Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 04 aprile 2016, n.650

Neel caso di specie, il ricorrente, nella veste di genitore della
persona cui è stata rifiutata l’interruzione del
trattamento di alimentazione e idratazione, ha diritto al risarcimento
sia del danno a titolo di erede, sia di quello iure proprio per
lesione del rapporto parentale. In ordine al danno di natura non
patrimoniale a titolo ereditario va evidenziato come il comportamento
della Regione ha leso il diritto fondamentale ad ottenere
l’interruzione del procedimento di alimentazione artificiale,
atteso che è stato riconosciuto in capo alla paziente, come
pure a ciascun individuo, il diritto assoluto a rifiutare le cure ad
essa somministrate in qualunque fase del trattamento e per qualunque
motivazione (cfr. Cass. Civ., I, 16 ottobre 2007, n. 21748, riferita
proprio al caso de quo), sul presupposto della sussistenza di
specifici presupposti (la cui verifica è stata affidata alla
Corte d’Appello di Milano che ha pronunciato il decreto in data 9
luglio 2008
). A fronte dei predetti provvedimenti
giurisdizionali che hanno accertato la sussistenza del diritto ad
ottenere l’interruzione del trattamento sanitario, il rifiuto
espresso con l’atto dirigenziale, contenente il diniego di
ricovero al fine di sospendere il trattamento di idratazione e
alimentazione artificiale – annullato con la sentenza di questo
Tribunale
n. 214 del 2009
, confermata dalla decisione del Consiglio
di Stato n. 4460 del 2014
–, ha determinato la lesione del
diritto fondamentale di autodeterminazione in ordine alla
libertà di scelta di non ricevere cure, oltre che della salute,
così come ricostruito nelle sentenze che li hanno riconosciuti
(c.d. diritto di staccare la spina: da ultimo, Cass.,
SS.UU, 22 dicembre 2015, n. 25767
), e la lesione del diritto
all’effettività della tutela giurisdizionale; le lesioni
sono state aggravate dalla circostanza che, nemmeno dopo la pronuncia
di questo Tribunale, la Regione ha messo a disposizione una struttura
per eseguire quanto statuito nelle diverse sedi giurisdizionali. Si
tratta poi di danno conseguenza, ossia di lesione che ha avuto degli
effetti, seppure di tipo non patrimoniale, giacché non è
stata rispettata la volontà del soggetto interessato –
per come ricostruita dalla Corte d’Appello – di voler
mettere fine ad un trattamento sanitario; ciò rappresenta una
palese violazione degli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Corte costituzionale,
sentenza n. 438 del 2008; Cass. Civ., III, 12 giugno 2015, n.
12205). La quantificazione dei sopra richiamati danni, di tipo
non patrimoniale, che può avvenire soltanto attraverso una
valutazione in via equitativa (Cass. Civ., III, 23 gennaio 2014, n.
1361), va effettuata tenendo conto sia della natura dolosa del rifiuto
regionale, pur a fronte delle numerose iniziative giurisdizionali
intraprese, sfociate nel decreto della Corte d’Appello del 9
luglio 2008, sia del non brevissimo lasso di tempo – dalla
predetta pronuncia – che si è dovuto attendere prima
della interruzione del trattamento sanitario.

