Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Aprile 2009

Sentenza 20 marzo 2009, n.6771

Corte di Cassazione. Sezioni Unite. Sentenza 20 marzo 2009, n. 6771: “Parrocchie e normativa comunitaria in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –
Dott. SENESE Salvatore – Presidente di sezione –
Dott. VELLA Antonio – Presidente di sezione –
Dott. SETTIMJ Giovanni – Consigliere –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. BONOMO Massimo – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2692-2007 proposto da:
G.m. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 24, presso lo studio dell’avvocato SCARINGELLA MASSIMILIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato CAPPELLO CARMELA, per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

contro

PARROCCHIA R.P., in persona del Parroco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 12, presso lo studio dell’avvocato COLARIZI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati WOLFGANG WIELANDER, ANTON VON WALTHER, per procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

e contro

A.M. S.R.L.;
– intimata –

avverso la decisione n. 6537/2006 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 07/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito l’Avvocato Massimo COLARIZI;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Il TAR di Giustizia amministrativa della Provincia di Bolzano, con sentenza del 21 aprile 2005 ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto dalla impresa G.M., per l’annullamento delle operazioni di gara per l’affidamento,da parte della Parrocchia R.P. di (OMISSIS), della progettazione e la fornitura dell’arredamento scenotecnico del teatro cristallo di (OMISSIS) di cui era risultata aggiudicataria la soc. A.M.
L’impugnazione della G.M. esclusa dall’aggiudicazione, è stata respinta dal Consiglio di Stato, che, con sentenza 7 novembre 2006 ha osservato: a) che tanto se si applicasse la normativa sui lavori pubblici, quanto se si recepisse quella sulle pubbliche forniture l’attività di un ente estraneo alla pubblica amministrazione, potrebbe acquistare la connotazione pubblicistica indispensabile per radicare la giurisdizione del giudice amministrativo soltanto se l’iniziativa si realizza con il contributo di pubbliche risorse in misura superiore al 50%; b) che dalla documentazione prodotta risultava,invece, che il contributo provinciale all’appalto in questione era stato di Euro 337.000.00 rispetto ad una spesa preventivata ed ammessa dalla stessa Provincia di Euro 1.170.637,00; c) che pertanto la Parrocchia non era tenuta ad osservare le norme sulla cd. evidenza pubblica rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Per la cassazione della sentenza la soc. G.M. ha proposto ricorso per un motivo cui resiste la sola Parrocchia R.P. con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso, la soc. G.M., deducendo violazione delle norme di legge sul riparto della giurisdizione, nonchè delle L. n. 109 del 1994 e L. n. 358 del 1992, censura la sentenza impugnata per avere condivisibilmente premesso che anche i soggetti privati sono soggetti alla disciplina pubblicistica sugli appalti allorchè utilizzano denaro pubblico, per poi erroneamente denegare la giurisdizione del giudice amministrativo in base al presupposto che nella fattispecie il contributo della Provincia fosse inferiore a quello necessario affinchè il soggetto privato assuma la connotazione pubblicistica:
in tal modo confondendo l’importo ammesso a spesa preventivato ed i costi effettivamente sostenuti dalla Parrocchia, che per essi aveva ricevuto un contributo provinciale pari al 58% di essi.
Il ricorso è infondato.
La L. n. 205 del 2000, art. 6 ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale. Ora la Parrocchia non era anzitutto soggetto tenuto all’applicazione della normativa comunitaria: tanto la direttiva 89/665/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori,quanto le successive direttive del Consiglio 92/50 e 93/36/CEE (forniture) e 93/37 (lavori pubblici) richiedono che per la insorgenza di detto obbligo che la stazione appaltante rientri nella categoria degli organismi di diritto pubblico ai sensi dell’art. 1, lett. b) di dette disposizioni; e che per acquistare tale qualifica il soggetto debba possedere cumulativamente, come più volte precisato dalla Corte di giustizia,i seguenti tre requisiti: a) essere dotato di personalità giuridica; b) essere un organismo istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; c) essere dipendente strettamente dallo Stato, da enti pubblici territoriale o da altri organismi di diritto pubblico.
