Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 10 marzo 2009, n.10535

Per la configurabilità del reato di cui all’art. 403 c.p. non
occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a
fedeli ben determinati, potendo invece essere genericamente riferite
alla indistinta generalità dei fedeli. Questa norma infatti protegge
il sentimento religioso di per sé, sanzionando le pubbliche offese
verso lo stesso attuate mediante vilipendio dei fedeli di una
confessione religiosa o dei suoi ministri (nel caso di specie, la
Corte ha confermato la legittimità del sequestro di alcune pagine
web, su cui erano stati pubblicati messaggi di partecipanti a un forum
sulla religione cattolica, ritenuti offensivi verso il comune
sentimento religioso).

Sentenza 27 luglio 1992, n.368

Il limite stabilito dall’art. 21 Cost. al diritto di libera
manifestazione del pensiero, non può essere interpretato nel senso di
estendere la protezione del “buon costume” anche a condotte prive di
offensività sociale rispetto ai valori costituzionalmente tutelati
con il “buon costume” stesso. In particolare la contrarietà al
sentimento del pudore non dipende dall’oscenità di atti o di oggetti
in sè considerata, ma dall’offesa che può derivarne al pudore
sessuale, considerato il contesto e le modalità in cui quegli atti e
quegli oggetti sono compiuti o esposti: sicchè non può riconoscersi
tale capacità offensiva ad atti o ad oggetti che, pur avendo in sè
un significato osceno, si esauriscono nella sfera privata o possano
essere conosciuti solo da chi ne faccia richiesta. Non è fondata,
pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 528
c.p., che punisce la detenzione di materiale pornografico allo scopo
di farne commercio.

Sentenza 19 febbraio 1965, n.9

Il concetto di buon costume, che compare nell’art. 21 della
Costituzione, risulta da un insieme di precetti che impongono un
determinato comportamento nella vita sociale di relazione, la
inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del
pudore sessuale, della dignità personale che con esso si congiunge, e
del sentimento morale dei giovani.

Sentenza 18 ottobre 1993

L’esercizio del diritto di critica e di quello di satira costituisce
estrinsecazione tipica ed essenziale della libertà di manifestazione
del pensiero e quindi può estendersi, in un ordinamento ispirato ai
principi del laicismo, anche ai fatti, ai simboli, alle cose e alle
persone pertinenti alla religione; l’unico limite frapposto dalla
legge penale alla libera manifestazione del pensiero anche in campo
religioso è quello del vilipendio, da intendersi, nell’accezione
comune e, altresì, in quella tecnico-giuridica, come ostentazione di
disprezzo, manifestazione di biasimo, espressione di apprezzamento
negativi implicanti disdegno e disistima generalizzati, alla stregua
di canoni assiologici universali o, comunque, non circoscritti a
determinate dottrine o ideologie; offesa alla religione può pertanto
aversi solo ove siano spregiativamente chiamati in causa i valori
etico-spirituali e le credenze fondamentali della religione medesima,
nel loro complesso o in parti essenziali e qualificanti (nella specie,
la corte ha ritenuto non offensivo ai sensi dell’art. 403, 2º
comma, c.p. il riferimento agli istinti sessuali del sommo pontefice
contenuto in una vignetta manifestamente ispirata a registri
umoristici e ad un chiaro gusto bozzettistico, trattandosi di
espressione satirica priva di qualsiasi valenza ideologica e di ogni
carica lesiva nei confronti dei capisaldi o dell’intima sostanza
della fede cattolica.

Sentenza 21 maggio 1987, n.196

Il provvedimento con cui il giudice tutelare autorizza la gestante
minorenne a decidere l’interruzione della gravidanza – rientrando
negli schemi di integrazione della volonta` del soggetto legalmente
incapace, cui attribuisce facolta` di decidere – rimane estraneo alla
procedura di riscontro delle situazioni di “serio pericolo” al cui
verificarsi e` subordinata la possibilita` di interruzione della
gravidanza nei primi novanta giorni, ne` puo` discostarsi dai relativi
accertamenti compiuti dal personale sanitario ed ausiliario.
Conseguentemente, l’impossibilita`, per il giudice, di sollevare
obiezione di coscienza in relazione al previsto potere di
autorizzazione, non comporta disparita` di trattamento rispetto al
personale sanitario, stante il difetto di omogeneita` nei differenti
stadi della procedura di aborto, in cui il giudice ed i sanitari,
rispettivamente, intervengono.