Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 29 Ottobre 2006

Risoluzione 24 ottobre 2006

Parlamento europeo. Risoluzione 24 ottobre 2006: “Immigrazione femminile, ruolo e posizione delle donne immigrate nell’UE”.

Il Parlamento europeo,

– vista la Convenzione OIL concernente la migrazione a scopo di lavoro (1949), la Convenzione OIL concernente la migrazione in condizioni abusive, la promozione della parità delle opportunità e il trattamento dei lavoratori migranti (1975) e la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990),

– visto il Protocollo sulla prevenzione, soppressione e sanzione del traffico di persone, in particolare di donne e bambini (2000) e il Protocollo contro l’espatrio illegale di migranti via terra, mare e aria (2000), entrambi i quali fanno parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale,

– vista la Convenzione sullo status dei rifugiati (1951) e il relativo Protocollo concernente lo status dei rifugiati (1967),

– vista la relazione del Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite sulla situazione della popolazione mondiale (2006) intitolata “Un passaggio verso la speranza: le donne e la migrazione internazionale”,

– vista la direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

– visto l’articolo 13 del trattato CE sulla lotta contro le discriminazioni,

– visto l’articolo 63 trattato CE che conferisce alla comunità poteri e competenze in materia di immigrazione e di asilo,

– viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999, del Consiglio europeo di Laeken del 14-15 dicembre 2001, del Consiglio europeo di Siviglia del 21-22 giugno 2002 e del Consiglio europeo di Salonicco del 19-20 giugno 2003, in cui si sottolinea l’importanza di sviluppare la cooperazione e lo scambio di informazioni nell’ambito del gruppo, recentemente istituito, di punti di contatto nazionali sull’integrazione, segnatamente al fine di rafforzare il coordinamento delle politiche pertinenti a livello nazionale e dell’Unione europea,

– visto il libro verde della Commissione sull’approccio dell’Unione europea alla gestione della migrazione economica (COM(2004)0811),

– visto il libro verde della Commissione relativo al futuro della rete europea sulle migrazioni (COM(2005)0606),

– vista la comunicazione della Commissione su immigrazione, integrazione e occupazione (COM(2003)0336),

– viste la comunicazione della Commissione che istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013; le proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio quali modificate che istituiscono il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013, il Fondo europeo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2013 e il fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013, nell’ambito del programma Generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)0123),

– vista la comunicazione della Commissione su migrazione e sviluppo: orientamenti concreti (COM(2005)0390),

– vista la comunicazione della Commissione “Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea” (COM(2005)0389),

– vista la comunicazione della Commissione su un piano d’azione sull’immigrazione legale (COM(2005)0669),

– vista la comunicazione della Commissione sulle priorità d’azione per rispondere alle sfide dell’immigrazione. Prima iniziativa presa dopo la riunione di Hampton Court (COM(2005)0621),

– vista la comunicazione della Commissione su un programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo (COM(2006)0026),

– vista la direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica,

– vista la direttiva 2003/9/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 che stabilisce criteri minimi per il ricevimento delle persone che cercano asilo,

– vista la direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare,

– vista la direttiva 2003/109/CE del Consiglio del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,

– vista la direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme minime sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

– vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazioni e di protezione internazionale (COM(2005)0375),

– vista la sua risoluzione del 13 ottobre 2005 sull’integrazione degli immigrati in Europa grazie alle scuole e a un insegnamento plurilingue,

– vista la sua risoluzione del 9 giugno 2005 sui legami tra immigrazione legale e clandestina e integrazione dei migranti,

– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2004 sulla comunicazione della Commissione su immigrazione, integrazione e occupazione,

– vista la sua risoluzione del 9 marzo 2004 sulla situazione delle donne di gruppi minoritari nell’Unione europea,

– visto il programma dell’Aja, approvato dal Consiglio europeo del 4 novembre 2004, che stabilisce gli obbiettivi per la realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2005-2010,

– visto l’incontro ministeriale informale di Groninga del 9 novembre 2004, che ha visto riuniti per la prima volta i ministri competenti in materia di politica di integrazione,

