Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 6 Giugno 2005

Sentenza 10 marzo 2004, n.133

TAR Campania. Sentenza 10 marzo 2004, n. 133: “Mancata prova della deputatio ad cultum pubblicum e provvedimenti espropriativi”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania. Sezione di Salerno. Sezione Prima

composto dai Magistrati:
Dr. Alessandro Fedullo – Presidente
Dr. Francesco Mele – Consigliere
Dr. Francesco Gaudieri – Consigliere, relatore.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 450/2003, proposto da Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, in persona del legale rappresentante pro tempore sac. Gerardo Guariniello, rappresentata e difesa dall’avv. Enzo Maria Marenghi, giusta procura rilasciata a margine dell’atto introduttivo, presso il quale elettivamente domicilia in Salerno, alla Via Velia n. 15

contro

il Comune di Montoro Inferiore, in persona del legale rappresentante in carica pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione, dagli avv.ti Mario D’Urso e Antonio D’Urso, presso i quali elettivamente domicilia alla Via Arce n. 122

e nei confronti della

Provincia di Avellino, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione, dall’ avv. pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione, dall’avv. Ferdinando Antonio Di Martino, con il quale elettivamente domicilia in Salerno alla Via F. Manzo n. 53 presso lo studio dell’avv. Gianluigi Cassandra

per l’annullamento

a) del decreto prot. n. 317 dell’8.1.2003, a firma del Segretario comunale, recante occupazione temporanea ed urgente degli immobili occorrenti per la realizzazione della villa comunale;

b) della deliberazione consiliare n. 10/2002 di approvazione del piano annuale e del programma triennale delle opere pubbliche, triennio 2002/2004, nonché della deliberazione giuntale n. 254/2002 recante adozione dello schema del programma delle opere pubbliche, triennio 2003/2005 e relativi allegati;

c) della deliberazione giuntale n. 273/2002, recante l’approvazione del progetto preliminare della suindicata opera pubblica;

d) della deliberazione giuntale n. 297 del 20 novembre 2002 recante approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità delle relative opere;

e) della deliberazione giuntale n. 326 del 27 dicembre 2002 di approvazione del progetto esecutivo del citato intervento;

f) in parte qua, del Piano regolatore del Comune di Montoro Inferiore;

g) di ogni atto connesso, nonché, con i motivi aggiunti notificati il 7 giugno 2003, depositati il 12 giugno 2003;

h) del decreto prot. n. 10649 del 23.5.2003 del Segretario comunale, recante il rinnovo del proprio decreto n. 317/2003 avente ad oggetto l’occupazione temporanea ed urgente degli immobili de quibus, nonchè per il risarcimento dei danni

Visto il ricorso con gli atti e documenti allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale e dell’amministrazione provinciale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 dicembre 2003 il consigliere dott. Francesco Gaudieri e uditi altresì, per le parti, gli avvocati difensori presenti come da processo verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

1.- Con atto notificato il 10/11 febbraio 2003, depositato il 12 febbraio 2003, l’ente parrocchiale San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, premesso :

– di essere proprietario di un’area occupata da oltre venti anni da due edifici, assentiti dall’amministrazione comunale, destinati al culto ed all’educazione e formazione religiosa;

– di essere stato altresì destinatario di appositi provvedimenti finalizzati all’annullamento del titolo assentito dall’amministrazione comunale il 10 agosto 1981 per la realizzazione dei citati manufatti;

– di aver impugnato questi ultimi atti, sospesi in sede cautelare con ordinanza n. 835/2001 della II Sez di questo Tar, confermata in Consiglio di Stato con ordinanza n. 1/2002;

– di essere stato altresì destinatario di una nuova e diversa procedura, attivata dalla medesima amministrazione per l’espropriazione dell’area occupata dai citati manufatti, in quanto necessaria alla realizzazione dell’opera pubblica di cui in premessa;

impugnava gli atti in epigrafe meglio specificati, relativi all’occupazione temporanea e d’urgenza degli immobili occorrenti all’Amministrazione comunale di Montoro Inferiore per la realizzazione della villa comunale, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto concorrenti e plurimi profili.

2.- Resiste in giudizio l’Amministrazione comunale intimata chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile ed infondata.

