Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 03 novembre 2005, n.5528

Ai sensi del punto 2.7 dell’”Intesa tra autorità scolstica italiana
e Conferenza Episcopale italiana per l’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche”, resa esecutiva dal d.P.R. n. 202
del 23 giugno 1990, il voto del docente di religione nello scrutinio
finale, ove determinante, si trasforma in giudizio motivato, senza
tuttavia per ciò perdere, secondo quanto già rilevato dalla
giurisprudenza amministrativa (Tar Puglia, sez. Lecce, I, 5 gennaio
1994, n. 5; Tar Toscana, sentenza 20 dicembre 1999, n. 1089), il suo
carattere decisionale e costitutivo della maggioranza (Nella caso di
specie, veniva accolto il ricorso presentato da un insegnante di
religione a cui era stato impedito in sede di consiglio di classe di
votare in ordine all’ammissione di uno studente alla classe superiore,
ritenuto a verbale che in tale caso specifico il voto si lmitasse a
divenire giudizio motivato, senza entrare nel punteggio).

Sentenza 04 febbraio 2005, n.2243

Nell’ambito del procedimento volto al conferimento dell’incarico di
insegnante di religione cattolica da parte dell’autorità scolatica,
l’autorità ecclesiastica conserva, pur dopo l’avvenuto iniziale
riconoscimento dell’idoneità, poteri autonomi di valutazione, in sede
di conferimento dell’incarico annuale, sulle specifiche modalità
attraverso le quali l’insegnamento della religione cattolica è
destinato a spiegarsi, posto che queste ultime possono nella realtà
fattuale risultare oggettivamente incompatibili con le istituzionali
finalità dell’insegnamento religioso. Nella ripartizione delle
competenze che voglia rispondere alla logica di fondo riscontrabile
nell’intero articolato normativo sull’insegnamento della religione
cattolica non può infatti che attribuirsi – pur in un contesto volto
ad evitare qualsiasi riflesso negativo sull’organizzazione didattica
della scuola pubblica nel perseguimento delle sue finalità –
all’ordinario diocesano autonomia di poteri, non limitati al
riconoscimento dell'”idoneità” all’atto della nomina degli
insegnanti, ma estesi anche alle specifiche modalità attraverso le
quali annualmente (ed ora a seguito di contratti a tempo determinato,
stipulati ex art. 3, comma 10, della l. n. 186 del 2003) detto
insegnamento deve essere spiegato. In questa ottica possono pertanto
reputarsi ammissibili condotte dell’autorità scolastica che si
concretizzino in una piena adesione alle indicazioni dell’ordinario
diocesano, volte a privilegiare – come è avvenuto nel caso di specie
– esigenze di “continuità didattica”, ovvero ad impedire che
specifiche modalità risultino ostative alla funzionalità
dell’insegnamento o ancora ad agevolare una opportuna mobilità del
personale in relazione ad una “flessibilità degli organici” in
connessione con la particolarità di un insegnamento caratterizzato da
un regime di “facoltatività soggettiva”.

Sentenza 09 giugno 2000, n.5397

E’ illegittima la deliberazione n. 3423 del 30.7.1996 della Giunta
Comunale di Milano (“Provvedimenti per l’avvio delle attività
delle civiche scuole secondarie per l’anno 1996/1997”), nella
parte in cui stabilisce la vigenza dei contratti annuali dei docenti
di religione al 30 giugno 1997, piuttosto che al 31 agosto 1997 e
afferma il diritto alla ricostruzione economica e giuridica delle
posizioni lavorative delle interessate (con gli accessori di legge),
in relazione al citato termine contrattuale (31 agosto). La
particolare configurazione dello status del docente di religione
cattolica è connessa alla peculiarità dell’insegnamento, e non
alla scuola (statale ovvero civica) presso la quale questo
insegnamento viene svolto. Pertanto agli insegnanti di religione vanno
garantite le medesime garanzie, proprie degli altri docenti, assunti
con contratto a tempo indeterminato. Il previsto rinnovo automatico,
in assenza di cause ostative, della nomina sui posti disponibili, con
ogni conseguenza in termini di status, comporta, infatti, una
sostanziale equiparazione giuridica tra insegnanti di religione con
incarico annuale e docenti assunti con contratto a tempo
indeterminato.