Sentenza 02 settembre 2014, n.4460

La decisione terapeutica ha nel consenso informato e
nell’autodeterminazione del paziente il suo principio e la sua
fine, poiché è il paziente, il singolo paziente, e non
un astratto concetto di cura, di bene, di
“beneficialità”, il valore primo ed ultimo che
l’intervento medico deve salvaguardare. Ciò non deve
naturalmente comportare un pericoloso soggettivismo curativo o un
relativismo terapeutico nel quale è “cura” tutto
ciò che il singolo malato vuole o crede, perché
nell’alleanza terapeutica è e resta fondamentale
l’insostituibile ruolo del medico nel selezionare e
nell’attuare le opzioni curative scientificamente valide e
necessarie al caso, ma solo ribadire che la nozione statica e
“medicale” di salute, legata cioè ad una dimensione
oggettiva e fissa del benessere psicofisico della persona, deve cedere
il passo ad una concezione soggettiva e dinamica del concreto
contenuto del diritto alla salute, che si costruisce nella continua e
rinnovata dialettica medico-­paziente, di modo che tale contenuto,
dal suo formarsi, al suo manifestarsi sino al suo svolgersi,
corrisponda effettivamente all’idea che di sé e della
propria dignità, attraverso il perseguimento del proprio
benessere, ha il singolo paziente per realizzare pienamente la sua
personalità, anzitutto e soprattutto nelle scelte, come quelle
di accettare o rifiutare le cure, che possono segnarne il destino.
Indubbiamente l’affermazione di un principio, come quello del
diritto alla salute e del consenso informato, non può non tener
conto che esso, oltre ad essere un diritto assoluto e inviolabile e,
come tale, efficace erga omnes e, in particolare, nei riguardi del
medico, è anche un diritto soggettivo pubblico o diritto
sociale che, nella dinamica del suo svolgersi e del suo concreto
attuarsi, ha per oggetto una prestazione medica che ha quali necessari
e primari interlocutori le strutture sanitarie e, in primo luogo, il
Servizio Sanitario Nazionale. Esso ha una natura ancipite, per
così dire, ed è un diritto che ha una indubbia valenza
privatistica, in quanto massima ed inviolabile espressione della
personalità individuale, ma anche una innegabile connotazione
pubblicistica, perché può e deve, se lo richiede la sua
soddisfazione, trovare adeguata collocazione e necessaria attuazione
all’interno del servizio sanitario, non potendo dimenticarsi che
la salute, anche nella declinazione personalistica che è venuta
ad assumere nel nostro ordinamento, è pur sempre, insieme,
diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività (art. 32 Cost.). Ora proprio la vicenda qui in
esame è esemplare di tale stretta e vitale interrelazione,
interrelazione che radica la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. A fronte del diritto, inviolabile, che il paziente ha,
e – nel caso di specie – si è visto dal giudice
ordinario definitivamente riconosciuto, di rifiutare le cure,
interrompendo il trattamento sanitario non (più) voluto, sta
correlativamente l’obbligo, da parte dell’amministrazione
sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsi perché tale diritto
possa essere concretamente esercitato, non potendo essa contrapporre a
tale diritto una propria nozione di prestazione sanitaria né
subordinare il ricovero del malato alla sola accettazione delle cure.
Non può dunque l’Amministrazione sanitaria sottrarsi al
suo obbligo di curare il malato e di accettarne il ricovero, anche di
quello che rifiuti un determinato trattamento sanitario nella
consapevolezza della certa conseguente morte, adducendo una propria ed
autoritativa visione della cura o della prestazione sanitaria che, in
termini di necessaria beneficialità, contempli e consenta solo
la prosecuzione della vita e non, invece, l’accettazione della
morte da parte del consapevole paziente.

IN
OLIR.it: Sentenza TAR Lombardia 26 gennaio 2009, n. 214

Sentenza 12 settembre 2009, n.8650

In OLIR: Atto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, Stati vegetativi, nutrizione e idratazione
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4857], 16 dicembre
2008.

Sentenza 26 gennaio 2009, n.214

Il diritto di rifiutare le cure è un diritto di libertà
assoluto, il cui dovere di rispetto si impone nei confronti di
chiunque intrattenga con l'ammalato il rapporto di cura, non
importa se operante all'interno di una struttura sanitaria
pubblica o privata. Qualora l'ammalato decida di rifiutare le cure
– ove incapace, tramite rappresentante legale debitamente autorizzato
dal Giudice Tutelare – tale manifestazione esclude ogni legittimazione
al trattamento sanitario, determinando il sorgere dell'obbligo
giuridico del medico di interrompere la somministrazione dei mezzi
terapeutici indesiderati. In questo senso, dunque, rifiutare il
ricovero ospedaliero, dovuto da parte del SSN a chiunque sia affetto
da patologie mediche, solo per il fatto che il malato abbia
preannunciato la propria intenzione di avvalersi del suo diritto alla
interruzione del trattamento, significa limitare indebitamente tale
diritto. L'accettazione presso la struttura sanitaria pubblica non
può infatti essere condizionata alla rinuncia del malato ad
esercitare un suo diritto fondamentale.


Corte
di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 13 dicembre 2008, n.
27145

Corte
costituzionale, Ordinanza 8 ottobre 2008, n. 334

Corte
di Appello di Milano. Prima Sezione Civile. Decreto 9 luglio
2008

Corte
di Cassazione. Sezione I civile. Sentenza 4 – 16 ottobre 2007,
n. 21748

Corte
di cassazione. Sezione I civile. Ordinanza 20 aprile 2005, n.
8291
)

Nota 22 dicembre 2008

Corte Europea dei diritti dell’uomo. Nota 22 dicembre 2008: “Interruzione del trattamento di alimentazione di paziente in stato vegetativo permanente: inadmissibility decision A. Rossi and others v. Italy”. A Chamber of the European Court of Human Rights has declared inadmissible eight joined applications lodged in the case of Ada Rossi and Others v. Italy (applications […]