– visti i principi fondamentali comuni per l’integrazione adottati dal Consiglio dell’Unione europea il 19 novembre 2004, che costituiscono un insieme coerente di raccomandazioni le quali devono rappresentare le basi della politica dell’Unione europea in materia di integrazione,

– vista la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (ECHR) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 18, 20, 21 e 22,

– visto l’articolo 45 del regolamento

– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, (A6-0307/2006),

A. considerando che l’immigrazione femminile aumenta di continuo nell’Unione europea e costituisce circa il 54% del fenomeno nel suo complesso, coprendo un fascio di categorie sempre più ampio (immigrazione economica, immigrazione a seguito di catastrofi, ricongiungimento familiare, immigrazione per motivi politici, immigrazione come conseguenza di conflitti armati, immigrazione irregolare, asilo),

B. considerando che non esiste un’autentica politica di immigrazione europea organizzata e coordinata, e che è necessario che l’Unione e i suoi Stati membri si dotino di una politica di regolamentazione dell’immigrazione in collaborazione con i paesi terzi,

C. considerando che le donne immigrate devono affrontare in linea generale gravi problemi di inserimento, soprattutto per via di un non facile accesso al mercato del lavoro, bassi tassi di occupazione ed elevate percentuali di disoccupazione, impiego in posti di lavoro temporanei o scarsamente retribuiti e senza protezione sociale ed economica o in settori dell’economia sommersa e del lavoro clandestino, limitate competenze linguistiche, scarsa partecipazione all’istruzione di base e in particolare a quella superiore, limitata partecipazione alla vita sociale, politica, sindacale e culturale del paese di accoglienza, povertà ed esclusione sociale, rilevando tuttavia che un numero non indifferente di giovani donne, in possesso di un diploma d’istruzione superiore nel loro paese, accettano nell’Unione europea posti che richiedono scarse qualifiche, come, ad esempio, quelli di collaboratrici domestiche, a causa dell’alto tasso di disoccupazione delle donne nei loro paesi e del basso livello salariale delle professioni e dei posti di lavoro adeguati alle loro competenze e capacità,

D. considerando che le donne migranti spesso sono oggetto di gravi discriminazioni in quanto individui che dipendono dallo stato giuridico del coniuge, in base alla direttiva 2003/86/CE (stato non autonomo, accesso ristretto al mercato del lavoro, stato residenziale non sicuro in caso di vedovanza, divorzio, ecc.) e a causa della mentalità, degli stereotipi negativi e delle prassi prevalenti nei rispettivi paesi d’origine e anche nella società ospite; considerando inoltre che in talune comunità migranti esse affrontano problemi cruciali quali l’emarginazione, i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti crimini di onore,

E. insistendo sul fatto che dall’integrazione delle donne migranti nella società dipende molto spesso anche l’integrazione dei famigliari della seconda e terza generazione di cittadini discendenti da immigrati,

F. rilevando che le donne immigrate sono maggiormente esposte alla violenza, psichica e fisica, sia perché sono dipendenti economicamente e giuridicamente sia perché, prive di uno status legale, rischiano maggiormente di subire violenze e sfruttamento sessuale nel luogo di lavoro ma anche di finire nel giro di quanti fanno traffico di esseri umani; considerando che, in mancanza di un loro status giuridico sul territorio dello Stato in cui risiedono, le donne migranti in situazione irregolare sono particolarmente esposte al rischio di vedersi negati i propri diritti fondamentali e pertanto di diventare oggetto di discriminazioni e violenze quotidiane,

G. considerando che l’integrazione è un processo biunivoco che presuppone tanto la disponibilità delle donne migranti ad assumersi la responsabilità dell’integrazione nella società d’accoglienza, quanto la disponibilità dei cittadini dell’UE ad accettare e integrare le migranti; in tale contesto, occorre elaborare ed applicare misure integrate per influire sui comportamenti sia delle migranti sia delle società di accoglienza, a tutti i livelli, e per mobilitare risorse su ambo i lati; rileva che tale processo implica un impegno reciproco che consiste in diritti e doveri per la società di accoglienza e le migranti,

H. considerando che alla luce delle ultime relazioni di valutazione delle politiche nazionali di integrazione dei migranti la dimensione del genere non sembra esser presa sistematicamente in considerazione, sia a livello di politiche poste in essere sia a livello di raccolta di dati,