Parimenti si è costituita in resistenza l’Amministrazione provinciale, chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile ed infondata.

3.- Alla camera di consiglio del 6 marzo 2003, questo Tribunale respingeva la domanda di tutela cautelare con ordinanza n. 271/03.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, adito in sede di appello, con ordinanza n. 3042/03 dell’11 luglio 2003, dichiarava inammissibile il gravame per carenza d’interesse stante la sopravvenienza di ulteriore decreto di occupazione d’urgenza, parimenti gravato dalla parte.

4.- Con motivi aggiunti, la Parrocchia ricorrente ha impugnato altresì il decreto prot. n. 10649 del 23.5.2003 recante rinnovazione del precedente decreto n. 317/03 rimasto ineseguito nel termine trimestrale di efficacia.

5.- In sede cautelare, con ordinanza n. 754/03 del 19 giugno 2003, questo Tribunale respingeva la relativa domanda.

Il Consiglio di Stato, adito in sede di appello, con ordinanza n. 3043/03 dell’11 luglio 2003, accoglieva l’istanza di tutela cautelare.

6.- Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2003, sulla conclusione delle parti, la causa è stata riservata per la decisione.

Diritto

1.- Per una migliore comprensione delle questioni trattate gioverà una sintetica ricostruzione della vicenda in esame.

1.a.-La ricorrente Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino (di seguito : Parrocchia) è proprietaria in agro del Comune di Montoro Inferiore delle particelle n. 501 e n. 536, foglio di mappa n. 17, tipizzate dallo strumento urbanistico in vigore come zona F2, destinate a spazi pubblici attrezzati a parchi per il gioco e lo sport con specifica destinazione a verde di quartiere.

Circa venti anni prima e precisamente in data 4.7.1981, su detta area, all’epoca tipizzata dallo strumento urbanistico in vigore (P.d.f) zona B, il rev. don Gerardo Guariniello, nella qualità di legale rappresentante della Parrocchia in questione, chiese il rilascio di apposita concessione edilizia per installare, in Frazione Piano, “un centro sociale di educazione religiosa composto di due corpi di fabbrica denominati A e B”, assentita dall’Amministrazione comunale con atto prot. n. 7744 del 10.8.1981, recante autorizzazione a realizzare “la installazione di due prefabbricati da destinare a centro sociale di educazione religiosa”.

In ragione della mutata tipizzazione dell’area da parte del sopravvenuto strumento urbanistico, il Comune avviava il procedimento di annullamento della concessione edilizia assentita, con atti impugnati in sede giurisdizionale dal ricorrente e sospesi in sede cautelare con ordinanza n. 835/2001 della II Sez di questo Tar, confermata in Consiglio di Stato con ordinanza n. 1/2002.

1.b.-Nelle more, l’Amministrazione comunale si attivava per la realizzazione, su detta area, della villa comunale, con una serie di atti procedimentali tipici della procedura espropriativa culminata nella dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del progetto dell’opera pubblica, avvenuto con atto giuntale n. 297 del 20.11.2002, cui ha fatto seguito il decreto di occupazione d’urgenza n. 317 dell’8.1.2003.

Avverso quest’ultimo provvedimento e gli atti ad esso preordinati e connessi è insorto il ricorrente, deducendo,

-in primis, violazione dell’art. 10 del testo concordatario tra S. Sede e l’Italia, nonché violazione dell’art. 5 della l. n. 848/1929 e l. n. 121/85 e dell’art. 831, comma 2, c. c., in considerazione della circostanza che gli immobili insediati sull’area da occupare, in quanto edifici aperti al culto, non avrebbero potuto essere occupati o espropriati se non previo accordo con la competente autorità ecclesiastica;

-nonché censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili afferenti la scelta dell’area ed il giusto procedimento.

1.b.1.-In sede cautelare, questo Tar, con ordinanza n. 271/03 del 6 marzo 2003, respingeva l’istanza cautelare sul presupposto dell’inesistenza del fumus boni iuris nonché della circostanza che “a tutela dei manufatti insediati sull’area parte ricorrente ha già attivato apposito ed ulteriore ricorso giurisdizionale”.