Sentenza 24 aprile 2001, n.5153

Ai fini del computo del periodo di servizio necessario per
l’ammissione alle sessioni di esame riservate di abilitazione
all’insegnamento nelle scuole secondarie, non può essere computato il
servizio di insegnamento della religione nella scuola statale non
esistendo rispetto a questo insegnamento, in considerazione del regime
concordatario particolare operante nella materia, una classe di
abilitazione o di concorso né uno specifico titolo di studio, ed
essendo il titolo abilitante costituito dal certificato di idoneità
rilasciato dall’ordinario diocesano, e cioè da un’Autorità estranea
all’ordinamento italiano. La diversità dei requisiti richiesti per
gli incarichi di docenza “ordinari” e quelli relativi alla
religione esclude la sussistenza di uguali situazioni regolate in modo
diverso e della conseguente violazione dei principi costituzionali,
invocati dall’appellante (l’insegnante di religione, a differenza
di ogni altro docente, è assunto e mantenuto in servizio in base al
giudizio discrezionale di un’autorità totalmente diversa da quella
scolastica).

Sentenza 07 maggio 2004, n.4447

Non è illegittima la determinazione del Dirigente della
Soprintendenza Scolastica, di approvazione delle graduatorie
permanenti definitive, previste dalla legge 03.05.1999, n. 124, per
l’immissione in ruolo e per il conferimento degli incarichi a tempo
determinato a personale docente nella scuola elementare, nella parte
in cui non è stato riconosciuto nei loro confronti il punteggio per i
servizi di insegnamento della religione cattolica in precedenza
prestati. I periodi di insegnamento della religione cattolica non
attribuiscono una posizione del tutto omologa a quella dei docenti
ordinari con ogni effetto ai fini dell’inserimento nelle graduatorie
per l’accesso agli incarichi ed alla nomina in via definitiva. Deve
quindi, ribadirsi – anche con riguardo alle insegnanti di religione
cattolica nelle scuole elementari – l’indirizzo giurisprudenziale
che ha costantemente riconosciuto il carattere di specialità della
posizione dei docenti di religione, in relazione ai differenziati
profili di abilitazione professionale richiesti, alle distinte
modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, alla
peculiarità dell’oggetto dell’insegnamento, che non ne sentono
l’omologazione agli insegnanti in posizione ordinaria (cfr. Cons.
St., Sez. VI^, n. 5153 del 28.09.2001; n. 530 del 27.04.1999; n. 756
del 12.05.1994). Costituisce, infatti, secondo i criteri ivi indicati
periodo di insegnamento utile all’ammissione a punteggio “il solo
servizio [. . .] relativo alla classe di concorso o posto per il quale
si chiede l’inserimento in graduatoria”. E’ agevole rilevare che
l’attività di insegnante di religione cattolica, nei suoi obiettivi
di apprendimento dei principi della dottrina della Chiesa Cattolica,
ha un oggetto specifico, del tutto distinto dalle materie e dai
programmi scolastici della scuola primaria. Il criterio selettivo
recepito negli atti impugnati non si configura, quindi,
discriminatorio, stante l’evidente non omogeneità dei servizi resi
nella qualità di insegnante della religione cattolica e di insegnante
ordinario di scuola primaria e, nei sensi della non assimilabilità
delle due tipologie di servizi, si è altresì pronunziata la Corte
Costituzionale con decisione n. 343 del 22.07.1999, in relazione ad
analoga fattispecie inerente all’assunzione in ruolo.

Progetto di legge 22 luglio 2005

Progetto di legge 22 luglio 2005: “Ley Orgánica de Educación”. (Omissis) Disposición Adicional Segunda. Enseñanza de la religión. 1. La enseñanza de la religión se ajustará a lo establecido en el Acuerdo sobre Enseñanza y Asuntos Culturales suscrito entre el Estado español y la Santa Sede, así como a lo dispuesto en los Acuerdos de […]