I. considerando che le violazioni dei diritti umani nei confronti di donne e giovani migranti, sotto forma di cosiddetti delitti d’onore, matrimoni forzati, mutilazioni genitali o altre violazioni, non possono essere giustificati in base ad alcun motivo culturale o religioso e non vanno in alcun modo tollerati,

J. sottolineando che nel nuovo quadro finanziario 2007-2013, oltre ai finanziamenti a favore degli attuali programmi e Fondi per l’integrazione dei migranti, sono previste nuove iniziative quali il Programma quadro di solidarietà e gestione dei flussi migratori (tale programma comprende il Fondo di integrazione dei cittadini provenienti da paesi terzi, il Fondo per le frontiere esterne e il Fondo per i profughi), nel cui ambito occorre inserire la dimensione di genere e l’integrazione ottimale delle donne migranti,

K. rilevando che sono stati osservati molteplici collegamenti tra il traffico e il commercio di donne e l’immigrazione economica,

1. ritiene che la politica dell’Unione europea per lo sviluppo e la coesione sociale debba prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, in particolare delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza di coloro che migrano nell’UE per motivi sempre più vari (immigrazione economica, rifugiati, asilo, ricongiungimento familiare); plaude all’iniziativa della Commissione di pubblicare orientamenti sul “programma quadro comune per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’UE”, sottolineando che tutte le misure dovranno tener conto delle specificità relative al genere e della situazione delle donne;

2. riconosce le difficoltà che incontrano gli immigranti appena arrivati, in particolare le donne, che costituiscono la categoria più vulnerabile poiché sono oggetto di una doppia discriminazione basata e sull’origine etnica e sul sesso; invita gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l’informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro;

3. invita gli Stati membri a promuovere, anche a livello regionale e locale, campagne di informazione rivolte alle donne migranti al fine di prevenire ed evitare matrimoni forzati o concordati, mutilazioni genitali femminili ed altre forme di costrizione psicologica o fisica. Tali campagne dovranno utilizzare un linguaggio semplice, divulgativo e multilinguistico;

4. invita gli Stati membri e la Commissione a prevedere il finanziamento di programmi che si rivolgano specificamente alle donne e che forniscano informazioni sui requisiti che i migranti devono soddisfare per entrare e soggiornare nell’Unione europea; chiede che vengano potenziate le strutture consolari e diplomatiche al fine di gestire meglio le necessità connesse con l’immigrazione;

5. chiede alle organizzazioni di immigrati di incoraggiare soprattutto le loro aderenti, ma anche le loro famiglie, ad attivarsi per la loro integrazione e ad accettare le offerte di integrazione dei paesi d’accoglienza, in modo da sostenere gli sforzi che le società di accoglienza compiono ai fini dell’integrazione;

6. sottolinea che la direttiva 2003/86/CE non è stata ancora applicata in modo soddisfacente da tutti gli Stati membri, il che ha lasciato ampio spazio a trattamenti discriminatori nei confronti delle donne migranti;

7. invita gli Stati membri in base alle rispettive legislazioni nazionali e alle Convenzioni internazionali a garantire alle donne migranti, indipendentemente dalla regolarità della loro situazione, il rispetto dei loro diritti fondamentali e, in particolare la protezione contro la riduzione in schiavitù e la violenza, l’accesso alle cure mediche di emergenza, il patrocinio legale, l’istruzione per i bambini e i lavoratori migranti, la parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, il diritto a iscriversi ai sindacati (Convenzione ONU per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie – 1990);

8. invita gli Stati membri conformemente alla legislazione nazionale e alle Convenzioni internazionali (Convenzione ONU per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie – 1990) ad assicurare l’accesso all’istruzione ai figli delle donne migranti in situazione irregolare;

9. invita gli Stati membri, nel quadro degli accordi di lavoro bilaterali sull’accoglienza dei cittadini dei paesi terzi o attraverso altri strumenti, a vigilare affinché le donne migranti beneficino di un regime giuridico e lavorativo sicuro nei paesi d’accoglienza e non subiscano discriminazioni, né per motivi di genere né per motivi di origine, conformemente all’acquis comunitario;

