Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 06 luglio 2015, n.13883

In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso,
le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come
comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione
del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano
sostanzialmente dall'ipotesi d'invalidità contemplata
dall'art. 120 c.c., cosicchè è da escludere che il
riconoscimento dell'efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo
in principi fondamentali dell'ordinamento italiano. In
particolare, tale contrasto non è ravvisabile sotto il profilo
del difetto di tutela dell'affidamento della controparte,
poichè, mentre in tema di contratti la disciplina generale
dell'incapacità naturale dà rilievo alla buona o
malafede dell'altra parte, tale aspetto è ignorato nella
disciplina dell'incapacità naturale, quale causa
d'invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente
l'esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio
psichico.

Sentenza 02 febbraio 2015, n.1788

Le S.U. della Corte di Cassazione, componendo un contrasto sorto nella
giurisprudenza civile, hanno individuato nella convivenza stabile e
duratura tra gli sposi, successiva alla celebrazione del matrimonio, e
dunque attinente al matrimonio-rapporto, un limite generale di ordine
pubblico alla delibabilità delle sentenze ecclesiastiche in
materia matrimoniale (Cass., S.U. nn. 16379
e 16380
del 2014). La convivenza costituisce dunque un limite generale di
ordine pubblico, indipendente dal vizio genetico del matrimonio
dichiarato dal Tribunale ecclesiastico. Diversamente opinando,
infatti, il Giudice italiano porrebbe in essere una inammissibile
invasione nella giurisdizione ecclesiastica in materia di
nullità matrimoniale.

Ordinanza interlocutoria 14 gennaio 2013, n.712

Afferma la Sezione I Civile della Cassazione, nella sentenza n.
1343/2011 [https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5571], che
la prolungata convivenza tra i coniugi rappresenta condizione ostativa
alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del
matrimonio concordatario laddove si sia tradotta in un rapporto
corrispondente alla durata del matrimonio o comunque ad un periodo di
tempo considerevole dopo la celebrazione del matrimonio e la scadenza
del termine per l’impugnativa del matrimonio-atto. La costruzione
esegetica, che assume a dato dirimente la durata del matrimonio intesa
quale convivenza prolungata dei coniugi successivamente alla
celebrazione del matrimonio, richiamando espressamente il dettato
delle S.U. n. 19809 del 18 luglio 2008
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=4915], rileva che
l’ordine pubblico interno matrimoniale manifesta il “favor” per la
validità del matrimonio, quale fonte del rapporto familiare incidente
sulla persona e oggetto di rilievo e tutela costituzionali. A questo
orientamento si è sostanzialmente uniformata la sentenza n. 9844/2012
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5898], in un caso in
cui la sentenza del tribunale ecclesiastico aveva dichiarato la
nullità del matrimonio concordatario per difetto di consenso,
assumendo tale vizio psichico a condizione d’inettitudine del
soggetto ad intendere i diritti ed i doveri del matrimonio al momento
della manifestazione del consenso, sostanzialmente conforme
all’ipotesi di invalidità contemplata dall’art. 120 c.c.,
sostenendo all’esito che la durata ventennale del matrimonio
prospettata dalla ricorrente come impeditiva della delibazione non
rilevava nella specie, essendosi la medesima ricorrente limitata a
porre in evidenza solo detto elemento temporale, e non l’effettiva
convivenza dei coniugi nello stesso periodo, che in ogni caso avrebbe
dovuto essere dedotta e provata in sede di delibazione. Anche la
sentenza della Cass. n. 1780 del 2012
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5784] ha aderito al
richiamato arresto, con la distinzione concettuale ad esso sottesa tra
matrimonio atto e matrimonio rapporto, pur escludendo nella specie
l’instaurazione di un matrimonio-rapporto duraturo e radicato. Si
è invece consapevolmente discostata da tale orientamento la sentenza
della Cassazione n. 8926 del 2012
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5897] che, in un
caso in cui era accertato il vizio simulatorio di uno degli sposi, ha
escluso che la convivenza dei coniugi successiva alla celebrazione del
matrimonio, che pur nella specie considerata si era protratta per
oltre trent’anni, “esprima norme fondamentali che disciplinano
l’istituto del matrimonio e, pertanto, non è ostativa, sotto il
profilo dell’ordine pubblico interno, alla delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio canonico” (nel solco
tracciato dal precedente delle S.U. n. 4700/1988
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=4023]). Ed invero,
prosegue nella motivazione la sentenza n. 8926/2012, “considerata la
natura dei rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica,
disciplinati da accordi il cui valore, nell’ambito del principio di
bilateralità, è consacrato nell’art. 7 Cost., comma 2, che fornisce
copertura costituzionale anche agli accordi successivi ai Patti
Lateranensi, ivi espressamente indicati”, e pur nel vigore della L. 25
marzo 1985 n. 121 che ha dato esecuzione all’accordo di modificazioni
ed al protocollo addizionale del 18 febbraio 1984 tra la Santa Sede e
l’Italia, “restando attribuita in via esclusiva al tribunale
ecclesiastico la cognizione sull’invalidità del matrimonio
concordatario, siccome disciplinato nel suo momento genetico dalla
legge canonica”, la Corte d’appello, chiamata in sede di delibazione
ad attribuirne efficacia nel nostro territorio, è tenuta a trovare un
punto di equilibrio nelle non poche ipotesi di divergenza tra il
diritto canonico e quello civile. Di qui la necessità di delimitare
il concetto di “ordine pubblico interno” circoscrivendolo al caso
in cui si ravvisi una contrarietà ai canoni essenziali cui secondo
l’ordinamento interno è improntata la struttura dell’istituto
matrimoniale, tra i quali non si annovera l’instaurazione del
“matrimonio-rapporto” e la stabilità ad esso attribuita dalla
previsione dell’art. 123 comma 2 c.c. La tesi ivi propugnata si
colloca, dunque, in una cornice interpretativa del tutto contrastante
con quella fondante la sentenza n. 1343/2011 e la composizione del
rilevato contrasto, ad avviso della Suprema Corte adita, deve pertanto
essere rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione, così come la
definizione delle ulteriori questioni originate dalle riferite opzioni
interpretative allo stato irrisolte.