L’ordinanza de qua veniva gravata di appello innanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 3042/03 dell’11 luglio 2003, dichiarava inammissibile il gravame per carenza d’interesse stante la sopravvenienza di ulteriore decreto di occupazione d’urgenza, parimenti gravato dalla parte.

1.c.- Ed infatti, sopravvenuta l’inefficacia del decreto di occupazione d’urgenza n. 317 dell’8.1.2003, per decorrenza del termine trimestrale, l’Amministrazione comunale adottava il nuovo decreto di occupazione d’urgenza prot. n. 10649 del 23.5.2003, parimenti impugnato dalla Parrocchia in sede giurisdizionale, con motivi aggiunti recanti anche istanza di sospensiva.

Avverso il sopravvenuto decreto la Parrocchia deduceva:

– elusione del giudicato cautelare di cui all’ordinanza n., 271/03;

– violazione dell’art. 10 del testo concordatario tra S. Sede e l’Italia, nonché violazione dell’art. 5 della l. n. 848/1929 e l. n. 121/85 e dell’art. 831, comma 2, c. c.,

-violazione e falsa applicazione della l n. 109/94 e della l. n. 1150/42;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 6, l n. 109/94;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90 e del Prg;

– violazione della l. n. 1150/1942; l. n. 1/78; l. n. 10/77 e l. n. 847/1964;

– violazione dell’art. 107 D. Lgs. n. 267/2000;

– violazione della L. R. n. 9/90 (art.1); Violazione D. M. 2 aprile 1968 (art. 3);

– violazione dell’art. 13 l n. 865/71;

– sviamento;

In sede cautelare, con ordinanza n. 754/03 del 19 giugno 2003, questo Tribunale respingeva la relativa domanda, in considerazione del fatto che “il provvedimento impugnato…risulta emesso in ragione della sopravvenuta inefficacia del precedente decreto di occupazione dell’8.5.2003 e che sostanzialmente non emergono circostanze nuove sopravvenute tali da indurre questo Tribunale ad una delibazione dell’istanza cautelare con esiti diversificati rispetto alla precedente ordinanza n, 271 del 6.3.2003”.

Il Consiglio di Stato, adito in sede di appello, con ordinanza n. 3043/03 dell’11 luglio 2003, accoglieva l’istanza di tutela cautelare sul presupposto che il “ricorso proposto dalla Parrocchia presenta taluni elementi che meritano di essere approfonditi nel merito, specie con riguardo alla regolarità del procedimento riferito a beni destinati al culto.

Ritenuto comunque che il danno che potrebbe derivare dall’esecuzione del provvedimento impugnato sembra, dall’esame degli atti e dal comportamento processuale del Comune, che non ha documentato l’urgenza dei previsti interventi di sistemazione urbana, prevalere sul danno che dalla mancata esecuzione potrebbe derivare all’interesse pubblico”.

Così ricostruita la vicenda in questione, può addivenirsi alla trattazione del merito.

2.- Preliminarmente occorre precisare che l’interesse della ricorrente Parrocchia deve intendersi trasferito e concentrato sui motivi aggiunti proposti avverso il decreto prot. n. 10649 del 23.5.2003, stante la sopravvenuta inefficacia del precedente decreto, impugnato con il ricorso principale, così come evidenziato, sia pure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 3042/03 dell’11 luglio 2003.

3.- Punto cruciale della presente controversia è quello di stabilire se “i due prefabbricati da destinare a centro sociale di educazione religiosa” insediati sull’area oggetto della procedura ablatoria abbiano mutato nel tempo l’originaria destinazione, peraltro voluta dalla medesima autorità ecclesiastica ed assentita dall’amministrazione comunale, ed abbiano assunto la caratterizzazione di edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico e come tali assoggettati al particolare regime giuridico dei beni ecclesiastici, di cui all’art. 5 della legge 25 marzo 1985 n. 121.

Nel caso di specie, la Parrocchia assume che :

“l’edificio di proprietà della ricorrente è aperto al culto.

La procedura in esame comporta l’ablazione del fondo e la demolizione dell’edificio.

Tuttavia l’Amministrazione non gode del preventivo accordo con l’autorità ecclesiastica,

Nel caso in esame gli indefettibili presupposti per la “sottrazione” non sussistono, mentre la destinazione al culto degli edifici è inconfutabile ed è stata ampiamente accertata in sede giurisdizionale”.

