Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 27 settembre 2006, n.5646

L’art. 2 della legge n. 124/1999 stabilisce che il periodo di
servizio per l’ammissione alla sessione riservata di esami per il
conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento e per il
conseguente inserimento nella graduatorie permanenti “deve essere
stato prestato per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo e
relativi a classi di concorso”. Dunque, non possono essere
computati, ai fini dell’anzianità didattica richiesta per
l’ammissione alla sessione riservata di esami di cui all’O.M. n.
153/1999, i periodi di servizio prestati nell’insegnamento della
religione cattolica, posto che detto insegnamento non trova
corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari, essendo
caratterizzato – alla data di indizione della sessione riservata –
come rapporto di lavoro a tempo determinato, con conseguente
impossibilità di collegamento ad una individuata classe di concorso.

Sentenza 27 settembre 2006, n.5658

Ai fini dell’ammissione alle sessione riservata di esami per
l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole statali, indetta con
O.M. n. 153 del 16 giugno 1999 in attuazione dell’art. 2 della Legge
n. 124/1999, non può essere computato il servizio di insegnamento
della religione cattolica; detto insegnamento, infatti, in
considerazione del regime concordatario particolare operante nella
materia, non ha corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli
ordinari – essendo impartito, alla data di indizione della sessione
riservata, con rapporto di lavoro a tempo determinato in virtù di
incarichi annuali – e non trova, quindi, collegamento in una
individuata classe di concorso; requisiti che devono entrambi
caratterizzare, secondo quanto prescritto dall’art. 2 della legge n.
124/1999, l’anzianità didattica richiesta per l’ammissione alla
sessione di abilitazione.

Sentenza 10 febbraio 2006, n.109

Il diploma conseguito presso gli Istituti Magistrali è titolo di
studio necessario per concorrere alla classe di insegnamento della
religione cattolica nella scuola di infanzia e nella scuola
elementare, ma non sufficiente per accedere all’insegnamento nella
scuola secondaria di primo e di secondo grado (cfr. D.P.R. n.
751/1985). Si tratta, dunque, di un titolo propedeutico al diploma
accademico, che non può essere valutato disgiuntamente da esso. (Nel
caso di specie, l’Amministrazione scolastica anteponeva alla
ricorrente, titolare di diploma magistrale, nella graduatoria relativa
concorso per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
secondarie, candidate dotate del diploma accademico di Magistero in
scienze religiose)

Sentenza 10 luglio 2006, n.4349

Presupposto indefettibile per l’accesso al concorso riservato ai
docenti di religione cattolica – bandito con D.D.G. del 2 febbraio
2004 – è il possesso del diploma magistrale, o comunque, di altro
titolo che abbia la stessa valenza, laddove il possesso del diploma di
scienze religiose permette esclusivamente di dimostrare la conoscenza
della religione cattolica, con la conseguenza che non può attribuirsi
valore equipollente al diploma magistrale ed a quello di scienze
religiose riguardando gli stessi due fattispecie diverse, sia in
termini di peso concorsuale, sia in termini di conoscenze presupposte.
Nel caso, invece, in cui il candidato risulti in possesso di altro
diploma di Scuola Media superiore diverso dal Diploma Magistrale, può
giustificarsi la valutazione del solo diploma di scienze religiose,
dato che in tal caso la c.d. idoneità all’insegnamento religioso
non risulta derivante dal presupposto del possesso del diploma
magistrale con il conseguimento della idoneità religiosa, ma da altro
titolo di per sé non abilitante all’insegnamento nella scuola
materna ed elementare che lo diventa, quanto all’insegnamento della
religione, perché unito al diploma in scienze religiose.

Nota 04 agosto 2006, n.2220

Ministero della pubblica istruzione. Dipartimento per l’istruzione. Direzione Generale per il personale della Scuola – Uff. IV. Nota 4 agosto 2006, n. 2220: “Insegnanti di Religione – Immissione in ruolo secondo contingente. Trattamento economico”. Alle Direzioni Generali Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI Alla Sovrintendenza Scolastica della Provincia Autonoma di BOLZANO Alla Sovrintendenza Scolastica della Provincia […]

Sentenza 20 giugno 2006, n.2622

L’art. 2, comma 4, dell’ordinanza ministeriale n. 153 del 15
giugno 1999 esclude la validità dei servizi prestati
nell’insegnamento della religione cattolica ai fini
dell’ammissione alla sessione riservata per il conseguimento
dell’idoneità all’insegnamento nella scuola materna, poichè non
prestati su posti di ruolo e non relativi a classi di concorso. La
legittimità di tale previsione è stata più volte confermata dalla
giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come gli insegnanti
di religione cattolica, costituendo nell’ordinamento scolastico una
categoria speciale posta ai margini dell’organizzazione scolastica e
caratterizzata dalla peculiarità della materia insegnata, non
appartengano ai ruoli dei docenti statali, con la conseguenza che il
servizio prestato in qualità di insegnante di religione non è utile
ai fini della fruizione del beneficio dell’inserimento in ruolo
(cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, 8 aprile 2003, n. 3532).

