Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Maggio 2009

Sentenza 30 marzo 2009, n.116

TAR Trentino Alto Adige – Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano. Sentenza 30 marzo 2009, n. 116: “Moschee e pianificazione urbanistica”.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano

costituito dai magistrati:
Marina ROSSI DORDI – Presidente
Anton WIDMAIR – Consigliere
Hans ZELGER – Consigliere
Lorenza PANTOZZI LERJEFORS – Consigliere relatore

ha pronunziato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso iscritto al n. 98 del registro ricorsi 2008

presentato da
P. F., rappresentato e difeso dagli avv.ti Manfred Schullian e Alessandro Gabrielli, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi, in Bolzano, V.le Stazione n. 5, giusta mandato speciale in calce al ricorso;
ricorrente

c o n t r o

COMUNE DI SALORNO, in persona del Sindaco pro tempore, che sta in giudizio in forza della deliberazione della Giunta municipale n. 168 dd. 2.4.2008, rappresentato e difeso dall’avv. Peter Platter, con elezione di domicilio presso lo studio del medesimo, in Bolzano, via Alto Adige n. 40, giusta delega a margine dell’atto di costituzione;
resistente

per l’annullamento, previa emanazione di misure cautelari, dell’ordinanza di demolizione e ripristino n. 4/2008 dd. 21.1.2008, e, per quanto occorrer possa, della comunicazione di avvio di procedimento dd. 2.1.2008, della comunicazione di avvio di procedimento dd. 31.8.2007, nonché di qualsiasi altro atto prodromico, endoprocedimentale, consequenziale o comunque connesso, anche se non espressamente richiamato o non conosciuto.

Visto il ricorso notificato il 27.3.2008 e depositato in segreteria il 28.5.2008 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Salorno dd. 7.4.2008;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n. 80 dd. 8.4.2008, con la quale è stata cautelarmente sospesa l’esecuzione dei provvedimenti impugnati;
Vista la memoria prodotta;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza dell’11.2.2009 il consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors ed ivi sentito l’avv. U. Oberhammer, in sostituzione dell’avv. A. Gabrielli, per il ricorrente e l’avv. A. Bauer, in sostituzione dell’avv. P. Platter, per il Comune di Salorno;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Il ricorrente espone di essere comproprietario di un edificio a Salorno, ubicato nel verde agricolo (p.ed. 511, C.C. Salorno), originariamente destinato al commercio all’ingrosso di frutta (magazzino) e, solo in piccola parte (mq 66,10), al commercio al dettaglio (doc. n. 4 del ricorrente). Espone, inoltre, il ricorrente che, successivamente, l’attività di commercio all’ingrosso è stata completamente abbandonata e lo stabile adibito a deposito e conservazione di frutta per conto di terzi (produttori), i quali hanno pagato regolare corrispettivo per il servizio di deposito offerto (doc. n. 5 del ricorrente).
Con nota del 31 agosto 2007 il Sindaco di Salorno comunicava al ricorrente e agli altri proprietari dell’edificio l’avvio del procedimento volto al ripristino dello stato dei luoghi a seguito dell’accertato cambiamento abusivo di destinazione d’uso di una parte dell’edificio, utilizzata ora quale luogo di culto musulmano (doc. n. 3 del ricorrente).
Il ricorrente, con nota del 3 ottobre 2007, chiedeva al Comune l’archiviazione del procedimento, rilevando che l’immobile era stato destinato ad attività terziaria già prima del 1992, per cui il cambio della destinazione d’uso era avvenuto legalmente. In seguito, non sarebbe avvenuto alcun cambiamento di destinazione d’uso, in quanto l’attività di culto esercitata in una parte dello stabile era da ricomprendersi nell’ambito dell’attività terziaria (doc. 6 del ricorrente).
L’Amministrazione, con nota del 2 gennaio 2008, contestava l’affermato cambiamento di destinazione d’uso prima del 1992, ritenendo che l’attività di raccolta, conservazione e lavorazione di prodotti agricoli dovesse comunque considerarsi come attività di commercio all’ingrosso di prodotti agricoli e non come attività terziaria (doc. n. 2 del ricorrente).
Infine, con provvedimento del 21 gennaio 2008, il Sindaco ordinava al ricorrente la demolizione, al piano terra e al primo piano, della tramezzatura interna che aveva modificato la distribuzione dei locali ed il ripristino dei locali trasformati da deposito agricolo a sala riunioni, del locale trasformato da deposito agricolo ad aula attrezzata, del locale trasformato da ripostiglio a bagno e del locale trasformato da atrio a cucina (doc. n. 1 del ricorrente).
A fondamento del gravame proposto il ricorrente ha dedotto il seguente motivo:
“Eccesso di potere per travisamento, illogicità, perplessità e per sviamento di potere; violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 80 e ss., anche con riferimento all’art. 5 L.P. n. 21/1992. Difetto di motivazione (art. 7, L.P. n. 17/1993)”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Salorno e ha chiesto il rigetto del ricorso, siccome infondato.
Con ordinanza n. 80/08, depositata l’8 aprile 2008, il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal ricorrente in via incidentale, in considerazione della natura demolitoria dell’ordinanza impugnata.
Nei termini di rito il procuratore del Comune di Salorno ha depositato una memoria a sostegno della propria difesa.
All’udienza pubblica dell’11 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