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La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Settimio Carmignani Caridi, Università degli Studi di Roma “Tor
Vergata”, Segretario generale della Consociatio Internationalis
Studio Iuris Canonici Promovendo

Sentenza 15 giugno 2012, n.9844

In tema di delibazione della sentenza di un tribunale ecclesiastico
dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario, per
difetto di consenso, la situazione di vizio psichico (defectum
discretionis iudicii) da parte di uno dei coniugi, assunta in
considerazione dal giudice ecclesiastico siccome comportante
inettitudine del soggetto ad intendere i diritti ed i doveri del
matrimonio al momento della manifestazione del consenso, non si
discosta sostanzialmente dall’ipotesi di invalidità contemplata
dall’art. 120 c.c., cosicchè è da escludere che il riconoscimento
dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo nei principi
fondamentali dell’ordinamento italiano.

Quanto alla rilevanza della durata ventennale del matrimonio (
prospettata dalla ricorrente nel caso di specie) con riferimento
all’orientamento della  Corte secondo cui è ostativa alla
delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio
concordatario la convivenza prolungata dai coniugi successivamente
alla celebrazione del matrimonio, in quanto essa è espressiva di una
volontà di accettazione del rapporto che ne è seguito, con cui è
incompatibile, quindi, l’esercizio della facoltà di rimetterlo in
discussione, altrimenti riconosciuta dalla legge (Cass. 2011/1343),
osserva il collegio che il principio giurisprudenziale richiamato
attribuisce rilievo, quale situazione ostativa alla delibazione della
sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, alla
convivenza prolungata dei coniugi successivamente alla celebrazione
del matrimonio e non alla semplice durata del matrimonio medesimo.

