Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Legge 1997, n.CXXIV

Act CXXIV/1997 on the Financial Conditions of Religious and Public Activities of Churches. Recognising the millennial work of Hungarian churches in the life and interest of the nation, Being aware of the importance of the religious conviction in the Hungarian society, Continuing the secular tradition embodied in Act XX/1848, Act XLIII/1895 and Act XXXIII/1947 as […]

Sentenza 07 novembre 2003

In tema di reati contro la famiglia, allorché le parti provengono per
nazionalità e quindi cultura, religione e formazione, da contesti
istituzionali e sociali del tutto diversi da quelli dello Stato
ospite, alla cui giurisdizione sono sottoposti, è opportuno che il
giudice, per la completezza della conoscenza degli elementi oggettivi
e soggettivi che sono alla base della sua decisione, si interroghi
sull’influenza che quei dati originari possano avere avuto sul fatto
commesso in Italia. In particolare, il diritto di famiglia marocchino
prevede che il matrimonio – secondo quanto stabilito dalla religione
islamica – possa essere sciolto in due modi: tramite il ripudio
(c.d. talaq) o il divorzio; mentre il divorzio è un diritto che
spetta alla donna, ma che è dalla legge circoscritto a soli cinque
gravi casi, per contro, il talaq consente al marito di ripudiare la
moglie senza necessità di addurre alcun motivo a sostegno di tale
pretesa. Tuttavia, considerato che lo scioglimento del matrimonio
concerne i rapporti tra i coniugi e non determina in alcun modo la
cessazione dei doveri di assistenza dei genitori nei confronti dei
figli, nel caso di specie, posto che l’imputato aveva avuto concreta
esperienza del fatto che, per le leggi dello Stato ospite, in quanto
padre era titolare del diritto/dovere di provvedere a fornire al
figlio minore i necessari mezzi di sussistenza (secondo quanto
disposto, al riguardo, dal Tribunale dei minorenni) e che lo stesso
era conscio, per propria cultura e religione (e dunque diritto) di
origine, di dovere provvedere al figlio fino all’età puberale, non
emergono elementi di meritevolezza tali da fondare la legittimità
della concessione delle attenuanti generiche ed il connesso effetto
premiale proprio della riduzione fino ad un terzo della pena da
applicarsi.

Circolare 01 marzo 1999, n.28

Conferenza Episcopale Italiana. Comitato per gli enti e i beni ecclesiastici e per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica. Circolare 1 marzo 1999, n. 28: “Indirizzi per la definizione della condizione giuridica delle confraternite” (Omissis) 1. Questo Comitato ha presentato agli Ecc.mi Vescovi con la circolare n. 15, fin dal 30 giugno 1987 […]

Autorizzazione 20 settembre 2000, n.1

Garante per la protezione dei dati personali: “Autorizzazione n. 1/2000 al trattamento dei dati sensibili nei rapporti di Lavoro”, 20 settembre 2000. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 229 del 30 settembre 2000) (Omissis) Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di tutela delle persone e […]

Accordo 21 novembre 2003

Conventio inter Apostolicam Sedem et Liberam Hanseaticam Civitatem Bremae. Firmato il 21 novembre 2003. Pubblicato in AAS 96 (2004), pp. 452-469. ACCORDO fra la Santa Sede e la Libera Città Anseatica di Brema La SANTA SEDE, rappresentata dal Nunzio Apostolico in Germania, Mons. Dtt. Giovanni Lajolo, Arcivescovo titolare di Cesariana e La LIBERA CITTA’ ANSEATICA […]

Sentenza 26 giugno 1997

Alla luce delle tradizioni e delle pratiche legali della nazione
americana l’asserito “diritto” all’assistenza al suicidio non è una
libertà fondamentale protetta dal Due Process Clause anche se si
tratta di malati terminali adulti capaci di intendere e di volere.
Tale preteso “diritto” non è equiparabile al rifiuto degli interventi
curativi necessari a mantenere in vita un malato. In quest’ultimo caso
è dato riscontrare un diritto costituzionalmente protetto, che non si
fonda su di un astratto ed indefinito concetto di autonomia personale
ma sulla storia e le tradizioni legali della nazione secondo cui ogni
trattamento medico imposto è una violazione della libertà personale.
La circostanza che i diritti e le libertà tutelati dal Due Process
Clause trovino il loro fondamento nell’autonomia personale, non
comporta che tutte le singole rilevanti, intime e personali decisioni
siano costituzionalmente protette. Il divieto penale di assistenza al
suicidio è razionalmente giustificato, da un punto di vista
costituzionale, per la ricorrenza di legittimi interessi generali e
quindi non può essere considerato in contrasto con la clausola del
Due Process contenuta nel quattordicesimo emendamento.

Sentenza 27 giugno 1994

La legge statale che istituisce un distretto scolastico destinato
esclusivamente agli allievi portatori di handicap appartenenti ad una
setta religiosa, poiché comporta una delega dei poteri autoritativi
dello stato concessa esclusivamente sulla base di motivazioni di
ordine religioso, realizza un ingiusto vantaggio a favore di una
particolare confessione, facendo così venire meno il rispetto del
principio di neutralità imposto dalla Costituzione Federale.

Sentenza 18 giugno 1993

A norma del comma terzo dell’art. 49 della Costituzione federale
spetta ai genitori il potere di disporre della formazione religiosa
dei figli fino al compimento del sedicesimo anno di età; pertanto
sussiste la legittimazione ad agire dei genitori in nome proprio o
quanto meno a nome del figlio minore per la tutela della libertà di
coscienza di quest’ultimo. Quando l’ordinamento confessionale
detta una disciplina in contrasto con quella statale, come, nel caso
di specie, il divieto imposto dall’Islam ai bambini di sesso diverso
di nuotare insieme, mentre ciò è disposto dalle norme dello stato a
livello di scuola dell’obbligo, il civis fidelis è tenuto a
sottomettersi in linea di principio alle norme statali; il rispetto
del valore della libertà di coscienza comporta tuttavia l’obbligo
per le istanze pubbliche di concedere una dispensa, ove questa non
pregiudichi un ordinato ed efficiente svolgimento del servizio
scolastico. In particolare, non è legittimo ritenere a priori che
tale pregiudizio si verifichi nel caso in cui la presenza di un alto
numero di membri di minoranze confessionali faccia intravedere il
rischio di una eccessiva dilatazione delle richieste di dispensa. Del
resto, il principio di integrazione degli stranieri nel contesto
svizzero non comporta come regola generale che nell’osservanza delle
loro convinzioni religiose essi debbano sottoporsi a limitazioni
sproporzionate.