Il ricorso non merita accoglimento.
Con l’unico motivo il ricorrente afferma che la società P. & Co S.a.s, di P. F., negli anni 1988 – 1990, ha svolto il servizio di deposito e conservazione della frutta per conto di terzi (come dimostrerebbero le fatture agli atti) e che tale attività avrebbe comportato un mutamento funzionale della destinazione d’uso da attività di commercio all’ingrosso ad attività terziaria. Detto cambiamento di destinazione d’uso sarebbe avvenuto in un periodo in cui le modifiche della destinazione d’uso non erano soggette a concessione edilizia (tale obbligo sarebbe stato introdotto nell’ordinamento provinciale solo con la legge 23 giugno 1992, n. 21) e, quindi, sarebbe stato pienamente legittimo. L’attività di culto che si svolge ora in una parte dell’edificio andrebbe considerata come attività terziaria, alla pari di quella di deposito e conservazione di frutta; di talché l’Amministrazione avrebbe travisato un cambio di destinazione d’uso “attuale”, che non sarebbe in realtà mai avvenuto.
Infine, le opere interne asseritamente abusive risulterebbero assentite mediante l’asseverazione presentata in Comune, ai sensi dell’art. 19 della legge provinciale n. 4 del 1987, in data 16 dicembre 2002.
Le doglianze sono infondate.
Va premesso che l’immobile identificato con la p.ed. 511 C.C. Salorno è situato, in base al vigente PUC di Salorno del 1995 (ma anche ai precedenti PUC), in zona di verde agricolo, per la quale si applicano le norme contenute nell’ordinamento urbanistico provinciale che disciplinano il verde agricolo, come previsto dall’art. 24 delle norme di attuazione del PUC (cfr. doc. ti 12 e 13 del Comune).
Ai sensi dell’art. 107, comma 5, della citata legge provinciale n. 13 del 1997, “gli impianti per la raccolta, conservazione e lavorazione di prodotti agricoli e le aziende zootecniche industrializzate esistenti nel verde agricolo non possono essere adibiti ad altre destinazioni, salvo che tutta l’area asservita all’impianto venga destinata nel piano urbanistico comunale a zona per insediamenti produttivi o a zona residenziale o ad opere o impianti di pubblico interesse. Finché non è intervenuto il cambiamento della destinazione d’uso nel piano urbanistico comunale, le costruzioni non possono essere utilizzate per altre attività che per quelle per le quali sono state realizzate”.
Anche la normativa prima vigente conteneva il divieto di cambiamento di destinazione d’uso degli impianti per la raccolta, conservazione e lavorazione di prodotti agricoli, in assenza di una diversa destinazione d’uso di tutta l’area nel piano urbanistico provinciale (cfr. l’art. 95, comma 5, del TU delle leggi urbanistiche provinciali, approvato con DPGP 26 ottobre 1993, n. 38, l’art. 16 della legge provinciale 23 giugno 1992, n. 21 e, ancor prima, l’art. 42, comma 5, del TU approvato con DPGP 23 giugno 1970, n. 20, come sostituito dall’art. 8 della legge provinciale 24 novembre 1980, n. 34).
Orbene, siccome tale divieto sussisteva sin dal 1980, il ricorrente non può affermare di avere legittimamente trasformato la destinazione d’uso dell’immobile ad attività terziaria nel periodo compreso tra il 1988 al 1992. In altre parole, quand’anche il ricorrente avesse realmente svolto un’attività terziaria in quel periodo, tale attività dovrebbe considerarsi illegittima alla luce della citata normativa.