Sentenza 13 novembre 2008, n.27145

E’ inammissibile – per difetto di legittimazione – il ricorso proposto
dal Pubblico Ministero avverso provvedimento emesso in seguito a
giudizio civile, avente ad oggetto l’istanza rivolta a disporre
l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale di
paziente in stato vegetativo permanente. Tale fattispecie, infatti,
non rientra tra le cause “sullo stato e capacità delle persone”,
essendo quest ultime esclusivamente quelle riguardanti la posizione
soggettiva dell’individuo come cittadino o nell’ambito della comunità
civile o familiare, e non, invece, anche le questioni attinenti ad
ulteriori diritti aventi a presupposto la posizione soggettiva stessa.
La dimensione così circoscritta del potere di impugnazione del P.M.
presso il giudice del merito neppure può, infine, dar luogo a dubbio
alcuno di legittimità costituzionale, per il profilo della mancata
sua estensione alla ipotesi che qui ne riguarda, in relazione ai
precetti della eguaglianza e della ragionevolezza, di cui all’art. 3,
commi primo e secondo, della Costituzione, stante l’evidente
ragionevolezza, invece, del non identico trattamento di fattispecie in
cui viene in rilievo un diritto personalissimo del soggetto di
spessore costituzionale (come, nella specie, il diritto di
autodeterminazione terapeutica in tutte le fasi del la vita, anche in
quella terminale) – all’esercizio del quale è coerente che il P.M.
non possa contrapporsi fino al punto della impugnazione di decisione
di accoglimento della domanda di tutela del titolare – e fattispecie
viceversa connotate da un prevalente interesse pubblico (come quelle
cui fa rinvio l’art. 69 c.p.c.), solo in ragione del quale si
giustifica l’attribuzione di più incisivi poteri, anche impugnatori,
al Pubblico Ministero.

Ordinanza 08 ottobre 2008, n.334

La Corte adita non rileva la sussistenza, nella fattispecie in esame,
di indici atti a dimostrare che i giudici di merito e di legittimità
abbiano utilizzato i provvedimenti censurati, aventi in realtà tutte
le caratteristiche di atti giurisdizionali e, pertanto, spieganti
efficacia solo per il caso di specie, come “meri schermi formali” per
esercitare funzioni di produzione normativa o per menomare l’esercizio
del potere legislativo parlamentare.

Decreto 09 luglio 2008

L’accertata inconciliabilità della concezione della dignità della
vita, da parte del malato, con la perdita totale ed irrecuperabile
delle sue facoltà motorie e psichiche e con la sopravvivenza solo
biologica del suo corpo in uno stato di assoluta soggezione all’altrui
volere, sono fattori che appaiono e che – è ragionevole considerare –
prevalenti su una necessità di tutela della vita biologica in sé e
per sé considerata (Nel caso di specie, il giudice adito accoglieva
l’istanza, presentata dal tutore, di autorizzazione all’interruzione
del trattamento di sostegno vitale artificiale nei confronti di
paziente in stato vegetativo permanente)

Sentenza 16 ottobre 2007, n.21748

In una situazione cronica di oggettiva irreversibilità del quadro
clinico, può essere dato corso, come estremo gesto di rispetto
dell’autonomia del malato in stato vegetativo permanente, alla
richiesta – proveniente dal tutore che lo rappresenta – di
interruzione del trattamento medico che lo tiene artificialmente in
vita, allorché quella condizione – proprio muovendo dalla volontà
espressa prima di cadere in tale stato e tenendo conto dei valori e
delle convinzioni propri della persona in stato di incapacità – si
appalesi, in mancanza di qualsivoglia prospettiva di regressione della
patologia, lesiva del suo modo di intendere la dignità della vita e
la sofferenza nella vita. Sulla base di tali considerazioni, la
decisione del giudice, dato il coinvolgimento nella vicenda del
diritto alla vita come bene supremo, può essere nel senso
dell’autorizzazione soltanto (a) quando la condizione di stato
vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico,
irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli
standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci
supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un
qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad
una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia
realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti
e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua
personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti,
corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di
incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.

————————-
– CORTE DI CASSAZIONE. SEZIONE I CIVILE, Ordinanza 20 aprile 2005, n.
8291 [https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2305],
Rigettata l’istanza diretta ad ottenere l’autorizzazione
all’interruzione dell’alimentazione artificiale richiesta dal tutore;
– TRIBUNALE CIVILE,Parere 11 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3996], Diritto del
paziente ad interrompere il trattamento terapeutico;
– TRIBUNALE CIVILE,Ordinanza 16 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3997], Accanimento
terapeutico e diritto del paziente ad interrompere il trattamento
sanitario;
– CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ, Parere 20 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4417], Trattamenti
sanitari ed accanimento terapeutico;
– COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA.Parere 30 settembre 2005
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3413],
Interruzione dell’alimentazione ed idratazione di pazienti in stato
vegetativo persistente;
– CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO.Sentenza 29 aprile 2002
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=885])