Sentenza 24 febbraio 2003, n.2803

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali è
consentito esclusivamente agli insegnanti riconosciuti idonei
dall’autorità ecclesiastica, nominati dall’autorità scolastica
d’intesa con essa (art. 9, comma 2, dell’Accordo di revisione del
Concordato lateranense, ratificato con legge n. 121 del 1985, e punto
5 del protocollo addizionale), con incarico annuale, che si intende
confermato qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti;
nel regime contrattuale, di diritto privato, del relativo rapporto di
lavoro (d.lg. n. 165 del 2001), la sopravvenuta revoca dell’idoneità
all’insegnamento comporta l’impossibilità giuridica della prestazione
e la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro ex art. 1463 c.c.,
in quanto, in considerazione del particolare “status” di questi
insegnanti – reclutati secondo un sistema sottratto alla disciplina
dell’art. 35, d.lg. n. 165 del 2001 – ad essi non possono essere
attribuiti compiti diversi da quello dell’insegnamento della
religione. Pertanto, la risoluzione del rapporto di lavoro determinata
dalla revoca da parte dell’autorità ecclesiastica dell’idoneità
all’insegnamento della religione non configura un caso di
licenziamento, neppure se tale revoca sia stata disposta in quanto
l’insegnante è nubile ed in stato di gravidanza, e, conseguentemente,
a detta fattispecie non è applicabile l’art. 2, legge n. 1204 del
1971, in tema di tutela delle lavoratrici madri.
Risulta, inoltre, manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale – sollevata in riferimento agli art. 3, 4,
7, 35 e 97 cost. – degli art. 5, comma 1, e 6, legge n. 824 del 1930,
della legge n. 121 del 1985, laddove dà esecuzione all’art. 9, numero
2, dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense, e dell’art.
309, comma 2, d.lg. n. 297 del 1994, nella parte in cui, prevedendo
che la nomina degli insegnanti di religione deve essere effettuata in
favore di coloro che siano riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica, designati d’intesa con essa dall’autorità scolastica,
con incarico annuale, che si intende confermato qualora permangano le
condizioni ed i requisiti prescritti, fanno sì che la sopravvenuta
revoca dell’idoneità all’insegnamento determini l’impossibilità
giuridica della prestazione e la risoluzione del rapporto di lavoro ex
art. 1463 c.c., integrando in tal modo una fattispecie non
riconducibile al licenziamento, neppure qualora detta revoca sia
disposta per essere l’insegnante nubile ed in stato di gravidanza, con
conseguente inapplicabilità dell’art. 2, legge n. 1204 del 1971, in
tema di tutela delle lavoratrici madri.

Sentenza 14 novembre 2002, n.574

Il controllo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle
decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è
circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi
concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato
rispetto dei limiti esterni della giurisdizione del giudice
amministrativo, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio
della funzione giurisdizionale, cui attengono gli errori in iudicando,
giacché detti errori esorbitano dai confini dell’astratta valutazione
di sussistenza degli indici definitori della materia ed attengono
all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla
legge al giudice amministrativo, investendo quindi l’accertamento
della fondatezza o meno della domanda. (Nella specie – chiamato a
giudicare della legittimità del diniego di conferma, da parte del
preside di istituto scolastico, di un insegnante di religione a
seguito della revoca della dichiarazione di idoneità da parte
dell’ordinario diocesano e del conferimento dell’incarico ad altro
insegnante, in un caso nel quale l’ordinario diocesano aveva,
contestualmente alla revoca, riconosciuto detta idoneità al primo
insegnante per altro istituto scolastico – il Consiglio di Stato aveva
annullato l’atto impugnato, ritenendo la dichiarazione di idoneità e
di revoca da parte del vescovo atto endoprocedimentale finalizzato al
provvedimento finale, in quanto tale suscettibile di valutazione sotto
il profilo della conformità ai criteri di ragionevolezza e di non
arbitrarietà; le S.U., investite del ricorso dell’istituto
scolastico, lo hanno dichiarato inammissibile, in quanto risolventesi
in una non consentita prospettazione di “errores in iudicando”).

Delibera 25 novembre 2002

Conferenza Episcopale Italiana, Delibera del 25 novembre 2002: “Conseguimento del titolo di qualificazione da parte di taluni insegnanti di religione cattolica”. (da “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” n. 7/2002) §. 1. Gli insegnanti di religione cattolica in servizio nell’anno scolastico 2002/2003 nella scuola italiana di ogni ordine e grado, privi di un titolo di qualificazione […]

Accordo 26 febbraio 1999

Accordo sulla modalità di attuazione dei rispettivi obblighi finanziari della Repubblica di Croazia verso la Chiesa Cattolica, 26 febbraio 1999. Art. 1 Il Ministero delle Finanze, secondo la disposizione dall’articolo 4 della Legge di ratifica dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia sulle questioni economiche (Bollettino ufficiale “Narodne Novine” n. 18/98. Accordi […]