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    Sentenza 28 marzo 2003, n.11226

    Vaccinazioni obbligatorie e tutela della saute dei minori da parte dei genitori

    Data: 28 marzo 2003
    Autore:
    Corte di Cassazione - Civile
    Argomento:
    Trattamenti sanitari
    Nazione:
    Italia
    Parole chiave:
    Vaccinazioni obbligatorie, Diritto alla salute, Figli, Genitori, Consenso informato, Autodeterminazione, Tutela della salute, Trattamenti obbligatori, Criteri etici
    Il dovere di tutelare la salute del minore, che la funzione genitoriale comporta non può risolversi nella negazione - per propria diversa convinzione o per ignoranza (da intendersi nel senso di omissione di ogni diligenza volta ad acquisire le necessarie informazioni) - dell'obbligo di effettuare la vaccinazione obbligatoria, ma deve concretarsi nella indicazione delle specifiche ragioni che, nel caso singolo, rendono la vaccinazione sconsigliata o pericolosa.

    Corte di Cassazione. Sezione I. Sentenza 28 marzo 2003, n. 11226: “Vaccinazioni obbligatorie e tutela della saute dei minori da parte dei genitori”.

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE PRIMA CIVILE

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. Mario DELLI PRISCOLI Presidente
    Dott. Giammarco CAPPUCCIO Cons. Relatore
    Dott. Mario ADAMO Consigliere
    Dott. Salvatore SALVAGO Consigliere
    Dott. Aldo CECCHERINI Consigliere

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA

    sul ricorso proposto da:
    AZIENDA SANITARIA LOCALE di BRESCIA, in persona del Direttore Generale dott. Cornelio Coppini, elettivamente domiciliato in Roma, via Pacuvio 34, presso l’avv. Guido Romanelli, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Alberto Luppi del foro di Brescia, giusta delega in atti;- ricorrente –

    contro

    Giacomo BAIGUERA – intimato –

    avverso la sentenza del Pretore di Brescia n. 275 del 29.03-27.05.99.
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28-03-03 dal Relatore Cons. G. Cappuccio;
    Udito l’avv. Ranieri Roda, con delega;
    Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso per l’accoglimento;

    Fatto

    Con sentenza 29.03-27.05.99 il Pretore di Brescia accoglieva la opposizione proposta da Giacomo Baiguera avverso l’ordinanza ingiunzione notificatagli il 04.11.98 dal Direttore Generale della ASL di Brescia per violazione dell’obbligo di sottoporre la figlia minorenne Noemi alla vaccinazione contro l’epatite B, obbligo previsto dalla l.s. 165-92 e sanzionato dall’art. 7 della stessa legge.
    Rilevava la sentenza che la armonizzazione dell’obbligo di vaccinazione con la tutela del diritto alla salute del singolo imponeva adeguata informativa sui rischi – sulla cui sussistenza si erano già espressi numerosi studi – e sulle precauzioni. Tale informativa però, come risultava notorio, era mancata, sia a livello generale, sia con specifico riferimento alla situazione fisica del soggetto da vaccinare.
    In conseguenza l’opponente, al quale era affidata la tutela della minore, non sottoponendola alla vaccinazione aveva adempiuto al dovere di tutelarne la salute, dal momento che l’inosservanza degli obblighi di informazione produce, sul piano pratico, l’impossibilità di prevenire adeguatamente le insorgenze di effetti negativi del vaccino. Sussistendo quindi la scriminante prevista dall’art 4 della l.s. 689-81 – corrispondente alla causa di giustificazione prevista dall’art. 51 del codice penale – l’opposizione doveva essere accolta.
    Con compensazione, tra il Baiguera costituitosi di persona e l’ASL, costituitasi a mezzo di funzionario, delle spese processuali.
    Ricorre, con atto notificato ai sensi dell’art. 140 cpc il 23.05.00, la ASL di Brescia, proponendo due motivi di censura.
    L’intimato non ha svolto attività difensiva.

