Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decreto ministeriale 11 marzo 1975

Decreto Ministeriale 11 marzo 1975: “Applicazione della legge 22 dicembre 1973, n. 903, nei confronti dei ministri di culto della Chiesa evangelica internazionale e Associazione missionaria (International Evangelical Church and Missionary Association)”. (Da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 79 del 22 marzo 1975) Il Ministro per l’interno: Vista la legge 22 dicembre 1973, n. […]

Decreto ministeriale 21 gennaio 1975

Decreto Ministeriale 21 gennaio 1975: “Applicazione della legge 22 dicembre 1973, n. 903, nei confronti dei ministri di culto della Missione italiana per l’evangelo”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 29 del 30 gennaio 1975) Il Ministro per l’interno: Vista la legge 22 dicembre 1973, n. 903, recante norme sulla istituzione del fondo di […]

Decreto ministeriale 14 giugno 1974

Decreto Ministeriale 14 giugno 1974: “Applicazione della legge 22 dicembre 1973, n. 903, nei confronti dei ministri di culto delle chiese dell’Associazione religiosa delle assemblee di Dio in Italia”. (Da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 163 del 22 giugno 1974) Il Ministro per l’interno: Vista la legge 22 dicembre 1973, n. 903, recante norme […]

Sentenza 24 marzo 2000, n.6133

Consiglio di Stato. Sentenza 24 marzo 2000, n. 6133. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE (omissis) DIRITTO Il ricorso è infondato. Giova ricordare che la questione sottoposta all’esame del Collegio si inserisce, in via generale e salve le specificità della […]

Sentenza 22 ottobre 1999, n.390

Non e’ fondata la questione di legittimita’ costituzionale – sollevata
in riferimento all’art. 3 Cost. – degli artt. 5, primo comma, e 6
della legge 5 giugno 1930, n. 824 (Insegnamento religioso negli
istituti medi d’istruzione classica, scientifica, magistrale, tecnica
ed artistica); della legge 25 marzo 1985, n. 121 (Ratifica ed
esecuzione dell’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il
18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense
dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede),
nella parte in cui da’ esecuzione all’art. 9, numero 2, di tale
Accordo; dell’art. 309, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado), “laddove prevedono che la nomina degli
insegnanti di religione, su proposta dell’ordinario diocesano, ha
efficacia annuale, senza alcuna possibilita’ di essere inseriti
nell’organico dei docenti, e con possibilita’ di revoca ‘ad libitum’
dell’incarico”. Posto, infatti, che la lesione del principio di
eguaglianza viene denunciata comparando la condizione degli insegnati
di religione rispetto a quella dei docenti di altre discipline, sul
presupposto che solo per i primi, nell’ambito del personale docente
della scuola, sia prevista la annualita’ dell’incarico; tale premessa
e’ inesatta sia relativamente all’assenza di rapporti di lavoro a
tempo determinato per il personale docente, sia relativamente alla
configurazione dell’assoluta precarieta’ degli insegnati di religione.
Invero, sotto il primo aspetto, il conferimento dell’insegnamento per
incarico si inquadra nel sistema delle assunzioni a tempo determinato,
sempre previste dalla comune disciplina scolastica; sotto il secondo
aspetto, proprio tale disciplina (art. 47, commi 6 e 7, del contratto
collettivo nazionale di lavoro del comparto del personale della scuola
di cui al provv. P.C.M. 21 luglio 1995) prevede che l’incarico annuale
degli insegnanti di religione si intende confermato qualora permangano
le condizioni ed i requisiti prescritti, assimilando questo incarico,
con le specificita’ ad esso proprie, al rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, anche quanto alla progressione economica di carriera
(art. 53 della legge 11 luglio 1980, n. 312).

Sentenza 18 novembre 1958, n.59

Per i culti acattolici si deve distinguere la liberta’ di esercizio
del culto, come pura manifestazione di fede religiosa, dalla
organizzazione delle varie confessioni nei loro rapporti con lo Stato.
La prima e’ riconosciuta nel modo piu’ ampio dall’art, 19 della
Costituzione, nel senso di comprendere tutte le manifestazioni di
culto, ivi indubbiamente incluse l’apertura di tempi ed oratori e la
nomina dei relativi ministri. Quanto alla liberta’ delle confessioni
religiose diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri
statuti, l’art. 8 della Costituzione pone il limite che tali statuti
non contrastino con l’ordinamento giuridico dello Stato, e che i
rapporti di dette confessioni con lo Stato siano da regolarsi con
leggi sulla base d’intese con le relative rappresentanze.

Sentenza 08 marzo 1957, n.45

L’art. 17 della Costituzione contiene una netta affermazione della
liberta’ di riunione, ispirandosi a cosi’ elevate e fondamentali
esigenze della vita sociale da assumere necessariamente una portata ed
efficacia generalissime, tali da non consentire la possibilita’ di
regimi speciali, neanche per le riunioni a carattere religioso. Per
questo tipo di riunioni gli artt. 8, primo comma, e 19 della
Costituzione, che sanciscono la piena liberta’ dell’esercizio del
culto per tutte le confessioni religiose, devono essere coordinati con
l’art. 17, nel senso che le riunioni a carattere religioso non si
sottraggono alla disciplina generale di tutte le riunioni, per quanto
riguarda e la liberta’ delle riunioni stesse e i limiti a cui essa,
nel superiore interesse della convivenza sociale, e’ sottoposta. E’
incompatibile con l’art. 17 della Costituzione, che prevede l’obbligo
del preavviso all’autorita’ esclusivamente per le riunioni in luogo
pubblico, implicitamente escludendolo per ogni altra specie di
riunione, la disposizione contenuta nell’art. 25 del T.U. delle leggi
di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, in ordine al preavviso per le
funzioni, cerimonie o pratiche religiose in luoghi aperti al pubblico.
Tale disposizione non si giustifica in riferimento all’art. 19 della
Costituzione, che vieta l’esercizio dei culti contrari al buon
costume: nel nostro ordinamento giuridico non esiste il principio che
ad ogni limitazione posta ad una liberta’ costituzionale debba
corrispondere il potere di un controllo preventivo dell’autorita’ di
pubblica sicurezza. Pertanto il detto art. 25 del T.U. delle leggi di
p.s. e’, per la parte di cui sopra, costituzionalmente illegittimo.