6. Violazione dell'art. 19 della Costituzione in riferimento all'art. 72, comma 4, ultimo periodo, della L.R. 2/2015. L'ultimo periodo del comma 4 del nuovo art. 72 della L.R. n. 12/2005 contiene la previsione: "Resta ferma la facolta' per i comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale". La disposizione prevede dunque la possibilita' per i comuni, in merito agli anzidetti piani, di indire referendum. Tale previsione, oltre a creare un'ulteriore aggravio nel procedimento per la predisposizione del piano delle attrezzature religiose, consentendo che la possibilita' di destinare aree ad attrezzature religiose sia subordinata a decisioni espressione di maggioranze politiche o culturali o altro, e' suscettibile di violare l'art. 19 della Costituzione, che garantisce la liberta' religiosa. In proposito, la Corte costituzionale gia' nel 1958 chiari' che "con l'art. 19 il legislatore costituente riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, col solo e ben comprensibile, limite che il culto non si estrinsechi in riti contrari al buon costume. La formula di tale articolo non potrebbe, in tutti i suoi termini, essere piu' ampia, nel senso di comprendere tutte le manifestazioni del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto forma e condizione essenziale del suo pubblico esercizio, l'apertura di templi ed oratori e la nomina dei relativi ministri". (Sent. Cort. Cost. n. 59/1958).

7. Violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione in relazione al comma 7, lett. g) dell'art. 72 della L.R. 2/2015. La previsione contenuta nel comma 7, lett. g), dell'art. 72 della L.R. n. 12/2005, e' suscettibile di applicazioni discriminatorie ed e' priva di intrinseca logicita'. Come visto, esso prevede "la congruita' architettonica e dimensionale degli edifici di culto previsti con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo, cosi' come individuate nel PTR". Considerato che per loro natura, in Italia e in tutto il mondo, gli edifici di culto presentano specificita' stilistiche e architettoniche derivate dalla storia nazionale e da quella delle singole confessioni religiose, che non possono essere ignorate o censurate sulla base delle "caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo" (formula gia' per se' ambigua e non priva di una qualche inafferrabilita' concettuale), la formula si presta ad applicazioni cosi' ampiamente discrezionali da consentire facilmente effetti discriminatori verso alcuni enti religiosi e non verso altri. Pertanto, il comma 7, lett. g) dell'art. 72 della L.R. n. 12/2005, sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. c) della L.R. n. 2/2015, consentendo effetti discriminatori verso alcuni enti religiosi e non verso altri; viola gli artt. 3, 8 e 19 della Cost., che garantiscono, in condizioni di uguaglianza, la libera professione di fede religiosa. 8. Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. e dell'art. 3 D.M. Lavori Pubblici n. 1444/1968 in relazione al comma 5,dell'art. 72, L.R. 2/2015. Il comma 5 del nuovo art. 72, cosi' come sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. c) della legge regionale in esame, stabilisce che i comuni che "intendono prevedere nuove attrezzature religiose" sono tenuti ad adottare e approvare il piano delle attrezzature religiose, con cio' stabilendo che i comuni hanno la facolta' e non l'obbligo di prevedere nuove attrezzature religiose. La disposizione contrasta con l'art. 3 del decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444/1968 (Limiti inderogabili di densita' edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17, della legge 6 agosto 1967, n. 765), che nel determinare i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, ha stabilito che nei piani regolatori comunali, ai sensi dell'art. 17, della legge 765/1967, debbano essere individuati almeno 2 mq per abitante da destinare ad attrezzature di interesse comune, tra cui quelle religiose. Pertanto, il comma 5, dell'art. 72, della l.r. n. 12/2005, contrastando con le prescrizioni del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, in tema di dotazione minima riservata a spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive – che, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze 120/1996 e 232/2005, hanno carattere inderogabile, in quanto materia inerente all'ordinamento civile che rispondono ad esigenze pubblicistiche sovrastanti gli interessi dei singoli, e rientrano quindi nella competenza legislativa esclusiva dello Stato – viola, l'art. 117, secondo comma, lett. l) Cost., che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile.

P. Q. M.

Tutto quanto considerato in narrativa, si conclude perche' gli artt. 70 – commi 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater e 72 – commi 4, 7 lett. e) e lett. g), e 5, della L.R. 2/2015 della Regione Lombardia siano dichiarati costituzionalmente illegittimi per contrasto con gli articoli della Costituzione evidenziati. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2015 e dell'allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni.

Roma, 31 marzo 2015
L'Avvocato dello Stato: Spina