In sostanza, la Parrocchia erge a presidio dell’intangibilità dei propri manufatti la circostanza che i manufatti in questione siano luoghi sacri destinati al culto divino e non anche che trattasi di edifici pertinenziali strumentali alla funzione dell’edificio principale.

Invoca quindi la previsione di cui all’art. 5 citato che così recita : “Gli edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati, espropriati o demoliti, se non per gravi ragioni e previo accordo con l’autorità ecclesiastica”.

3.a.- L’art. 831 c. c. – peraltro in palese superamento delle previsioni del previgente codice del 1865 ed in coerenza con le disposizioni di cui gli artt. 9 e 10 dei Patti Lateranensi dell’11.2.1929 – testimonia, segnatamente per le previsioni di cui al secondo comma, il particolare interessamento del legislatore statale per il normale funzionamento della Chiesa cattolica.

Infatti, già con gli artt. 9 e 10 del Concordato del 1929, ed a testimonianza della volontà di superare e chiudere definitivamente la portata della precedente legislazione “eversiva” del patrimonio immobiliare ecclesiastico, fu assegnato agli immobili de quibus un particolare regime giuridico, giustificato unicamente dalla loro funzione e cioè dalla destinazione “all’esercizio pubblico del culto cattolico”.

L’art. 831 c. c. si è sostanzialmente conformato alle citate previsioni, peraltro recepite anche dalla sopravvenuta normativa e segnatamente dall’art. 5 della l. 25 marzo 1985, n. 121, di ratifica ed esecuzione dell’accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, recante modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede.

Orbene, se per effetto delle previsioni della citata normativa “la destinazione all’esercizio pubblico del culto cattolico“ assume rilevanza per l’ordinamento giuridico statuale, al fine di assicurare il particolare regime giuridico di cui godono gli immobili de quibus, ciò comporta per l’interprete la necessità ineludibile di accertare quando si concretizzi siffatta evenienza che assume rilevanza per il diritto statuale.

Per tale accertamento, il nostro ordinamento rinvia al diritto canonico.

3.a.1.- In siffatta traiettoria ermeneutica, reputa il Collegio che sia necessario un atto, proprio dell’Autorità ecclesiastica, costitutivo della destinazione stessa, con effetti anche sul diritto statuale e non viceversa.

D’altronde, che la deputatio ad cultum pubblicum sia un atto proprio dell’autorità ecclesiastica e non di quella statale è desumibile dai principi del Concordato, in quanto – per usare le limpide argomentazioni di illustre dottrina – “siccome il libero e pubblico esercizio del culto è stato assicurato alla Chiesa cattolica da parte dello Stato italiano nell’articolo I del Concordato, lo stabilire il momento iniziale e quello finale della destinazione al culto di un edificio, rientra indiscutibilmente in quell’ordine in cui la Chiesa è indipendente e sovrana”.

Il particolare regime assicurato agli edifici aperti al culto cattolico e tale da limitare, nei sensi oggi descritti dall’art. 5 citato, la portata delle previsioni del diritto statuale, risulta, per il diritto canonico, temporalmente e funzionalmente incluso tra la deputatio ad cultum pubblicum (atto di volontà di un competente organo della Chiesa recante destinazione dell’edificio all’esercizio pubblico del culto cattolico) ed il decretum de profanando (atto dell’autorità ecclesiale che revoca la destinazione all’esercizio pubblico del culto cattolico), e ciò a prescindere dalle ipotesi in cui, de iure et de facto, l’uso sia cessato da lungo tempo.

La circostanza che i menzionati atti siano rilevanti per il diritto statuale è confermata dalla stessa disposizione dell’art. 831 c. c. che, per la cessazione della destinazione al culto degli edifici de quibus usa l’espressione “in conformità alle norme che li riguardano” e cioè alle norme del diritto canonico.

3.a.2.- La deputatio ad cultum pubblicum è dunque un atto – rilevante per il diritto statuale nonché costitutivo del particolare regime giuridico ex art. 5 citato – proprio dell’autorità ecclesiastica, competente secondo il diritto canonico.

