Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decreto 12 febbraio 1963

Sostanziandosi il delitto di pubblico vilipendio della religione dello
Stato nell’attacco alle credenze fondamentali della religione
medesima (idea di Dio, dogmi, sacramenti, riti e simboli della
Chiesa), non ne ricorrono gli estremi nell’opera cinematografica
nella quale si esprime, sia pure mediante un simbolismo di discutibile
gusto, la polemica del regista contro manifestazioni di pratica
religiosa alternantisi con episodi di vera e propria superstizione.

Sentenza 07 marzo 1963

Fatto costitutivo del delitto di vilipendio della religione dello
Stato è l’offesa grave diretta contro le credenze fondamentali
della religione stessa, offesa che, esprimendosi con atti, gesti,
parole, disegni, immagini, suoni o qualsiasi altra forma di
manifestazione del pensiero e del sentimento, assuma il carattere
della derisione, del disprezzo, del dileggio o dello scherno, si che
l’agente mostri di tenere a vile l’istituzione tutelata dalla
legge. Commette pertanto vilipendio della religione dello Stato il
regista che, nel rappresentare la ripresa cinematografica di alcune
scene della passione di Cristo, metta in ridicolo simboli e soggetti
sacri, costituenti l’intima essenza della religione, attraverso il
commento musicale, la mimica degli attori, il dialogo e i rumori.

Decreto ministeriale 03 ottobre 2005

Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Decreto 3 ottobre 2005: “Modifiche al decreto ministeriale 10 giugno 2004, recante criteri per la concessione di premi alle sale d’essai ed alle sale delle comunità ecclesiali o religiose”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 263 del 11 novembre 2005) IL MINISTRO PER I BENI E […]

Sentenza 01 ottobre 2001

L’art. 404 c.p. punisce l’offesa alla religione commessa “mediante
vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al
culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto”.
Sin da epoca risalente, l’elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale individua le cose che “formano oggetto di culto”
in quelle verso cui il culto si tributa, la quali sono pertanto
adorate ed oggetto di preghiera per il fatto di rappresentare o
simboleggiare l’essenza divina: si tratta delle immagini sacre, del
crocifisso, ecc. La natura mobile o immobile, la commerciabilità o
meno delle cose, l’avvenuta consacrazione o benedizione delle stesse
sono invece indifferenti, < > – secono la dottrina – <>. Tra le
“cose consacrate al culto” vengono ricomprese quelle (chiese,
altari, calici, tabernacoli, ecc.) che hanno ricevuto il particolare
atto rituale della consacrazione del vescovo o benedizione del
sacerdote, atto che sottrae la cosa ad ogni uso profano o improprio.
Infine, “cose necessariamente destinate all’esercizio del culto”
sono quelle che, non appartenenti alle altre due categorie, sono
comunque necessarie per lo svolgimento della liturgia o del rito sacro
(paramenti, stendardi, ceri, ecc.). Secondo la pacifica
interpretazione della dottrina, inoltre, il vilipendio può essere
commesso non solo con atti materiali, ma anche con parole o qualunque
altro mezzo idoneo; è invece imprescindibile che la condotta sia
posta in essere direttamente sopra o verso la cosa in questione, e
comunque in sua presenza. Nell’accertamento della sussistenza del
reato di cui all’art. 404 c.p. non può dunque in alcun modo
prescindersi dalla presenza – quale oggetto della condotta di
vilipendio – di una cosa che sia realmente ed effettivamente oggetto
di culto o consacrata, ovvero destinata all’esercizio del culto, con
l’ulteriore precisazione, quanto a tale ultima categoria, che detta
destinazione sia attuale e non solo possibile. (Nel caso di specie,
concernente la produzione cinematografica dal titolo “Totò che
visse due volte”, non è stata dimostrata la riconducibilità di
alcuno degli oggetti impiegati nelle riprese – croci, statue, edicole
votive, ecc. – all’una o all’altra delle categorie di “cose”
di cui all’art. 404, nel senso tecnico sopra precisato, ma queste
ultime sono per contro risultate oggetti fabbricati durante la
produzione ovvero noleggiati presso negozi specializzati).

Sentenza 26 maggio 1952, n.343 U.S. 495

U.S. Supreme Court. Sentenza 26 maggio 1952: “Tutela penale. Joseph Burstyn, Inc. v. Wilson, 343 U.S. 495 (1952)”. JOSEPH BURSTYN, INC. v. WILSON, COMMISSIONER OF EDUCATION OF NEW YORK, ET AL. APPEAL FROM THE COURT OF APPEALS OF NEW YORK. No. 522. Argued April 24, 1952. Decided May 26, 1952. Provisions of the New York […]

Sentenza 06 maggio 1965, n.1059

Corte di Appello di Roma. Sezione I penale. Sentenza 6 maggio 1965. N. 1534/63 Reg. Appelli N. 1059/64 Reg. ins. sent. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La prima sezione penale della Corte di Appello di Roma, composta dai signori; MAZZA Dott. Giuseppe – Presidente, SCHIFALACQUA Dott. Giuseppe, TRECAPELLI Dott. Andrea, LENER Dott. Raffaele, […]

Decreto ministeriale 10 giugno 2004

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Testo modificato dal Decreto Ministeriale 3 ottobre 2005
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3393]

Sentenza 25 novembre 1996, n.17419/90

Rich. n. 17419/90 25/11/1996 Corte Sentenza Rigetto 65 En l’affaire Wingrove c. Royaume-Uni (1), La Cour européenne des Droits de l’Homme, constituée, conformément à l’article 43 (art. 43) de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (“la Convention”) et aux clauses pertinentes de son règlement A (2), en une chambre […]