10. invita gli Stati membri ad affrontare con efficacia ogni forma di violenza a danno delle donne immigrate, fornendo un adeguato sostegno medico, giuridico e sociale alle vittime della violenza, applicando i programmi di reinserimento sociale delle vittime, offrendo alle vittime della prostituzione la possibilità di accedere a case di cura, tenendo debitamente conto delle esigenze di sicurezza e tutela di queste vittime nonché informando preventivamente le donne immigrate sui loro diritti nel paese di accoglienza;

11. invita gli Stati membri a tener debitamente conto, in osservanza della direttiva 2004/81/CE, nell’esaminare le richieste di riconoscimento di uno status giuridico autonomo, dei casi in cui le donne immigrate hanno subíto violenze, in particolare fisiche e psicologiche, inclusa la prassi continua di matrimoni forzati o concordati e di garantire che vengano prese tutte le misure amministrative per proteggere queste donne, incluso l’accesso effettivo ai meccanismi di assistenza e di protezione; invita gli Stati a semplificare le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime della prostituzione e a dare attuazione a misure che prevedano permessi di soggiorno temporaneo o permanente alle vittime della prostituzione sulla base delle disposizioni del suddetto protocollo per impedire, sopprimere e sanzionare il traffico di persone, in particolare di donne e bambini e a dare attuazione a misure che prevedano permessi di soggiorno speciali in casi eccezionali, onde offrire ai clandestini stranieri riconosciuti come vittime la possibilità di sottrarsi alla violenza;

12. invita gli Stati membri a garantire che gli accordi bilaterali con i paesi terzi siano negoziati e conclusi sulla base del rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e/o la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare per quanto riguarda lo stato delle persone nel matrimonio, nel divorzio, nella custodia dei figli, nel ripudio o la poligamia;

13. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, dal momento che il forte sviluppo dell’industria del divertimento e del sesso fornisce ulteriori canali di immigrazione per le donne migranti, a rafforzare il quadro giuridico che garantisce a queste ultime il diritto a un passaporto e a un permesso di soggiorno propri, e che permette di perseguire penalmente la sottrazione di tali documenti, in conformità della decisione 2006/619/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo delle Nazioni Unite per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini (2000);

14. invita gli Stati membri, nel quadro dei piani d’azione nazionali per l’occupazione e l’integrazione sociale, a prevedere azioni intese a promuovere la partecipazione delle donne migranti al mercato del lavoro, a lottare contro il lavoro non dichiarato, a garantire il rispetto dei loro diritti sociali (parità di remunerazione, sicurezza sociale, diritto alla pensione, ecc.), a rafforzare lo spirito d’impresa nonché la protezione delle donne migranti della terza età contro la povertà e l’esclusione e il rafforzamento del ruolo delle parti sociali e dei sindacati nel processo della loro integrazione sociale ed economica;

15. invita gli Stati membri ad assicurare alle donne immigrate un’istruzione adeguata e solida attraverso corsi di lingua e di informazione riguardo ai diritti umani, civili e sociali fondamentali e ai principi democratici del paese di accoglienza, il che renderà possibile a queste persone di integrarsi socialmente e con facilità nel paese di accoglienza e le proteggerà da discriminazioni in famiglia e nella società;

16. sottolinea in particolare l’importanza di un accesso incondizionale, e perfino prioritario, per le donne immigranti all’educazione e alla formazione linguistica, requisiti essenziali per una vera integrazione nella società e nel mondo del lavoro; invita gli Stati membri ad istituire una formazione linguistica obbligatoria per le donne e le ragazze immigrate, mezzo inteso a facilitarne l’integrazione, e a proteggerle dalla discriminazione in famiglia e nella società;

17. invita gli Stati membri a promuovere l’accesso delle giovani donne migranti all’istruzione e ai sistemi di formazione nei paesi di accoglienza, e a promuovere la loro partecipazione al programma d’azione integrato (2007-2013) relativo all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, che comprende i programmi Erasmus, Leonardo da Vinci, Comenius e Grundtvig, e ai programmi Socrates, Cultura 2007-2013 e Gioventù in azione 2007-2013; ritiene che è fondamentale, in particolare, riconoscere le qualifiche professionali, le capacità delle donne (in particolare diplomi universitari) e garantire loro l’accesso alla formazione linguistica atta ad agevolare la loro integrazione;