Siffatto provvedimento dell’autorità ecclesiatica è impermeabile al sindacato dell’autorità giurisdizionale statuale se non al limitato fine – per la materia espropriativa che ci occupa – dell’esistenza del potere in capo al soggetto.

3.a.3.- Il concetto di edificio destinato all’esercizio pubblico del culto cattolico risulta suscettibile di estendersi anche alle pertinenze, per la cui configurazione non appare decisiva la materiale unicità della costruzione dei locali, bensì il legame funzionale derivante dalla loro destinazione al servizio dell’edificio principale al fine di permettere l’esercizio dell’attività di culto.

3.b.- Ciò premesso, il nuovo Codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983, consta di sette libri :

De normis generalibus, De Populo Dei, De Ecclesiae munere docendi, De Ecclesiae munere sanctificandi, De Bonis Ecclesiae temporalibus, De sanctionibus in Ecclesia, De processibus.

Ai fini che qui ci occupano, appare essenziale la parte III del Libro IV – De Ecclesiae munere sanctificandi – del Codice, laddove si annota la disciplina De Locis et Temporibus Sacris, e cioè dei luoghi sacri, delle chiese, degli oratori e cappelle private, dei santuari, degli altari e dei cimiteri.

Circoscrivendo l’indagine ai soli luoghi sacri, alle chiese ed agli oratori (non potendo, per ovvie ragioni, in alcun modo ritenere che i manufatti in questione possano configurarsi santuari, altari o cimiteri), si ha il seguente quadro.

Quanto ai luoghi sacri, per il canone 1205 :

Loca sacra ea sunt quae divino cultui fideliumve sepulturae deputantur dedicatione vel benedictione, quam liturgici libri ad hoc praescribunt e cioè sono sacri quei luoghi che vengono destinati al culto divino o alla sepoltura dei fedeli mediante la dedicazione o la benedizione, a ciò prescritte dai libri liturgici.

Per il canone 1206 :

Dedicatio alicuius loci spectat ad Episcupum dioecesanum et ad eos qui ipsi aequiparantur… e cioè la dedicazione di un luogo spetta al Vescovo diocesano e a quanti sono a lui equiparati dal diritto…

Per il canone 1207 :

Loca sacra benedicuntur ab Ordinario; benedictio tamen ecclesiarum reservatur Episcopo dioecesano; uterque vero potest alium sacerdotem ad hoc delegare e cioè i luoghi sacri vengono benedetti dall’Ordinario; tuttavia la benedizione delle chiese è riservata al Vescovo diocesano; entrambi, poi, possono delegare a ciò un altro sacerdote.

Per il canone 1208, infine :

De peracta dedicatione vel benedictione ecclesiae, itemque de benedictione coemeterii redigatur documentum, cuius alterum exemplar in curia diocesana, alterum in ecclesiae archivo servetur e cioè Della compiuta dedicazione o benedizione della chiesa, come pure della benedizione del cimitero si rediga un documento, e se ne conservi un copia nella curia diocesana e un’altra nell’archivio della chiesa.

Quanto alle chiese, per il canone 1214 :

Ecclesiae nomine intelligitur aedes sacra divino culti destinata, ad quam fidelibus ius est adeundi ad divinum cultum praesertim pubblice exercendum e cioè col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino…;

Per il canone 1215 :

Nulla ecclesia aedificetur sine espresso Episcopi dioecesani consensu scriptis dato e cioè Non si costruisca nessuna chiesa senza consenso scritto del Vescovo diocesano.

Quanto agli oratori, per il canone 1223 ;

Oratorii nomine intelligitur locus divino culti, in commodum alicuius communitatis vel coetus fidelium eo conveniendum, de licentia Ordinarii destinatus, ad quem etiam alii fideles de consensu Superioris competentis accedere possunt e cioè col nome di oratorio si intende il luogo destinato su licenza dell’Ordinario, al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo di fedeli che ivi si radunano, e al quale possono accedere altri fedeli con il consenso del Superiore competente.

3.b.1.- Così individuati i canoni utili ad una proficua delibazione, occorre chiarire se, nel tempo, i due manufatti assentiti dall’Amministrazione comunale con il titolo concessorio rilasciato nel 1981, ed espressamente configurati come “due prefabbricati da destinare a centro sociale di educazione religiosa”, abbiano assunto la caratterizzazione di edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico.