Per quanto la Parrocchia R.P. sia ente ecclesiastico riconosciuto, ai sensi della L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 4 con effetto anche ai fini civilistici (Cass. 13380/2003), non vi è alcun elemento idoneo a far ipotizzare che la stessa sia stata istituita “per soddisfare bisogni di interesse generale”; e per il disposto dell’art. 2 di detta Legge deve ritenersi che la stessa abbia esclusivamente fine di religione o di culto e che la sua attività è rivolta a soddisfare bisogni esclusivamente religiosi: anche perchè neppure la soc. ricorrente ha prospettato che la stessa persegua “attività diverse da quelle di religione o di culto” o comunque taluna di quelle indicate nell’art. 15 e art. 16, lett. b della stessa legge, che in astratto potrebbero essere “specificamente” dirette a soddisfare bisogni di interesse generale. Così come non è stata neppur dedotta la sussistenza di un qualsiasi potere di vigilanza,di controllo o comunque di ingerenza su di essa da parte dello Stato o della Provincia di Bolzano (cfr. L. n. 121 del 1985, art. 7), sì da potersi ritenere sussistente almeno il requisito sub e) richiesto dalle menzionate direttive,pur se estensivamente interpretato come indicato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (Cfr. fra le tante CGCE 22 maggio 2003 in C-18/2001; CGCE 15 maggio 2003 in C-214/2000).
Il Collegio deve, poi, rilevare che l’appalto in questione non era soggetto nemmeno “al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa … regionale” di cui alla 2^ previsione del D.Lgs. n. 205 del 2000, art. 6: posto che dal combinato disposto del D.P.R. n. 670 del 1972, art. 4 e art. 8, sub 17) risulta che alla Provincia di Bolzano è stata riconosciuta competenza esclusiva in materia di “lavori pubblici di interesse provinciale”.
La società ricorrente non ha infatti dedotto se e con quali contratti sia stata affidata l’opera in questione, in quale data siano stati stipulati, se si sia trattato di opere pubbliche ovvero di forniture (come si è ritenuto nel corso del giudizio di primo grado); e se l’affidamento è avvenuto a seguito di una sola gara ovvero con più bandi e più contratti,come sostenuto dalla Parrocchia contro ricorrente. Per cui sotto tale profilo il ricorso difetta di autosufficienza, e l’unico dato al riguardo proviene dalla controparte,la quale ha dedotto che si trattava “di una serie di progetti dislocati in un lungo arco di tempo – dal (OMISSIS) inizialmente di ridotte dimensioni, poi via via ampliati in dipendenza dei fondi disponibili” (pag. 2).
Ma la Corte ritiene che i lavori o le forniture in questione non possano rientrare nella menzionata previsione del D.Lgs. n. 205 del 2000, art. 6 quale che sia la normativa provinciale che si intenda applicare: a cominciare dalla recente L.P. n. 6 del 1998 che per espressa disposizione dell’art. 2 si applica “a tutti gli appalti di lavori pubblici di interesse provinciale nel rispetto delle disposizioni di cui alla direttiva 93/37/CEE”.
Posto, infatti, che l’amministrazione committente non rientra fra quelle pubbliche individuate dal comma 2, sub A, B, C, affinchè la stazione appaltante fosse obbligata all’osservanza della normativa sull’evidenza pubblica, la stessa avrebbe dovuto rientrare nella categoria sub d) che comprende “gli organismi dotati di personalità giuridica, istituiti per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere commerciale o industriale, e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dai soggetti di cui alle lett. a), b) e c), oppure la cui gestione sia sottoposta al controllo di tali soggetti, o il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da componenti dei quali più della metà sia designato dai medesimi soggetti”. Ovvero in quella indicata nel successivo comma 3, sub c) che comprende “i soggetti privati relativamente ai lavori destinati a soddisfare un interesse generale di importo sopra soglia, per la cui realizzazione sia prevista una sovvenzione o un contributo in conto capitale e in conto interessi dalle amministrazioni committenti, che complessivamente superino il 50 per cento dell’importo complessivo, e comunque agli appalti per i quali l’amministrazione committente eroghi una sovvenzione o un contributo superiore all’importo di 5.000.000 ECU”.