    Diritto

    1. – Va premesso che, poiché in sede di legittimità è preclusa la produzione di atti o documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo (art. 372 cpc) non è ammissibile la produzione documentale, volta a dimostrare l’attività informativa svolta dalla ASL di Leno, effettuata dalla ricorrente a sostegno del secondo motivo di censura. 2.- Col primo motivo di ricorso l’ASL deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 n. 3 cpc ed al combinato disposto dell’art. 7 l.s. 165-91. In sintesi, si assume che, quando la vaccinazione è obbligatoria, il diritto all’autodeterminazione – il cui criterio etico e giuridico è dato dal c.d. consenso informato – incontra il duplice limite dell’obbligatorietà del trattamento, normativamente prevista e della necessità di salvaguardare la salute del minore da scelte compiute in sua vece da altro soggetto. In ogni caso, un certo rischio specifico, peraltro di assai bassa incidenza statistica, non è impeditivo, nè è invocabile la scriminante di cui all’art. 51 cp, ove non sia fornita la prova della esistenza, nel caso concreto, di controindicazioni per la minore.
    Col secondo motivo, si assume il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta non ottemperanza della ASL all’obbligo di informazione.
    Dopo aver premesso che, dalla lettura della l.s. 210-92, non emerge alcuna prescrizione in termini normativi, specifici e puntuali, di obblighi delle ASL (peraltro, in ogni caso, da contemperare con le esigenze di generalizzata vaccinazione) la ricorrente sostiene che, nei limiti delle proprie possibilità, la ASL di Leno (all’epoca territorialmente competente) aveva provveduto ad ampia informativa, come da documentazione che veniva prodotta; non era quindi fondato il rilievo del Pretore circa la oggettiva insufficienza informativa e preventiva dal parte della ASL competente, peraltro espresso senza indicare la fonte di tale convincimento. 3.- Non è chiaro se l’esimente dell’adempimento di un dovere, che la sentenza impugnata ravvisa, consista nel dovere di difendere la salute della minore, sottraendola a trattamenti sanitari possibilmente nocivi o nel dovere, prima di consentire la vaccinazione, di informarsi su possibili esiti e precauzioni.
    In entrambi i casi, i motivi di censura sono, nei limiti che verranno precisati, fondati.
    La vaccinazione obbligatoria persegue il duplice scopo di tutelare la salute del singolo e quella della collettività, dal momento che in tanto può essere imposta dalla legge (la riserva discende dall’art. 32.2 Costituzione) in quanto miri a conferire immunità nei confronti di una malattia infettiva e quindi pericolosa, oltre che per il singolo individuo, per la collettività di cui fa parte.
    L’autodeterminazione, il consenso che tutelano il diritto alla salute nella sottoposizione facoltativa a trattamenti sanitari debbono quindi essere contemperati, nell’ipotesi obbligatoria, con l’interesse della collettività la quale, a sua volta, viene chiamata a sopportare le conseguenze che il rischio – che il singolo è tenuto ad assumere per il bene comune – si concreti in un danno alla salute (Corte Cost. 27-98; 258-94; 307-90). È ovvio – ma la questione attiene alla ragionevolezza della norma impositiva, già riconosciuta dalla Corte Costituzionale (258-94) – che il rischio prevedibile deve essere minimo od assente, fermo restando il diritto del singolo di enunciare e documentare le ragioni della propria eventuale diversità. Ove la peculiarità del rischio non venga provata, la tutela dei diritti del minore (Corte Cost. 132-92) consente il ricorso all’autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione (artt. 333 e 336 cc; Cass. 1653-96; 3009-94).
    È chiaro quindi che l’obbligatorietà della vaccinazione presuppone una valutazione positiva, compiuta dal legislatore allo stato delle conoscenze scientifiche: a) dell’idoneità del mezzo a tutelare la salute del singolo; b) dell’idoneità del mezzo a tutelare la salute collettiva, c) dell’esiguità o assenza di rischio di effetti dannosi per la salute del singolo, salvo casi particolari.
    In conseguenza, il dovere di tutelare la salute del minore, che la funzione genitoriale comporta (Corte Cost. 132-92) non può risolversi nella negazione – per propria diversa convinzione o per ignoranza (da intendersi nel senso di omissione di ogni diligenza volta ad acquisire le necessarie informazioni) – dell’obbligo, ma deve concretarsi nella indicazione delle specifiche ragioni che, nel caso singolo, rendono la vaccinazione sconsigliata o pericolosa. E – in limitato accoglimento del secondo motivo – la prova della peculiarità del caso e della mancanza di apprezzamento, da parte della ASL incaricata, della specifica situazione sanitaria della piccola Baiguera, non può essere affidata al notorio, dovendo concretarsi nella prova di indifferenza della struttura in occasione di contatto (mentre la sentenza assume che non vi fa contatto) e nella prova di sussistenza, quantomeno fondatamente putativa, di specifiche controindicazioni.
    La sentenza impugnata va quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto in relazione ai motivi di opposizione proposti dal Baiguera nel ricorso introduttivo del giudizio di merito, la opposizione va, giudicando nel merito, rigettata, con compensazione delle spese.

    P.Q.M.

    accoglie, per quanto di ragione, il primo ed il secondo motivo di impugnazione, cassa la sentenza impugnata e, giudicando nel merito, rigetta l’opposizione, compensando le spese.

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