3.b.2.- La Parrocchia ricorrente afferma nella memoria conclusionale del 21 novembre 2003 che “l’originaria destinazione impressa ai due manufatti è divenuta irrilevante nel tempo, atteso che, per venti anni, chiusa per lavori di ristrutturazione la Chiesa principale, i manufatti sono stati destinati ad edifici di culto ed hanno avuto ininterrottamente tale destinazione.

La destinazione non può venir meno con il procedimento espropriativo.

La cessazione del vincolo di destinazione compete, in via primaria, all’autorità religiosa.”

A dimostrazione di quanto affermato, ha prodotto in allegato al fascicolo delle note di udienza, depositate il 6 marzo 2003 :

– un certificato dell’Ordinario diocesano in cui si attesta che “i prefabbricati pesanti siti alla Via Fiore…sono tuttora utilizzati per attività di culto e servizi religiosi”;

– dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà relative alle celebrazioni liturgiche;

– sottoscrizione popolare attestante la destinazione ad edificio di culto;

3.b.3.- In allegato al fascicolo dei motivi aggiunti ha prodotto :

un certificato dell’Ordinario diocesano recante attestazione che “i prefabbricati pesanti siti alla via Fiore…sono edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico…”.

L’Amministrazione comunale, per converso, affida la prova contraria a quanto sostenuto dalla Parrocchia, alla certificazione:

– del Comando di polizia municipale del 12.2.2003, attestante che “le attività di culto (con segnato riferimento alla celebrazione della S. Messa e alla somministrazione dei Sacramenti) sono correntemente svolte nell’Edificio “Chiesa di S. Giovanni Battista e S. Nicola da Tolentino”…restituita alla pubblica fruizione in data 23.6.2000, a seguito di articolati lavori di recupero conseguenti ai noti eventi sismici”;

– del settore vigilanza e protezione civile del 4.3.2003 attestante “la sporadica frequentazione della struttura parrocchiale ubicata alla Via Fiore…segnatamente nella giornata del sabato ed in ambiti serali, evidenziando altresì che detta frequentazione si è implementata di recente”;

precisando, con la memoria depositata il 28 novembre 2003 che “dei due corpi di fabbrica denominati “A” e “B”, il secondo, quello di colore grigio, posto seminterrato rispetto a l livello stradale, era da tempo immemore chiuso ed in stato di completo abbandono, come dimostrano anche le eloquenti fotografie che sono allegate agli atti (vetri rotti, infissi ed inferriate arrugginiti, erbacce e sporcizia dappertutto); invece il primo corpo di fabbrica, quello di colore più chiaro posto a livello stradale, non recava, su nessun lato, l’intestazione “Parrocchia S. Giovanni Battista e S. Nicola da Tolentino” o un qualsiasi segno “sacrale” (una croce, un’immagine divina, ecc.), bensì sulla facciata si rinveniva unicamente una tabella con la scritta “Centro di solidarietà della compagnia delle opere” (?) cosicchè è evidente che non era ivi espletata alcuna attività di quelle asserite dal ricorrente”.

3.b.4.- Reputa il Collegio che la prova in materia di edifici aperti all’esercizio pubblico del culto cattolico non possa che essere raggiunta, secondo la previsione dell’art. 831 c.c., “in conformità alle norme che li riguardano” e cioè alle norme del diritto canonico che sono state in precedenza individuate.

Alla stregua dei citati canoni, la Parrocchia non ha fornito la prova documentale, tanto più necessariamente occorrente in presenza di manufatti che, per volontà della medesima autorità ecclesiastica erano stati destinati ab origine non al culto bensì a centro sociale di educazione religiosa.

In definitiva, la ricorrente Parrocchia non ha mai prodotto in giudizio copia dell’atto scritto, previsto, come innanzi precisato, nelle varie ipotesi, dai canoni 1208 (“della compiuta dedicazione o benedizione …si rediga un documento e se ne conservi una copia nella curia diocesana e un’altra nell’archivio della chiesa”); 1215 (“non si costruisca nessuna chiesa – edificio sacro destinato al culto divino – senza consenso scritto del Vescovo diocesano”) e 1223 (“Col nome di oratorio si intende il luogo destinato su licenza dell’Ordinario al culto divino…) recante la deputatio ad cultum pubblicum, costitutivo della destinazione ad esercizio pubblico del culto cattolico.