Sentenza 22 maggio 2006, n.603

L’Accordo di Villa Madama tra la Repubblica italiana e la Santa Sede –
all’art. 9 punto 2 – contiene un significativo riconoscimento del
valore storico della religione maggioritariamente praticata nel
territorio nazionale (“la Repubblica italiana, riconoscendo il valore
della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo
italiano”). Questo riconoscimento giustifica l’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche, ma può essere utilizzato
anche come criterio per regolare quelle situazioni in cui la
visibilità dei simboli religiosi all’interno degli edifici
scolastici (e pubblici in genere) fa parte di consuetudini radicate. A
tali consuetudini può essere data rilevanza finché sono condivise da
quanti utilizzano gli edifici pubblici, includendo nel numero non solo
i funzionari ma anche i cittadini che abbiano un qualche collegamento
con l’attività svolta all’interno dei suddetti edifici.
L’estensione dei soggetti interessati vale in modo particolare nel
settore della scuola, dove gli studenti e i loro genitori non sono
semplici fruitori di un servizio ma componenti della stessa comunità
scolastica (art. 3 del Dlgs. 297/1994).

Sentenza 27 marzo 1992

Il principio della religione cattolica come sola “religione dello
Stato” consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848 e
riaffermato dall’art. 1 del Trattato fra la Santa Sede e l’Italia
11 febbraio 1929, è stato abolito in seguito alla sostituzione dello
Statuto albertino con la Costituzione repubblicana e non già con
l’entrata in vigore della legge 25 marzo 1985, n. 121 (ratifica ed
esecuzione dell’Accordo, con protocollo addizionale, fra la
Repubblica italiana e la Santa Sede). Ne consegue che la disposizione
di cui all’art 1 del protocollo addizionale alla legge 25 marzo
1985, n. 121, che ha considerato non più in vigore il principio
“della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano”,
non ha inciso sull’ambito di operatività dell’art. 724, 1 comma,
cod. pen., dal momento che tale ultima norma tende non già a tutelare
il sentimento religioso, ed in particolare quello cattolico, bensì a
proteggere il buon costume contro i comportamenti pubblici volgari e
sconvenienti, tenuti in presenza di due o più persone, e fa oggetto
della sua previsione il dato sociologico che l’uso del bestemmiare
in Italia concerne normalmente (o per meglio dire, esclusivamente)
oltre alla divinità, le persone ed i simboli della religione
cattolica.

Ordinanza 05 marzo 1971

Nessuna disposizione della Costituzione italiana prevede, direttamente
o indirettamente, una qualsiasi posizione di ufficialità della
religione cattolica né di una qualsiasi situazione legale di
preminenza o di privilegio o di maggior protezione di essa nei
confronti di ogni altra. L’eguale misura di protezione alle
confessioni come tali e ai singoli fedeli discende non solo dalla
lettura ma anche dallo spirito della Costituzione. La disposizione
prevista dall’art. 724, I comma, cod. pen. appresta per la sola
religione cattolica una speciale tutela penale, con evidente lesione
dei principi di uguaglianza e di libertà dei cittadini e dei culti,
sanciti dagli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione, disposizioni
queste che non pongono, invero, in favore di una determinata
religione, alcuna riserva alla pienezza dei diritti di libertà da
esse garantiti a tutti. Non è manifestamente infondata, pertanto, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 724, I comma,
cod. pen. per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione.

Sentenza 20 luglio 2006, n.297

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale – in
riferimento agli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione – dell’art.
5, comma 1, della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo stato
giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado), il quale ha stabilito che il
primo concorso per l’accesso in ruolo degli insegnanti di religione
cattolica sia riservato esclusivamente a quelli che abbiano «prestato
continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci anni». Nel valutare la legittimità della norma
impugnata occorre, infatti, tener conto del suo carattere eccezionale
– quale disposizione transitoria – rispetto al contesto normativo in
cui è inserita, in quanto essa disciplina il primo inquadramento in
ruolo di una categoria di insegnanti che ha operato tradizionalmente
con un rapporto di servizio costituito mediante incarico annuale e non
in base a concorso. Secondo il costante orientamento della Corte
costituzionale, la scelta di introdurre tali norme è, infatti,
«espressione di discrezionalità legislativa, non censurabile sotto
il profilo del principio di parità di trattamento di cui all’art. 3
Cost., se non esercitata in modo palesemente irragionevole» (sentenze
n. 136 e n. 35 del 2004, nonché n. 208 del 2002, e ordinanza n. 168
del 2001). Nel caso di specie, il legislatore ha ritenuto che
l’espletamento continuativo, nell’ultimo decennio – per quattro anni –
dell’insegnamento della religione cattolica costituisca indice di una
più sicura professionalità e, su tale base, ha dunque delimitato
l’accesso al concorso per la copertura dei primi posti nel ruolo
organico dei docenti in argomento.