18. invita gli Stati membri a promuovere l’accesso delle donne migranti all’occupazione e a garantirne un’adeguata formazione professionale mediante l’adozione di misure positive volte a combattere la duplice discriminazione sofferta dalle donne migranti sul mercato del lavoro e a creare le condizioni favorevoli perché possano accedere al mercato del lavoro e ad equilibrare la propria vita professionale e privata, soprattutto creando strutture accessibili per la cura dei figli;

19. chiede agli Stati membri di evidenziare una sensibilità particolare in merito alla promozione della partecipazione delle donne migranti alla vita sociale e politica, conformemente alle legislazioni nazionali e alle opportunità che ne derivano;

20. sottolinea che il fatto che i genitori delle giovani migranti proibiscano loro di partecipare alle attività sportive, ai corsi di nuoto e ad altri corsi scolastici non può essere tollerato e giustificato con motivazioni culturali o religiose; invita gli istituti scolastici e le autorità ad assicurare che le ragazze migranti partecipino all’istruzione scolastica e a far rispettare l’obbligo scolastico conformemente alle norme nazionali;

21. sottolinea che le autorità nazionali, locali e regionali sono chiamate a svolgere un ruolo sempre più importante nel processo di integrazione delle donne migranti per il tramite di politiche proattive e a condurre un dialogo aperto più intenso per comunicare e cooperare con comunità e reti di donne immigrate; chiede agli Stati membri e all’Unione europea di sostenere questi sforzi sia sul piano finanziario che attraverso uno scambio di informazioni, affinché si possano affrontare in particolare problemi quali l’alloggio, la ghettizzazione, la criminalità, l’accesso ai servizi pubblici, sociali e sanitari, ai servizi di accoglienza dei bambini, ecc.; sottolinea altresì il ruolo delle comunità organizzate di donne migranti e delle ONG impegnate a consigliare, informare e sostenere le donne migranti;

22. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a prendere tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti delle donne e delle giovani migranti e per combattere la discriminazione cui sono esposte nelle loro comunità d’origine, rifiutando tutte le forme di relativismo culturale e religioso che possano violare i diritti fondamentali delle donne;

23. invita gli Stati membri ad adottare e a dare attuazione a disposizioni giuridiche specifiche in materia di mutilazione genitale femminile o ad adottare tali disposizioni e a perseguire chiunque pratichi la mutilazione genitale, nonché ad introdurre l’obbligo, per gli operatori sanitari, di registrare tutti i casi di mutilazione genitale femminile, compresi i casi accertati e quelli in cui vi è il sospetto che si possa procedere a questo tipo di pratica;

24. invita gli Stati membri a prendere posizione contro la violenza a danno delle donne radicata nelle tradizioni, a condannare le violazioni dei diritti umani delle donne e delle giovani migranti indotte dalla famiglia e a verificare quali siano le leggi applicabili in materia di responsabilizzazione dei familiari, in particolare nel caso dei cosiddetti delitti d’onore;

25. chiede alla Commissione, agli Stati membri e ai paesi d’origine d’informare, in maniera sistematica e responsabile, le proprie popolazioni rispettive sulle politiche e le sfide dell’UE in materia di immigrazione, sulle possibilità offerte ai migranti, uomini e donne, e sui loro obblighi, al fine di prevenire le conseguenze negative dell’immigrazione illegale, dell’emarginazione e dello sfruttamento economico e sessuale delle donne migranti nei paesi d’accoglienza;

26. invita la Commissione ad introdurre, nella proposta di regolamento relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazioni e di protezione internazionale, indicatori e dati affidabili e comparabili sulle donne migranti, al fine di poter disporre di un quadro preciso della situazione e dei problemi cui esse si confrontano;

27. chiede alla Commissione di procedere ad una valutazione qualitativa e quantitativa delle politiche e delle azioni attuate a favore delle donne migranti attraverso strumenti finanziari e programmi esistenti (Fondo sociale europeo, Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo europeo per i rifugiati, Iniziativa EQUAL, programma Daphne di lotta contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne, programmi europei nel settore dell’istruzione, dell’occupazione, della lotta contro l’esclusione sociale e le discriminazioni);

