Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 marzo 2012, n.4184

La diversità di sesso dei nubendi è — unitamente alla
manifestazione di volontà matrimoniale dagli stessi espressa in
presenza dell’ufficiale dello stato civile celebrante – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo
indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto
giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1808 del
1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000).
Questo requisito – pur non previsto in modo espresso né dalla
Costituzione, né dal codice civile vigente (a differenza di quello
previgente del 1865 che, nell’art. 55 ad esempio, stabiliva, quanto
al requisito dell’età: «Non possono contrarre matrimonio l’uomo
prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia
compiuto gli anni quindici»), né dalle numerose leggi che,
direttamente o indirettamente, si riferiscono all’istituto
matrimoniale — sta tuttavia, quale ‘postulato’ implicito, a
fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente da
molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall’art.
107, primo comma, cod. civ. che, nel disciplinare la forma della
celebrazione del matrimonio, prevede tra l’altro che l’ufficiale
dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» (si veda
anche l’art. 108, primo comma).
— Pertanto — sul piano delle norme, di rango primario o
sub-primario, applicabili alla fattispecie in prima approssimazione
—, alla specifica questione, consistente nello stabilire se due
cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto
matrimonio all’estero, siano, o no, titolari del diritto alla
trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato
civile italiano, deve darsi, in conformità con i su menzionati
precedenti di questa Corte, risposta negativa.
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie,
l’intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua
contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R.
n. 396 del 2000, ma dalla previa e più radicale ragione,
riscontrabile anche dall’ufficiale dello stato civile in forza delle
attribuzioni conferitegli, della sua non riconoscibilità come atto di
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò che,
conseguentemente, esime il Collegio dall’affrontare la diversa e
delicata questione dell’eventuale intrascrivibilità di questo
genere di atti per la loro contrarietà con l’ordine pubblico.
 

Ordinanza 29 luglio 2009

Non è  manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, l08, 143, 143 -bis , 156
-bis cod. civ. in rapporto agli artt. 2, 3 e 29 Cost., nella parte in
cui, complessivamente valutati, non consentono agli individui di
contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso.

Ordinanza 03 aprile 2009

L’art. 29 della Costituzione, nel momento in cui attribuisce tutela
costituzionale alla famiglia legittima – contribuendo essa, grazie
alla stabilità del quadro delle relazioni sociali, affettive ed
economiche che comporta, alla realizzazione della personalità dei
coniugi -, non costituisce un ostacolo al riconoscimento giuridico del
matrimonio tra persone dello stesso sesso. In questo senso, il
Tribunale adito ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98,
107, 108, 143, 143 bis e 156 bis cc., nella parte in cui,
sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di
orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone
dello stesso sesso, per contrasto con agli artt. 2, 3, 29 e 117, 1°
comma della Costituzione.