Ma si è già detto della carenza nella Parrocchia del requisito della istituzione per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere commerciale o industriale, e di quello della sua sottoposizione a direzione,vigilanza o controllo della Provincia di Bolzano; e d’altra parte la G. non ha trascritto neppure la parte del contratto invocato in cui veniva indicato l’importo dei lavori o delle forniture,nonchè il contributo che agli stessi si impegnava a prestare la Provincia; nè la parte dell’asserito prospetto,cui si è limitata a rinviare, dal quale sarebbe risultato che i costi per l’arredo del teatro ammessi a contributo provinciale avrebbero superato la metà degli esborsi effettuati o del costo totale dell’opera. Per cui, da un lato, manca anche la prova che l’importo dell’appalto avesse superato la soglia comunitaria richiesta dalla fattispecie sub d); e dall’altro il solo dato utilizzabile, al riguardo resta quello evidenziato dalla sentenza impugnata secondo cui la spesa preventivata ammessa dalla Provincia era pari ad Euro 1.170.637,58 (peraltro già inferiore alla soglia suddetta) a fronte di un finanziamento provinciale pari ad un importo di Euro 337.000,nettamente inferiore al 50% richiesto dalla norma.
Le medesime considerazioni valgono ove si ritenga l’appalto soggetto alla precedente L.P. n. 7 del 1990,che per l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica richiedeva (a tacere di ogni altra condizione) che l’importo dell’appalto fosse pari o superiore a 5.000.000 di unità di conto europea; nonchè se si applica la legge prov. 20 del 1993 che “disciplinava “l’esecuzione di lavori pubblici non soggetti per il loro importo alle norme comunitarie: poichè quest’ultima non si applicava agli appalti affidati da soggetti privati, se non limitatamente “agli enti soggetti alla vigilanza e tutela della giunta provinciale e agli enti che, per realizzare un’opera di importo superiore a L. due miliardi, destinata a soddisfare un interesse generale, ricevano un contributo superiore al 50% dalla pubblica amministrazione”:fra i quali si è detto non rientrare nè la Parrocchia R.P., nè l’appalto dalla stessa affidato alla soc. A.M.
Si deve aggiungere, per completezza di indagine, che le conclusioni qui raggiunte non muterebbero neppure se si qualificasse l’appalto di sola fornitura, come prospettato dalla G. nel giudizio di primo grado, ma poi contestato in quello di appello: poichè il relativo bando di gara non avrebbe potuto rientrare nella disciplina del T.U. delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture appr. con D.Lgs. n. 358 del 1992, cui anche la Provincia di Bolzano era tenuta ad adeguare la propria normativa (art. 4).
Questa normativa, nel testo originario aveva infatti, quali amministrazioni aggiudicatrici destinatarie oltre allo Stato ed agli enti territoriali “tutti gli altri enti pubblici e gli enti equivalenti enumerati nell’allegato 3, ivi comprese le regioni e le province autonome di cui al comma 4”, ma non anche gli enti privati;e soltanto il D.Lgs. n. 402 del 1998 ha aggiunto (comma 3, lett. b) “gli organismi di diritto pubblico-dotati di personalità giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità d’interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per la metà, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici; gli organismi di diritto pubblico sono elencati, in modo non esaustivo, nell’all. 3”.
Ma la Parrocchia R.P.,pur dotata di personalità giuridica, non possedeva i rimanenti presupposti sostanzialmente equivalenti a quelli avanti esaminati per gli appalti di lavori pubblici; e d’altra parte neppure la G. ha mai dedotto che le competesse la qualifica di “impresa pubblica” nel caso neppure ipotizzabile quanto meno per la carenza del requisito che lo Stato o gli enti territoriali esercitano su di essa “direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perchè ne hanno la proprietà, o hanno in esse una partecipazione finanziaria, oppure in conseguenza delle norme che disciplinano le imprese in questione”, sì da rientrare nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 158 del 1995, avente lo scopo di adeguare alcune categorie di appalti di lavori e forniture alle Direttive 90/531 e 93/38/CEE. Per cui, una volta accertato che trattasi di appalto privato e che l’amministrazione committente non rientra fra gli organismi pubblici di cui si è detto, a nulla rileva stabilire, in mancanza di un obbligo al riguardo, se nel caso di specie, il bando di gara abbia fatto riferimento alla normativa comunitaria e/o alle leggi in materia di forniture o di lavori pubblici menzionati: in quanto la L. n. 205 del 2000, artt. 6 e 7 non attraggono nella giurisdizione amministrativa esclusiva anche le controversie relative all’affidamento di appalti da parte di soggetti che, pur non tenuti all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbiano scelto comunque di adottarlo, in tal guisa procedimentalizzando l’individuazione in concreto dell’appaltatore (Cass. sez. un. 17635/2003; 7800/2005).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e condanna la s.r.l. G.M. al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore della Parrocchia R.P., in complessivi Euro 9.200,00 di cui Euro 9.000,00 per onorario di difesa,oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2009