28. si compiace del fatto che la Commissione, nell’ambito del programma quadro comune per l’inserimento dei cittadini provenienti da paesi terzi nell’UE, abbia preso l’iniziativa di definire linee direttrici in ordine alla politica di integrazione che gli Stati membri dovranno seguire e rileva l’intento esplicito di far sì che le azioni che saranno adottate tengano conto delle peculiarità connesse al genere e della situazione delle donne, dei giovani e dei figli dei migranti;

29. invita la Commissione a raccogliere dati sull’immigrazione nell’UE, basati sul genere, e a promuoverne l’analisi da parte dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, onde sottolineare ulteriormente le particolari esigenze e i problemi delle donne immigrate e i modi più opportuni di integrarle socialmente nei paesi d’accoglienza;

30. si felicita perchè nel quadro dell’azione del Fondo europeo di integrazione l’obbligo imposto ai prestatori di servizi degli Stati membri di dare una migliore risposta ai diversi gruppi di cittadini di paesi terzi, incluse le donne e i minori, rientra tra i principali obiettivi specifici; chiede che, nell’ambito di tale azione, vengano finanziati servizi di consulenza gratuiti a disposizione delle donne migranti in materia di diritti della donna, salute, diritti sessuali e riproduttivi, occupazione e temi connessi;

31. accoglie favorevolmente il riferimento ai summenzionati principi fondamentali comuni adottati dal Consiglio dell’Unione europea, che costituiscono un insieme coeso di raccomandazioni che dovrebbe costituire il fondamento della politica di integrazione della UE, e invita la Presidenza finlandese ad iscrivere nuovamente tali PFC in una posizione prioritaria all’ordine del giorno;

32. si compiace della decisione adottata di dichiarare il 2007 Anno delle pari opportunità per tutti e il 2008 Anno del dialogo interculturale, la qual cosa dovrà servire a sensibilizzare i cittadini alle discriminazioni contro le donne e le giovani (violazioni dei diritti fondamentali) nonché a informare più ampiamente il pubblico sulla posizione e il ruolo delle donne migranti, le loro culture rispettive e le loro aspirazioni nel paese d’accoglienza; ricorda che occorre adottare un approccio bidirezionale che promuova sia l’informazione sia la partecipazione delle donne immigrate alle manifestazioni della società europea;

33. condanna i matrimoni forzati e invita gli Stati membri ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali misure volte a perseguire i cittadini che cerchino di contrarre un matrimonio di questo tipo o che contribuiscano ad organizzarlo, anche quando il matrimonio forzato è contratto fuori dal loro territorio;

34. esorta il Consiglio e la Commissione ad includere, nel quadro di una politica europea comune in materia di immigrazione e di asilo, il rischio di mutilazione genitale femminile tra i motivi di richiesta del diritto di asilo, in conformità delle linee direttrici internazionali dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in base alle quali la definizione internazionale di rifugiato “copre le richieste per ragioni legate al genere”;

35. esorta gli Stati membri che non abbiano ancora adottato delle disposizioni in questo senso ad attivarsi affinché tutte le violenze a danno di donne e bambini, in particolare il matrimonio forzato, la poligamia, i cosiddetti delitti d’onore e le mutilazioni, siano punite con sanzioni efficaci e dissuasive, in conformità del loro codice penale, e a sensibilizzare le autorità di polizia e giudiziarie su tali questioni;

36. nota con preoccupazione che i matrimoni poligami sono stati riconosciuti come legali negli Stati membri, nonostante la poligamia sia proibita; invita gli Stati membri a garantire il mantenimento dell’illegalità della poligamia; stimola la Commissione a considerare la possibilità di includere un bando dei matrimoni poligami nell’attuale proposta di introdurre norme concernenti la legge applicabile in materia matrimoniale;

37. invita gli Stati membri ad applicare politiche che garantiscano l’uguaglianza di tutte le persone, rifacendosi in particolare alla Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati, in modo che le misure adottate a livello nazionale contro l’immigrazione illegale siano pienamente compatibili con i principi di non discriminazione;

38. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.