Né all’occorrenza poteva ritornare utile la previsione del canone 1208 a mente delle cui indicazioni dedicatio vel benedictio alicuius loci, modo nemini damnum fiat, satis probatur etiam per unum testem omni exceptione maiorem e cioè la dedicazione o la benedizione di un luogo, purchè non torni a danno di alcuno, è sufficientemente provata anche da un solo testimone al di sopra di ogni sospetto, ostandovi, nella specie, la particolare previsione ivi contenuta.

Rebus sic stantibus, in sede di summaria cognitio propria della delibazione incidentale, il Collegio ha respinto l’istanza cautelare, non ravvisando, per quanto qui interessa e cioè per la parte radicata alla violazione delle previsioni concordatarie, l’elemento utile a configurare, nei prefabbricati pesanti insediati sulle aree da espropriare, la destinatio ad cultum pubblicum necessaria a piegare il procedimento ablatorio all’accordo con l’autorità ecclesiastica; e “ciò tenuto anche conto che a tutela dei manufatti insediati sull’area parte ricorrente ha già attivato apposito ed ulteriore ricorso giurisdizionale”, come precisato nell’ordinanza cautelare.

In sede di delibazione del merito, il Collegio non può che confermare la decisione cautelare, tenendo altresì conto che la copia dell’atto scritto, richiesto dai citati canoni, ancorché non esibita in sede giurisdizionale, potrà sempre essere opposta dal Parroco ai funzionari della Pubblica Amministrazione, vuoi in sede di occupazione, vuoi in sede di demolizione dei prefabbricati per paralizzare l’azione intrapresa.

4.- Avverso il menzionato decreto e gli atti preordinati e connessi, la Parrocchia ha dedotto anche altri motivi di ricorso e segnatamente :

elusione del giudicato cautelare (ord. n. 271/03);

violazione e falsa applicazione della l . n. 109/94 e della l. n. 1150/1942, Eccesso di potere, atteso che l’opera de qua violerebbe l’ordine delle priorità legali essendo stata anteposta sul piano temporale e programmatorio ai lavori di completamento e di manutenzione e non sarebbe stato approvato l’elenco annuale dei lavori, ancorché predisposto;

violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90, per carenza di motivazione in ordine al soddisfacimento del pubblico interesse;

violazione della normativa di Prg e dell’art. 3 della l. n. 241/90, della l. n. 1150/1942; l. n. 1/78; l. n. 10/77 l. n. 847/1964, atteso che la relativa concessione edilizia rilasciata da oltre venti anni per la realizzazione dei manufatti era conforme allo strumento urbanistico dell’epoca ed il tentativo di annullarla è stato paralizzato in sede giurisdizionale dal Tar con ordinanza confermata dal Consiglio di Stato; trattasi comunque di una situazione già consolidata rimasta immotivatamente senza alcun valutazione.

violazione dell’art. 107 D. Lgs. n. 267/2000, atteso che l’approvazione del progetto esecutivo sarebbe di competenza dell’organo burocratico e non di quello giuntale;

violazione della L. R. n. 9/90 (art.1); Violazione D. M. 2 aprile 1968 (art. 3) per violazione degli standards religiosi;

violazione dell’art. 13 l n. 865/71

sviamento, atteso che si tratterebbe dell’ennesima procedura espropriativa in danno della Parrocchia.

Ha chiesto quindi l’annullamento degli atti ed il risarcimento dei danni.

5.- Non sussiste l’elusione del giudicato cautelare – nei termini prospettati dalla Parrocchia – atteso che, giusta indicazione emergente dai motivi aggiunti in trattazione, l’Amministrazione comunale, con l’atto gravato, ha semplicemente reiterato il decreto di occupazione d’urgenza, stante l’inefficacia sopravvenuta di quello impugnato.

6.- Ciò premesso, il Collegio non può esimersi dall’osservare che quasi tutte le ulteriori censure afferiscono il merito delle scelta amministrativa e la violazione del giusto procedimento espropriativo, così come scandito dai successivi atti deliberativi, in epigrafe meglio specificati, che vanno dall’adozione dello schema di programma all’emissione del decreto di occupazione.