Sentenza 17 gennaio 2012, n.263

La controversia avente ad oggetto il contratto d’opera
intellettuale tra un cittadino italiano ed un avvocato rotale,
relativamente alla attività svolta da quest’ultimo innanzi al
Tribunale ecclesiastico, nulla toglie al carattere civilistico del
rapporto “inter partes”, con conseguente giurisdizione del Giudice
italiano.
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CFR. IN OLIR.IT
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 6 luglio 2011, n. 14839
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5661]

Sentenza 22 agosto 2011, n.17465

La sentenza ecclesiastica che abbia pronunciato la nullità del
matrimonio per esclusione, da parte di uno dei coniugi, dei bona
matrimonii è delibabile purchè tale divergenza tra volontà e
dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge o da questo
conosciuta o comunque conoscibile con ordinaria diligenza. Nel caso di
specie, il fidanzamento interrotto da una relazione con altra donna, i
tratti caratteriali del coniuge sensibile al fascino di altre donne e
alieno da legami stabili e duraturi, l’induzione al matrimonio per
intervenuta gravidanza e la convinzione, espressa in varie sedi, che
vi sarebbe stata comunque la possibilità di divorzio, sono apparsi
elementi idonei a ritere insussistente la violazione del principio
dell’affidamento incolpevole.

Sentenza 04 febbraio 2010, n.2600

La delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità matrimoniale
fa stato tra le parti ed assume l’autorità di cosa giudicata che
preclude ogni altra pronuncia con essa contrastante. In particolare,
la pronuncia ecclesiastica, regolarmente delibata, sancisce
l’invalidità del matrimonio e l’insussistenza del vincolo. Di
conseguenza, la pronuncia di divorzio, presupponendo la validità del
matrimonio e la sussistenza del vincolo, si pone in radicale
contrasto con essa. In queste fattispecie, rimangono, dunque, travolte
la sentenza di divorzio e le statuizioni economiche da esso
conseguenti (cfr. Cass. civ. n. 10055 del 2003
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4025])

Sentenza 08 aprile 2010, n.8326

Il regolamento preventivo di giurisdizione non è proponibile dopo che
il Giudice di merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto
limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, fissando
tale momento il termine finale per la proposizione di detto
regolamento (Nel caso di specie, rilevato che il regolamento ex art.
41 c.p.c. veniva proposto dopo che il Tribunale di Napoli aveva
declinato con sentenza la propria giurisdizione in merito alla domanda
proposta nei confronti della Regione Ecclesiastica Campania –
Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano e di Appello, tale richiesta
non era stato considerata ammissibile).

Sentenza 12 maggio 1990, n.4100

Il diritto alla tutela giurisdizionale costituisce un principio
supremo dell’ordinamento solo nel suo nucleo essenziale, la Corte
d’Appello, nel momento in cui deve procedere a rendere esecutiva la
sentenza del tribunale ecclesiastico che pronuncia la nullità del
matrimonio canonico, deve accertare se risultino rispettati gli
elementi essenziali del diritto di agire e di resistere nell’ambito
dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato. Tale
fondamentale requisito è integrato quando risulta che le parti
abbiano avuto la garanzia sufficiente per provvedere alla propria
difesa, non è invece necessario il riscontro del puntuale rispetto di
tutte le norme canoniche, oppure se queste diano le stesse garanzie
offerte dal nostro ordinamento. In particolare la delibazione della
sentenza del tribunale ecclesiastico di nullità del matrimonio
concordatario può essere effettuata anche quando il processo canonico
sia proseguito malgrado la morte del curatore dell’incapace, non
costituendo tale profilo una violazione del diritto di difesa.

Sentenza 08 aprile 2003, n.4002

L’art. 16 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, stabilisce
che quando il trattamento dei dati concerne dati idonei a rilevare lo
stato di salute o la vita sessuale, questo è consentito se il diritto
da far valere o da difendere è di rango almeno pari a quello
dell’interessato; tale previsione non risolve in astratto il conflitto
tra l’interesse del terzo a conseguire l’accesso e quello alla
riservatezza dell’interessato, ma consente all’amministrazione che
detiene i dati sensibili, ed, in sostituzione, al giudice
amministrativo, di valutare in concreto ciascuna fattispecie al fine
di stabilire se l’accesso sia necessario o meno per far valere o
difendere un diritto almeno pari a quello dell’interessato.