Va aggiunto che le fatture allegate dal ricorrente non sono idonee a dimostrare, in ogni caso, l’asserito cambiamento di destinazione d’uso, posto che l’abusiva attività di culto oggetto dell’ordinanza impugnata si riferisce ad una minima parte della p.ed. 511 (c.a. 234,60 mq, mentre l’intera p.ed. 511 misura ben 4.162 mq – cfr. doc. n. 17 del Comune) e le fatture non forniscono alcun elemento da cui possa trarsi la conclusione che l’asserito servizio di deposito e conservazione della frutta si svolgesse proprio nella parte oggetto della controversia.
Rileva ancora il Collegio che il ricorrente afferma di aver svolto, in una piccola parte dello stesso immobile, anche l’attività di commercio al dettaglio, limitatamente ai prodotti ortofrutticoli conservati nei magazzini, nel periodo compreso tra il 1984 e il 1996.
Ebbene, osserva il Collegio che, da un lato tale attività – effettivamente svolta fino al 1996 su una superficie autorizzata di 66,10 mq (cfr. doc. n. 4 del ricorrente) – è del tutto compatibile con l’attività agricola consentita dall’ordinamento urbanistico provinciale in zona di verde agricolo; dall’altro lato va ricordato che ai sensi dell’art. 107, comma 25, della legge provinciale n. 13 del 1997 (che disciplina le autorizzazioni al commercio al dettaglio nel verde agricolo), in caso di cessazione dell’attività di commercio al dettaglio, “i relativi vani riacquistano la destinazione d’uso agricola…”. Dunque, se l’attività di commercio al dettaglio fosse stata esercitata proprio nei locali oggetto dell’ordinanza impugnata (la circostanza sembra verosimile, ma anche su questo punto non vi è certezza), tali locali, dopo il 1996, avrebbero comunque riacquistato, per legge, la destinazione d’uso agricola.
Infine, per quanto concerne le opere interne contestate, va rilevato che l’asseverazione presentata in Comune il 16 dicembre 2002 si riferisce ad opere (tramezze interne volte ad un più razionale sfruttamento della superficie dei locali) realizzate esclusivamente “al primo piano” della p.ed. 511 (cfr. doc. n. 7 del ricorrente), mentre dalla relazione di sopralluogo del tecnico comunale dell’11 settembre 2007, richiamata nell’ordinanza impugnata, risulta che “anche al piano terra sono state eliminate, spostate e costruite tramezze interne, cambiando la distribuzione dei locali, che comporta la non conformità ai progetti presentati in comune. Sono stati realizzati quattro nuovi bagni non ancora arredati con i muri a grezzo” (cfr. doc. n. 8 del Comune).
Va aggiunto che, durante il sopralluogo dell’11 settembre 2007, il tecnico comunale ha accertato che, al primo piano, sono state realizzate ulteriori tramezze interne, rispetto a quelle di cui alla citata asseverazione, dallo stesso tecnico evidenziate nella planimetria relativa allo stato di progetto del novembre 2002 (cfr. doc. 10 del Comune).
Dunque l’asseverazione non si riferisce ai lavori riscontrati come non conformi durante il sopralluogo del 2007.
In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio vanno poste a carico del ricorrente e sono liquidate dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Salorno le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CAP. Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2009.

IL PRESIDENTE
Marina ROSSI DORDI

L’ESTENSORE
Lorenza PANTOZZI LERJEFORS