Al riguardo meritano condivisione le difese della resistente amministrazione comunale che oppone l’inammissibilità delle relative censure, in quanto proposte avverso atti, non solo conosciuti ma anche censurati in sede amministrativa con la partecipazione dell’interessato al relativo procedimento, e nei cui confronti la parte ha mostrato acquiescenza.

6.a.1- E’ inammissibile, infatti, l’impugnazione delle previsioni del Prg, approvato ed entrato in vigore nel 1998 – secondo le indicazioni dell’Amministrazione comunale, non contestate dalla ricorrente – recanti tipizzazione delle particelle oggetto di ricorso a zona omogenea F” con specifica destinazione a spazi pubblici attrezzati a parchi per il gioco e lo sport con specifica destinazione a verde di quartiere.

Risulta dagli atti – vedi pag. 3 della memoria del Comune depositata il 28 novembre 2003 – che il legale rappresentante della Parrocchia, non solo conosceva la specifica destinazione ma si è anche attivato per ottenerne la modifica con la presentazione in data 15.2.2001, prot. n. 3118, di apposita istanza di variante al Prg.

6.a.2.- Emerge, altresì, dalla produzione documentale depositata dal Comune il 5 marzo 2003 che il Rev. Don Gerardo Guariniello

– è stato ritualmente notiziato dell’avvio del procedimento espropriativo, con la nota del 31 ottobre 2002 prot . n. 18930, recante comunicazione dell’avvenuta approvazione del progetto preliminare dell’opera pubblica con la deliberazione giuntale n. 273 del 23.10.2002;

– è stato altresì destinatario della nota prot. n. 21404 del 5 dicembre 2002, notificata il 6.12.2002, recante comunicazione dell’avvenuto deposito di tutti gli atti del procedimento di espropriazione ex art. 10 l. n. 865/71.

6.a.3.- Ciò comporta l’inammissibilità di tutte le censure relative alle deliberazioni impugnate e segnatamente della deliberazione giuntale n. 273 del 23.10.02, recante l’ approvazione del progetto preliminare dell’opera pubblica nonché della deliberazione consiliare n. 10 del 28.2.2002 recante approvazione del programma delle oo. pp. 2002/2004.

In sostanza di quasi tutte le deliberazioni impugnate e delle relative censure, ad eccezione di quelle relative al progetto definitivo e cioè della deliberazione giuntale n. 297/02, recante dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell’opera, nei cui confronti risulta utilizzabile e quindi da esaminare – per quanto innanzi già detto – la doglianza di cui al punto X dei motivi aggiunti (violazione dell’art. 13 l , n. 865/71) che comunque si rivela infondata, rinvenendosi nel primo atto utile del procedimento espropriativo i quattro termini richiesti dalla citata normativa.

7.- Parimenti inammissibile risulta la censura rassegnata con l’ottavo motivo aggiunto di ricorso.

L’atto deliberativo giuntale n. 326/02, recante approvazione del progetto esecutivo – censurato, sotto il profilo della competenza dell’organo da parte ricorrente – non risulta utiliter impugnato, atteso che, il decreto di occupazione d’urgenza, parimenti gravato, si radica all’atto recante la dichiarazione di pubblica utilità e non anche al progetto esecutivo – che, ex art. 35 DPR n. 554/99 ”definisce compiutamente ed in ogni particolare architettonico, strutturale ed impiantistico l’intervento da realizzare” .

Per quanto sopra, la relativa censura, risolvendosi in un’azione di mero accertamento circa la titolarità dell’organo deputato alla sua approvazione, deve ritenersi inammissibile.

8.- Può concludersi per la reiezione del ricorso, non risultando il decreto di occupazione d’urgenza impugnato per vizi propri.

9.- Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

p.q.m.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione di Salerno, sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 450/2003, proposto da Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola Tolentino, così provvede

– dichiara improcedibile il ricorso principale;

– respinge i motivi aggiunti e la relativa istanza risarcitoria.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Dr. Alessandro Fedullo – Presidente

Dr. Francesco Gaudieri – Estensore