Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 27 Maggio 2004

Risoluzione 03 marzo 2004, n.1

Ministero dell'Economia e delle Finanze. Dipartimento per le Politiche Fiscali. Risoluzione 3 marzo 2004, n. 1: "Esenzione dall'ICI degli immobili destinati alle attività di oratorio".

Prot. 25313/2003/DPF/UFF

Imposta comunale sugli immobili (ICI) – Immobili destinati alle attività di oratorio – Esenzione – Legge 1° agosto 2003, n. 206 – Quesito.

Con la nota in riferimento vengono chiesti chiarimenti in ordine all’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) degli immobili destinati ad attività di oratorio, alla luce di quanto stabilito dalla legge 1° agosto 2003, n. 206, Recante “Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo”. Infatti, l’art. 2, comma 1, di detta legge dispone che “sono considerati a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari dagli enti di cui all’articolo 1, comma 1”, e cioè degli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonchè degli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un’intesa ai sensi dell’art. 8, terzo comma, della Costituzione.
La problematica prospettata riguarda, in particolare, la decorrenza dell’esenzione dall’ICI degli oratori; si chiede cioè se tali immobili possono essere considerati esenti solo a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 206 del 2003 – vale a dire dal 21 agosto 2003 – o se invece l’esenzione in discorso doveva essere riconosciuta già sulla base delle disposizioni recate dall’art. 7, comma 1, lettere d) ed i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Infatti, l’art. 7, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 504 del 1992, stabilisce che sono esenti dall’ICI “i fabbricati destinati all’esercizio del culto, purchè compatibile con le disposizioni degli artt. 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze”. In sostanza, tale norma, riconosce l’esenzione non solo ai fabbricati destinati all’esercizio del culto, ma anche alle pertinenze degli stessi, per la qualificazione delle quali occorre riferirsi all’art. 817 del codice civile, il quale dispone che sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa e che tale destinazione può essere effettuata da chi sia proprietario o sia titolare di un diritto reale sulla cosa principale. Dello stesso avviso a stato anche il Consiglio di Stato, sez. III, che con il parere n. 1279 del 24 novembre1998 ha sostenuto che per individuare una pertinenza è necessario sia un elemento oggettivo – consistente nel rapporto funzionale tra la cosa principale e quella accessoria – e sia un elemento soggettivo, costituito dalla volontà del titolare di destinare la cosa accessoria agli scopi descritti.
Sulla base di queste argomentazioni nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01669 dell’11 marzo 2003, è stato espressamente specificato che le unità immobiliari adibite a case parrocchiali possano rientrare nel concetto di pertinenza e godere quindi dell’esenzione dall’ICI, solo ove il comune verifichi la sussistenza delle condizioni richieste dal codice civile innanzi indicate.
Al riguardo occorre inoltre sottolineare che un’analoga questione era stata sollevata sotto la vigenza del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, che con l’art. 7, comma 4, lettera b), in materia di imposta straordinaria sugli immobili (ISI), prevedeva la stessa esenzione poi riproposta in materia di ICI nell’art. 7, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 504 del 1992. L’argomento è stato infatti oggetto della risoluzione n. 9/1178 del 12 dicembre 1992, nella quale, in relazione ad una specifica fattispecie, è stato evidenziato che “sono esenti dall’imposta i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purchè compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione e le loro pertinenze, come ad esempio l’oratorio e l’abitazione del parroco”.
Vi è poi da aggiungere che, in ogni caso, agli oratori potrebbe essere accordata l’esenzione anche sulla base della lettera i) dello stesso art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 504 del 1992, il quale dispone che sono esenti dall’ICI gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonchè delle attività di cui all’art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”. Queste ultime, invero, sono le attività di religione o di culto, vale a dire quelle attività “dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”.
La norma in esame riconosce, quindi, l’esenzione dall’ICI indipendentemente dalla sussistenza del requisito di pertinenzialità cui si riferisce la lettera d) dello stesso art. 7, ritenendo invece sufficiente l’utilizzo dell’immobile per lo svolgimento delle attività ivi espressamente elencate da parte di enti non commerciali.
Pertanto, alla luce delle disposizioni esaminate si può affermare che ancor prima dell’emanazione della legge n. 206 del 2003, gli oratori godevano del regime di esenzione dall’ICI, ove si verificavano le condizioni richieste dall’art. 7, comma 1, lettere d) ed i), del D.Lgs. n. 504 del 1992.
In sostanza, la disposizione contenuta nel comma 1, dell’art. 2, della legge n. 206 del 2003, nulla ha innovato rispetto al regime fiscale di favore che poteva essere comunque riconosciuto agli oratori dalla normativa previgente in materia di ICI, sia pure nei limiti innanzi indicati, ma anzi ha sciolto ogni dubbio sulla loro natura pertinenziale, estendendola ex lege a tutti gli immobili destinati ad attività di oratorio o similari. E’ il caso di sottolineare che, ai sensi del comma 2 dell’art. 1 in esame, dette attività sono quelle “finalizzate a favorire lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio nazionale. Esse sono volte, in particolare, a promuovere la realizzazione di programmi, azioni e interventi, finalizzati alla diffusione dello sport e della solidarietà, alla promozione sociale e di iniziative culturali nel tempo libero e al contrasto dell'emarginazione sociale e della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile”.
Tale interpretazione è rafforzata anche dalla lettura dei lavori parlamentari, laddove viene specificato che il comma 1, dell’art. 2 della legge n. 206 del 2003, “qualificando in ogni caso gli oratori come pertinenze degli edifici di culto, sembrerebbe estendere l’esenzione dal tributo a strutture che attualmente non ne beneficiano per l’assenza del predetto requisito di pertinenzialità ”. Ciò in coerenza con la ratio della legge che all’art.1, riconosce la funzione educativa e sociale svolta, nell’ambito della comunità locale, mediante le attività di oratorio o attività similari, non solo dalle parrocchie, dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, ma anche dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un’intesa ai sensi dell’art. 8, terzo comma, della Costituzione.

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO