Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Codice penale 15 maggio 1871

Codice penale della Germania, 15 maggio 1971. Strafgesetzbuch (Omissis) Elfter Abschnitt Straftaten, welche sich auf Religion und Weltanschauung beziehen § 166. (Beschimpfung von Bekenntnissen, Religionsgesellschaften und Weltanschauungsvereinigungen) (1) Wer öffentlich oder durch Verbreiten von Schriften (§ 11 Abs. 3) den Inhalt des religiösen oder weltanschaulichen Bekenntnisses anderer in einer Weise beschimpft, die geeignet ist, den […]

Codice penale 03 marzo 1881

Codice penale dei Paesi Bassi. Approvato con legge 3 marzo 1881 (Wetboek van Strafrecht – Wet van 3 maart 1881) THE DUTCH PENAL CODE – March 3, 1881 (omissis) BOOK II SERIOUS OFFENSES TITLE V SERIOUS OFFENSES AGAINST PUBLIC ORDER Article 137c. 1. A person who publicly, either orally, or in writing, or by image, […]

Codice penale 23 gennaio 1974

Codice penale austriaco. Approvato con legge federale 23 gennaio 1974. Strafgesetzbuch (StGB) Bundesgesetz 23. Jänner 1974 über die mit gerichtlicher Strafe bedrohten Handlungen (Strafgesetzbuch-StGB) BGBl 1974/60 idF BGBl I 15/2004 Besonderer Teil (Omissis) Achter Abschnitt Strafbare Handlungen gegen den religiösen Frieden und die Ruhe der Toten § 188 (Herabwürdigung religiöser Lehren) Wer öffentlich eine Person […]

Sentenza 18 aprile 2005, n.168

Venuto meno con la modifica del Concordato lateranense il principio
secondo cui la religione cattolica è la sola religione dello Stato,
il più grave trattamento sanzionatorio riservato alle offese alla
religione cattolica determina una «inammissibile discriminazione»
nei confronti delle altre confessioni religiose, in violazione degli
artt. 3, primo comma, e 8, primo comma, della Costituzione, che
sanciscono, rispettivamente, i principî dell’eguaglianza di tutti i
cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione e
dell’eguale libertà di tutte le religioni davanti alla legge.

Sentenza 21 febbraio 2003, n.17050

Il reato di vilipendio di cadavere è integrato da qualunque
manipolazione di resti umani che consista in comportamenti idonei ad
offendere il sentimento di pietà verso i defunti, non resi necessari
da prescrizioni tecniche dettate dal tipo di intervento o addirittura
vietati, con la consapevolezza del loro carattere ultroneo o
incompatibile con le prescrizioni proprie del tipo di attività
svolto. Infatti, secondo consolidato indirizzo interpretativo della
giurisprudenza di legittimità che, seppur risalente nel tempo, non è
stato mai contrastato da pronunce di segno opposto, il dolo del reato
di cui all’art. 410 c.p. è generico, di talché l’elemento
psicologico di detto delitto è integrato dalla consapevolezza del
fatto che, come nel caso di specie, l’azione posta in essere non è
conforme alle prescrizioni o esigenze tecniche afferenti al tipo
attività espletata ed è idonea ad offendere il sentimento di pietà
verso i defunti.

Ordinanza 26 febbraio 2002, n.34

È manifestamente inammissibile la q.l.c. dell’art. 402 c.p. – che
punisce con la reclusione fino a un anno “chiunque pubblicamente
vilipende la religione dello Stato”, accordando una tutela
privilegiata alla sola religione cattolica – in quanto la disposizione
censurata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, per
violazione degli art. 3 e 8 cost., con la sent. n. 508 del 2000,
successiva all’ordinanza di rimessione.

Sentenza 10 novembre 1997, n.329

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, comma
1, e 8, comma 1, Cost., l’art. 404, comma 1, cod. pen., nella parte in
cui prevede la pena della reclusione da uno a tre anni, anziche’ la
pena diminuita prevista dall’art. 406 cod. pen., sia perche’, nella
visione costituzionale attuale, la ‘ratio’ differenziatrice – che
ispiro’ il legislatore del 1930 con il riconoscimento alla Chiesa e
alle religioni cattoliche di un valore politico, quale fattore di
unita’ morale della nazione – non vale piu’ oggi, quando la
Costituzione esclude che la religione possa considerarsi
strumentalmente rispetto alle finalita’ dello Stato e viceversa; sia
perche’, in attuazione del principio costituzionale della laicita’ e
non confessionalita’ dello Stato – che non significa indifferenza di
fronte all’esperienza religiosa, ma comporta equidistanza e
imparzialita’ della legislazione rispetto a tutte le confessioni
religiose – la protezione del sentimento religioso e’ venuta ad
assumere il significato di un corollario del diritto costituzionale di
liberta’ di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare
allo stesso modo l’esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono,
nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai
diversi contenuti di fede delle diverse confessioni; sia, infine,
perche’ il richiamo alla cosiddetta coscienza sociale – quale criterio
di giustificazione di differenze fra confessioni religiose operate
dalla legge – se puo’ valere come argomento di apprezzamento delle
scelte del legislatore sotto il profilo della loro ragionevolezza, e’
viceversa vietato laddove la Costituzione, nell’art. 3, comma 1,
stabilisce espressamente il divieto di discipline differenziate in
base a determinati elementi distintivi, tra i quali sta per l’appunto
la religione, e cioe’ che la protezione del sentimento religioso,
quale aspetto del diritto costituzionale di liberta’ religiosa, non e’
divisibile.

Sentenza 18 ottobre 1995, n.440

É costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 8,
primo comma, Cost., l’art. 724, primo comma, del codice penale – che
punisce con un’ammenda chiunque pubblicamente bestemmi, con invettive
o parole oltraggiose, contro la Divinità o i Simboli o le Persone
venerati nella religione dello Stato – , limitatamente alle parole: “o
i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato”, in
quanto differenzia la tutela penale del sentimento religioso
individuale a seconda della fede professata. Infatti, mentre la
bestemmia contro la Divinità può considerarsi punita
indipendentemente dalla riconducibilità della Divinità stessa a
questa o a quella religione, di guisa che, già ora, risultano
protetti dalle invettive e dalle espressioni oltraggiose tutti i
credenti e tutte le fedi religiose, senza distinzioni o
discriminazioni, la bestemmia contro i Simboli o le Persone venerati,
di cui alla seconda parte della disposizione, si riferisce
testualmente soltanto alla “religione dello Stato”, e cioè alla
religione cattolica. Alla riconosciuta violazione del principio di
eguaglianza, in presenza del divieto di decisioni additive, in materia
penale, che preclude alla Corte l’estensione della norma alle fedi
religiose escluse, consegue il suo annullamento per difetto di
generalità.

Sentenza 14 febbraio 1973, n.14

La liberta’ di religione, da ricomprendersi tra i diritti inviolabili
dell’uomo, tutela il sentimento religioso e pertanto si giustificano
le sanzioni penali per le offese ad esso recate. Tale tutela limitata
alla sola religione cattolica e’ dovuta alla valutazione, di
competenza del legislatore, in ordine all’ampiezza delle reazioni
sociali determinate dalla offese contro il sentimento religioso della
maggioranza della popolazione italiana. La questione sollevata al
riguardo, nei confronti dell’art. 724 cod. pen., in riferimento agli
artt. 3, 8, 19 e 21 Cost., va percio’ dichiarata non fondata. Sarebbe
peraltro auspicabile che il legislatore estendesse la tutela penale
anche al sentimento religioso degli acattolici.

Sentenza 13 maggio 1965, n.39

La maggiore ampiezza e intensita’ della tutela penale della religione
cattolica (art. 402 Cod. pen.) corrisponde alla maggiore ampiezza e
intensita’ delle reazioni sociali che suscitano le offese ad esse e
non contrasta con gli artt. 8 e 19 Cost. poiche’ e’ basata sulla
posizione particolare che la Costituzione riconosce alla Chiesa
cattolica. L’art. 402 Cod. pen., inoltre, non tutela una sfera di
capacita’ e di attivita’ delle confessioni religiose poiche’ il bene
protetto non e’ la capacita’ giuridica di agire della Chiesa
cattolica, ma il sentimento religioso della maggioranza degli
italiani, e non contrasta percio’ con l’art. 20 Cost.